Che cos’è il nazionalismo?

L’origine del nazionalismo è da ricercare nel principio di nazionalità che si era diffuso nella prima metà dell’Ottocento (periodo del Romanticismo e della politica espansionistica di Napoleone). Questo principio si è evoluto in relazione alla nascita della società di massa., tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Il crescente bisogno di affermazione e superiorità estremizzò il principio di nazionalità.
Il nazionalismo diventò sempre più funzionale alla crescente rivalità tra le nazioni; inoltre non fu più un’espressione della volontà dei popoli, ma esso si fondava sulla convinzione dell’esistenza di una divisione naturale del genere umano. Di conseguenza, la guerra diventò la migliore arma del nazionalismo in quanto sanciva l’affermazione del più forte sul più debole determinando una sorta di “selezione naturale” tra le nazioni.
Proprio per le conseguenze che ebbe, acquisì un’accezione negativa: infatti il termine nazionalista designa colui che ama la propria patria ma odia quella altrui.

Immagine simbolo del nazionalismo patriottico
Eugene Delacroix La Libertà che guida il popolo (1830), Museo del Louvre – sventola la bandiera nazionale; uno dei simboli del nazionalismo europeo.

Alcuni dei contesti in cui il nazionalismo ha avuto conseguenze rilevanti su larga scala sono quello panslavista russo e quello tedesco.

  • Il nazionalismo panslavista russo sosteneva l’unificazione di tutte le terre slave a nome della politica espansionistica degli zar; questa politica incontrò numerosi rivali: l’Austria e l’Impero Ottomano che detenevano il possesso di alcune terre ambite dalla Russia. Non meno importante fu l’ideologia antisemita che dilagò a discapito dei 5 milioni di ebrei presenti nel Paese.
  • D’altra parte anche la Germania ambiva a dominare su tutte le terre di lingua tedesca (ideologia che fu definita pangermanismo), e soprattutto si scagliò contro gli Ebrei, considerati “nemici interni” e di conseguenza per esaltare la razza ariana.

Si può comunque individuare un confine tra un utilizzo positivo e costruttivo del principio di nazionalità e la sua estremizzazione (nazionalismo). Laddove quest’ultima dilagò, condusse in ogni caso ad una situazione di guerra e conflitto o ad una politica razzista.

E’ interessante il caso italiano, in quanto il nazionalismo in Italia affondava le proprie radici nell’epoca del Risorgimento, nella quale esso condusse all’unificazione del territorio italiano, ancora in gran parte assoggettato alle potenze straniere. Dalla seconda metà dell’Ottocento infatti diede vita al cosiddetto irridentismo. In questo periodo il nazionalismo si presentò come movimento delle classi sociali in ascesa, non solo quindi la borghesia ma anche intellettuali e artisti. In un Italia che aveva appena visto le sue terre unificarsi, era ancora forte il bisogno di recuperare le terre rimaste sotto il dominio straniero. Tuttavia, inevitabilmente, nonostante si trattasse di un programma volto al rafforzamento dell’autorità statale e contribuisse alla creazione di un’identità nazionale, i nazionalisti in Italia furono i primi fautori dell’interventismo nella Prima Guerra Mondiale. Inoltre, come accadde anche in Spagna e Germania, il nazionalismo ebbe un ruolo fondamentale nell’elaborazione e la diffusione delle ideologie dei partiti fascisti.

Proprio da questi esempi si può intuire come il nazionalismo sia uno strumento di affermazione politica positiva fino ad un certo punto, per poi diventare (soprattutto per merito dei malgoverni e delle posizioni estremiste dei partiti politici al potere) strumento di guerra.

Lavoro di approfondimento realizzato da Lorenzo Gatto e Riccardo Cannistrà.

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