Socrate: Innovatore?

Socrate fu, senz’ombra di dubbio, un innovatore nel campo della filosofia, proprio per il suo modo di vederla e considerarla.
Egli spostò l’attenzione della filosofia dall’ambito della natura a quello dell’uomo, inquadrandolo da tutti i punti di vista, soprattutto per quanto riguarda la vita interiore. Da qui l’utilizzo di confutazione e ironia, due “armi” utilizzate da Socrate per esaminare gli interlocutori con i quali si fermava a parlare. Socrate li sottoponeva al suo esame e li smascherava: non sapevano ciò che credevano sapere.
Ecco: proprio la tematica del “Sapere di non sapere” è caratteristica dell’ideale Socratico.
Grazie alla visione di una rappresentazione teatrale dell’Apologia di Socrate, ho potuto cogliere questa tematica fondamentale. Anche nel mezzo del discorso per difendersi dall’accusa rivoltagli da Meleto, Socrate sottopone i giudici al suo esame e, con un’eloquenza straordinaria, pone loro davanti una realtà semplice: Socrate sa di non sapere, ed è per questo che desidera la verità. Questo è il messaggio che mi è stato trasmesso dall’Apologia.
Oltre a un nuovo modo di pensare all’uomo, Socrate introdusse anche un nuovo rapporto vita-filosofia: la filosofia come modo di vivere. Egli fu probabilmente il primo a vedere la filosofia così ed è questo che lo ha reso tanto celebre e affascinante.
Socrate, inoltre, non lasciò nulla di scritto, perché egli pensava che la sapienza andasse cercata nel dialogo delle anime che si fecondano reciprocamente.
Dunque, per me, il grande merito di Socrate fu quello di aver capito che la ricerca della verità è possibile solo a partire dalla consapevolezza di non sapere. Egli rimase sempre coerente con sé stesso, tentando di coinvolgere gli altri nella sua ricerca della verità: un Innovatore.

L’anima è l’essenza dell’uomo

“EUTIFRONE: A un’altra volta, Socrate: ho furia; l’è ora ch’io vada.

SOCRATE Che fai, amico? tu vai via e mi togli la speranza ch’io aveva, dopo imparate da te le cose sante e le empie, di potermi districare dall’accusa di Melito; mostrando a lui che Eutifrone m’ha fatto dotto in religione, che io non sono uno sciocco che parlo di mia testa, ch’io non fabbrico nuovi Iddii, che io da oggi in poi avrei menato vita un po’ meglio.”

Così si conclude l’Eutifrone, uno dei dialoghi socratici scritti da Platone.

Trovo interessante il modo in cui Eutifrone si congeda dal filosofo, sbrigativo, quasi scocciato; probabilmente non fu l’unico che, esasperato dall’interlocutore, decise di troncare l’argomento di discussione.

E come dargli torto? Chi di noi, al suo posto, avrebbe fatto diversamente?

Il metodo di Socrate consisteva nell’interrogare le proprie “vittime” su argomenti che essi credevano di conoscere perfettamente, riuscendo a smentirle con ironia. Grazie alle sue domande, infatti, si riusciva a capire l’invalidità delle proprie opinioni: al termine delle discussioni, gli interrogati risultavano confutati dal filosofo e si rendevano conto di non sapere ciò che erano convinti di sapere. Ed era per questo che, feriti nell’orgoglio, alla fine decidevano di andarsene.

Il fine di Socrate era quello di far scoprire ai suoi concittadini la loro ignoranza, in modo da spingerli a migliorarsi per raggiungere l’Aretè, l’eccellenza. Infatti egli credeva che solo alimentando la propria anima, arrichendola di conoscenza, si potesse capire la differenza tra Bene e Male e raggiungere la felicità. “L’anima è l’essenza dell’uomo” diceva, ed egli stesso cercava di nutrirla sempre più di sapienza, tramite il dialogo con gli altri. Insisteva molto a volte e, proprio per questo, era paragonato a un tafano, un insetto fastidioso la cui puntura fatica a guarire.

Egli non lasciò nulla di scritto, tutto ciò che sappiamo di lui ci è stato tramandato da altri, come Platone e Senofonte. Questo perché per Socrate non era importante elaborare dottrine impersonali e oggettive, valide per tutti, ma fare chiarezza nell’animo, tramite il contatto diretto con le persone, per poter “partorire” pensieri riguardanti la vita dell’uomo. Non per niente si paragonava alle levatrici, le donne che, ormai madri, aiutavano le altre a far nascere i propri figli, così come lui aiutava a far nascere delle verità.

Non condivido la sua convinzione che il Male sia compiuto unicamente per ignoranza e che solo alimentando la propria virtù si possa conoscere il Bene, ma trovo molto interessanti il suo metodo e il suo pensiero, perché credo che il dialogo tra gli uomini sia importante per stimolare la ricerca di verità.

Ho cercato di immedesimarmi in uno dei suoi interlocutori e, molto probabilmente, mi troverei più che in difficoltà in uno scontro diretto con lui e faticherei parecchio a portare avanti le mie idee, pur non essendo molto incline a cambiare opinione. Però credo anche che essere stimolati ad interrogarsi, per capire e conoscere a fondo qualcosa che ci interessi, non sia sbagliato e che possa portare, in alcuni casi, al raggiungimento della felicità.

Socrate e la ricerca del sapere

Molto spesso gli studenti non sono stimolati allo studio, perché trovandosi davanti ad intere pagine piene di nozioni all’apparenza senza significato, concepiscono questa attività come passiva e noiosa. Ci si imbatte, infatti, nel limite di dover studiare problemi già risolti e discussioni già concluse, senza poter prendere parte a un processo che invece dovrebbe coinvolgere in prima persona, in quanto riguarda lo sviluppo della propria conoscenza.
Socrate aveva compreso che lo studente deve partecipare attivamente nella ricerca del sapere, per sviluppare una concezione critica del mondo che lo circonda. Lo studio dunque non deve concretizzarsi come una presuntuosa conquista della saggezza, ma piuttosto come un’umile accettazione della propria ignoranza, in vista di un confronto con il proprio insegnante, che porti entrambi a sviluppare un’opinione che sia allo stesso tempo personale e universale, riguardo le forze e i principi che regolano il mondo.
In questo senso lo studio porta anche a evadere dalle rigide discipline scolastiche e a evolvere una mente consapevole in grado di cogliere concetti etici che indichino la giusta via per raggiungere la felicità. Questa infatti non può concretizzarsi nelle persone che non abbiano maturato l’attitudine al ragionamento, la quale si può apprendere solo attraverso un confronto diretto con altre menti fertili: non a caso i regimi dittatoriali si basano su un’istituzione unilaterale che non permette il contatto con correnti di pensiero alternative.
Socrate sembra riassumere ciò nel concetto ripreso da Platone nel Gorgia con le seguenti parole: “Di tutte le ricerche la più bella è proprio questa: indagare quale debba essere l’uomo, cosa l’uomo debba fare”. Ecco perché è importante capire quale sia il giusto metodo con cui rapportarsi alla realtà, per comportarsi virtuosamente e raggiungere la felicità.