Un mondo troppo grande

Nei nostri giorni grazie all’avvento di nuove tecnologie siamo in grado di comunicare quasi istantaneamente da una parte all’altra del mondo, ma fino a due secoli fa questo non era neppure concepibile. Il mondo agli occhi dell’uomo pareva molto più grande poiché vie di comunicazione e mezzi di trasporto arretrati rendevano tutti i viaggi più lunghi e difficoltosi; inoltre non aiutavano di certo un’economia di tipo commerciale, che si sviluppava soprattutto nelle città portuali, mentre l’entroterra era relegato ad un’economia di sussistenza.

Controllare grandi nazioni per esempio era un’impresa piuttosto difficile poiché tutte le comunicazioni con il governo centrale avvenivano tramite dei messaggeri che non avevano modo di percorrere più di un centinaio di chilometri al giorno. Oggi i sistemi di comunicazione sono così efficienti da rendere possibili persino organizzazioni sovranazionali che monitorano o regolano rapporti trai vari stati del mondo.

Anche i contatti con paesi lontani era molto difficoltosi e sporadici e questo spiega anche come alcune invenzioni importanti, come la polvere da sparo, siano arrivate in Europa con molti anni di ritardo rispetto all’Oriente. Con la recente globalizzazione si stanno sempre di più assottigliando le differenze e le distanze dei popoli, basti pensare alla maniera di vivere “all’ occidentale”: si sta diffondendo come modello anche nei paesi asiatici che fino a pochi secoli fa erano molto legati alla loro cultura tradizionale.

caravelle

Condizioni delle carceri e degli ospedali nell’Europa d’antico regime

stilografia di un ospedale seicentesco

Durante il periodo che dal medioevo durò fino al XVIII secolo, le carceri e gli ospedali versavano in condizioni a dir poco pietose. Per prima cosa è necessario specificare che all’epoca il carcere non era considerato una pena duratura come ai giorni nostri, ma era piuttosto un luogo di passaggio in attesa della vera e propria pena. Inoltre il carcere era uno strumento di punizione per coloro che non riuscivano a pagare i propri debiti, per i vagabondi, per gli oziosi e per coloro che venivano fatti scomparire per volere del sovrano: questo era il motivo principale per cui, nella maggior parte dei casi, le prigioni non dipendevano da un’organizzazione statale o da funzionari pubblici, ma la loro sorte era affidata ad appaltatori privati. Essi traevano il proprio guadagno dagli stessi detenuti o, nel caso dei debitori, dai loro parenti. Un ulteriore guadagno proveniva dal creditore, il quale aveva l’obbligo di versare una retta per mantenere il detenuto. Possiamo facilmente dedurre come il mestiere del gestore di carceri fosse alquanto redditizio.

Prendendo come esempio Parigi nel periodo settecentesco, si possono distinguere tre tipologie di carcerati, a seconda della loro pericolosità e dei soldi che potevano elargire.

La prima categoria, che comprendeva i soggetti più pericolosi, era rinchiusa in celle sotterranee prive di luce e di aerazione diretta, in ciascuna delle quali erano accatastati moltissimi detenuti in spazi ristrettissimi; di solito inoltre questi detenuti venivano incatenati alle pareti.

Il secondo gruppo, formato da detenuti poco più fortunati, era custodito in grandi locali comuni simili a camerate, in cui “soggiornavano” circa duecento carcerati sopra giacigli di paglia.

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Il criminale si riconosce dalla faccia

Cesare Lombroso nacque a Verona nel 1835. Oltre ad essere stato medico e antropologo, viene considerato il padre della criminologia. In particolare i suoi studi abbracciano la teoria fisiognomica secondo cui i caratteri psicologici e morali di un individuo, possono essere dedotti dall’aspetto fisico ed in particolar modo dalle diverse espressioni del volto. Sebbene tale disciplina possa sembrare assurda al giorno d’oggi, nell’Ottocento godette di una così grande considerazione da essere addirittura materia universitaria.

Lombroso individua due tipi di delinquenti:

  1. Delinquente nato nel quale il comportamento criminale è insito per natura
  2. Delinquente d’occasione in cui sono fattori esterni a determinare l’atto criminale

I primi dunque, non agiscono in maniera cosciente ma poiché spinti da tendenze malvagie; tutto ciò si riflette sulla fisicità dell’individuo e sulla sua psiche che risultano essere diverse da quelle dell’uomo considerato normale.

