Brunetta e i ricercatori come capitani di ventura

Il ministro Brunetta nei giorni scorsi ha detto che: ” I ricercatori sono un po’ capitani di ventura, stabilizzarli è un farli morire.”
Questa idea è ingenua e falsamente romantica e penso che lui lo sappia.

Un ricercatore come ad esempio uno che si occupi di scienza, per lavorare al meglio ha bisogno di fondi duraturi, un laboratorio attrezzato, della possibilità di avere dei collaboratori validi e infine che tutto ciò sia garantito per un tempo congruo in modo da portare a termine la sua ricerca. E se il ricercatore deve invece occuparsi di sopravvivere la ricerca ne viene ovviamente sacrificata.
Negli USA come in altri Stati vengono accolti i ricercatori italiani, perché? non vale l’inverso? per gli scienziati stranieri è quasi impossibile lavorare in Italia. Anzi dall’italia i ricercatori più bravi sono costretti ad andarsene. Uno studente che ora si iscrivi a matematica o fisica se vorrà continuare a fare ricerca non potrà che proseguirla all’estero.

a questo proposito segnalo l’articolo con un’intervista al ricercatore italiano che ha sviluppato l’algoritmo di ricerca alla base di google. “Guadagno meno, resto per tigna”

 

2 commenti su “Brunetta e i ricercatori come capitani di ventura”

  1. quell’ uomo è un genio coglione…mi spiego: senza quell’algoritmo google sarebbe un’ altro msn search; in america gli avrebbero dato uno stipendio da tipo 600000$ che è una cifra impressionante invece ora fa la fame per andare avanti….mah…guarda te…
    Federico Montanaro 4°F

  2. mi sembra che se leggi con attenzione l’intervista trovi la risposta alla tua osservazione. Per una persona appassionata del suo lavoro i soldi sono secondari, come spiega qui:
    “Sono una persona felice, godo di una libertà assoluta.
    Non c’è prezzo per questo. Ero felice quando lavoravo a Hyper Search, qui dentro, con una sola macchina condivisa con quaranta ricercatori. Senza fondi, perché i baroni consideravano la rete un giochino poco serio. Sono felice ora, mentre lavoro al nuovo progetto.”

    il problema è invece quando
    “Non m’intendo di politica ma non posso credere che non capiscano quanto stanno facendo. Tagli di questo tipo, indiscriminati, dovrebbero realizzare miracolosamente, secondo loro, una gestione virtuosa dei fondi universitari. Al contrario, rafforzano i baronati. Perché è evidente che, senza criteri di merito, a franare sono sempre i più deboli politicamente, cioè quelli che fanno ricerca, mentre i forti, i baroni, se la cavano sempre. Nell’uso di Internet il ritardo dell’università italiana è tragico. Ma presto non sarà un problema, perché di questo passo il futuro è una specie di Cepu, un’istruzione di serie B o C. Perché sono tornato in Italia? Me lo chiedo anch’io. Resto per tigna, e per gli studenti. Non vorrei rassegnarmi, ma non so fino a quando”.”

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