Lombroso passò molti anni della sua vita a misurare i crani, la lunghezza dei piedi e le facce dei criminali. Le anomalie fisiche, che potevano essere ritenute delle costanti in tali individui, divennero dei veri e propri indici utili per smascherare i delinquenti. Così si riteneva che in genere i ladri avessero un’ottima manualità, gli occhi piccoli o le sopracciglia folte; oppure che tipico degli omicidi abituali fossero lo sguardo freddo e sanguigno, il naso aquilino e le orecchie lunghe.

Queste descrizioni trovano una corrispondenza in alcuni disegni e in alcune fotografie raccolte nel testo Atlante dell’uomo delinquente.

fisiognomica di criminali
Esempi di fisiognomica di criminali, secondo Lombroso

Tale idea secondo cui la criminalità è fortemente connessa a particolari tratti somatici è peraltro molto antica; ve ne sono prove già nell’Iliade di Omero in cui la devianza dell’anti-eroe Tersite è collegata alla sua bruttezza fisica e persino le leggi medievali sostenevano che nel caso in cui due persone fossero state sospettate di un reato, la colpa sarebbe dovuta ricadere sulla più deforme.

Se inizialmente con Lombroso si assisteva ad un una vera e propria concezione di determinismo assoluto, in cui l’uomo che agisce è privo di ogni libertà, anche a causa delle critiche ricevute, egli andò via via correggendo la sua teoria arretrando rispetto alla concezione di partenza.

Finì per sostenere che i delinquenti nati fossero solo una piccolissima parte di coloro che infrangevano le regole e che ogni atto criminale fosse determinato da diverse cause.

Inevitabilmente anche il concetto di “pena” cambiò in quest’ottica; se il crimine più che frutto di una libera scelta è la manifestazione di una tendenza insita nell’uomo, di una sorta di “malattia”, allora anche la pena deve diventare uno strumento di tutela della società e non solo una punizione (non ha senso infatti punire chi non è libero di scegliere).

Dopo la morte del padre della criminologia, anche le sue teorie finirono per essere accantonate grazie all’intervento della psichiatria che ben presto si occupò di smascherare l’infondatezza scientifica di tali concezioni perché erano fonte di enormi pregiudizi che, ahimè, ci accompagnano tutt’ora. A quanti di noi è infatti capitato di dire: “ma guarda quel ragazzo: ha proprio una faccia da…!”? Be’, probabilmente a tutti.

Serena Bendetto, Arianna Mandelli.

Coco Chanel durante gli anni della Belle Epoque

abito della belle epoque

Il periodo storico conosciuto come Belle Epoque, ovvero gli anni di passaggio tra ‘800 e ‘900, fu caratterizzato da invenzioni e progressi in campo tecnico e scientifico senza paragoni con le epoche passate. Con la Belle Epoque molte nuove comodità entrarono a far parte della vita quotidiana di ogni uomo, migliorando le condizioni di vita e contribuendo alla nascita di un ottimismo sempre più esteso. Questa espressione voleva esprimere la contrapposizione tra l’epoca precedente e l’epoca successiva alla guerra; esprimeva l’idea che il nuovo secolo sarebbe stato un’epoca di pace e benessere.

In questo contesto di cambiamenti ed evoluzione l’influsso della rivoluzione industriale era evidente, soprattutto in campo tessile. Le fabbriche inglesi determinarono un cambiamento nel vestire poiché avevano le condizioni per fornire buoni tessuti a prezzi sempre meno elevati. L’importazione di una maggior gamma di tessuti dall’Oriente e dal mondo coloniale permise la creazione di abiti adatti alle diverse occasioni: da vestiti estivi creati con tessuti freschi e comodi ad abiti da sera in seta pregiata.
Grazie all’incremento di produzione e vendita di capi d’abbigliamento nacquero i grandi magazzini, che permettevano l’acquisto a prezzi più agevoli e accessibili a quasi tutte le classi sociali. Le barriere di ceto svanirono grazie alla crescita dei redditi, che permise alle famiglie di dedicare una parte sempre maggiore all’acquisto di abbigliamento.

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