Socrate: il male è generato dall’ignoranza

Socrate ne era fermamente convinto: il male è generato dall’ignoranza.

Vissuto nel V secolo, il suo modo di fare filosofia considerato troppo invasivo e diretto non piacque alla maggior parte dei suoi concittadini.

La morte di Socrate - dipinto di Jacques-Louis David
La morte di Socrate – dipinto di Jacques-Louis David

Per Socrate la filosofia era un vero e proprio modo vivere.
“Nessuno compie il male volontariamente” e “la virtù è conoscenza” sono due dei pilastri fondamentali del pensiero socratico.
Socrate aveva cieca fiducia nella ragione. Secondo lui l’uomo, naturalmente incline alla felicità, l’avrebbe potuta raggiungere solo attraverso il bene, e il bene, poteva essere fatto solo attraverso la conoscenza e la ragione. Il male, di conseguenza, era fatto involontariamente e per ignoranza.
Come detto prima quindi, il male è generato dall’ignoranza. Se un uomo è ignorante, è chiaro che è portato a compiere il male e quindi non potrà mai essere felice.

C’è qualcosa nella convinzione di Socrate che a parer mio non quadra.
Chi è a conoscenza del bene, cioè colui che potrebbe prendere la strada “giusta” può decidere di non seguirla scegliendo l’opposto: la strada del male. Questo non sempre accade per ignoranza ma anche per volontà. È la volontà che spinge l’uomo a optare il bene o il male.
Socrate non ne aveva tenuto conto.
L’uomo è libero di scegliere, niente gli impedisce di prendere la strada sbagliata, quella che avrà conseguenze negative.

Se così non fosse, come si spiegherebbero tutti i massacri e i “buchi neri” della storia? Si potrebbe credere che le stragi compiute da questo o quell’altro fossero state fatte per ignoranza; io credo più per volontà. Hanno scelto di farlo, consapevoli delle proprie azioni e delle conseguenze. Secondo il ragionamento socratico dovremmo definire ignoranti, privi di cultura e conoscenza tutti i Re, dittatori, uomini di politica che nella storia hanno compiuto cattive azioni, ucciso, massacrato, sperperato odio e terrore fra gli uomini; o semplicemente tradito la loro patria o la fiducia del popolo. Non l’hanno fatto per ignoranza, magari qualcuno sì, forse anche per pazzia; però la maggior parte l’ha fatto per scelta.
Penso sia palese che tutti gli uomini abbiano come obbiettivo comune la felicità. Ma ognuno di noi può raggiungerla attraverso strade differenti, secondo la propria volontà.
Se un uomo sceglie la strada sbagliata non è detto che lui la consideri tale. Così come se un uomo sceglie la strada giusta, qualcuno potrebbe non considerarla tale.
In questo caso entrano in gioco anche i diversi punti di vista delle persone e le diverse percezioni di bene e male.

Il pensiero di Socrate quindi, oggi può apparire paradossale e riscontrare divergenze in diversi punti.
Molto probabilmente sono cambiati i modi di pensare degli uomini, le concezioni di significato e le abitudini. In questo modo il messaggio che Socrate voleva inviare agli uomini arriva a noi falsato dalle nostre percezioni.

Egli sbagliava nell’essere convinto di saper distinguere in maniera precisa il bene e il male. Il bene e il male sono concezioni soggettive nella maggior parte dei casi. Socrate ragionava in modo oggettivo, come se un “qualcosa” doveva per forza essere bene o male, giusto o sbagliato, bianco o nero.
Non teneva in considerazione dei diversi costumi e mentalità dei popoli, dei diversi pensieri degli uomini del suo tempo. Sbagliava in questo. Ciò che per lui era giusto, doveva esserlo per tutti.
Per esempio: un genitore può ritenere giusto (quindi bene) accontentare il figlio nel comprargli un nuovo giocattolo, in questo modo lo vedrà felice; un altro genitore può ritenere ciò sbagliato (quindi male) in quanto il figlio sarà viziato.
E’ un banale esempio per dimostrare come la percezione di bene e male può cambiare da persona a persona e di come Socrate sbagliava nella sua concezione obbiettiva.

Il colonialismo: sogno o incubo per gli italiani?

Dalla seconda metà dell’Ottocento, gran parte della classe dirigente italiana avrebbe voluto, per il nostro paese, una politica coloniale di successo simile a quella delle grandi potenze europee. I passati fallimenti sotto il governo Crispi e la conquista di Tunisia e Marocco da parte della Francia  furono le cause principali dell’avventato e vergognoso tentativo del nostro paese di sottomettere la Libia. A questi bisognava sommare poi un crescente interesse in questa politica da parte di gruppi industriali e finanziari, i quali volevano ricavare ricchezza dall’acquisizione di territori africani.
Le operazioni militari per la conquista iniziarono il 3 ottobre del 1911 con un bombardamento su Tripoli da parte delle navi italiane, le quali erano fuori gittata per i deboli cannoni turchi. L’esercito, già il giorno dopo, riuscì ad occupare la città senza incontrare resistenze. Questo fatto contribuì  a diffondere tra le nostre truppe un’ottimistica fiducia ed  un atteggiamento paternalistico verso i libici, nonostante noi non conoscessimo per nulla la popolazione e le sue tradizioni. E infatti, il 23 ottobre, dopo quasi un mese dall’inizio delle prime ostilità, scoppiò una rivolta nella zona della Libia italiana: alcuni gruppi di milizia ben organizzata attaccarono varie postazioni italiane e seminarono il panico tra i nostri soldati. Riuscirono ad entrare fino a Tripoli. In questo attacco subimmo gravi perdite: nessuno si aspettava una reazione simile dai “nostri figli” libici.
Come risposta a questa offesa i nostri soldati reagirono in modo molto disordinato e terribilmente crudele:  furono commessi veri e proprio eccidi. Ci fu un grandissimo numero di arresti ed esecuzioni; più di 3000 libici vennero poi rilegati in carceri speciali italiane, dove vi morirono in 633.

Il governo italiano, quando vide che il fronte arabo resisteva,  decise di cambiare tattica: proclamò la sua completa sovranità sulla Tripolitania e la Cirenaica e spostò il fronte di attacco dalla Libia alla Turchia. Così nella primavera del 1912 le navi italiane occuparono l’isola di Rodi e le Sporadi per poi compiere un’incursione nello stretto dei Dardanelli. Maometto V, imperatore turco, decise di avviare subito delle trattative di pace col nostro paese e decretò l’autonomia delle due provincie lasciandole di fatto sotto il controllo italiano.

Un ruolo fondamentale in questo scontro venne svolto dai bombardamenti aerei, in cui l’Italia dimostrò di essere all’avanguardia, testando i nuovi dirigibili e aerei a scopo bellico. Infatti tra il maggio e l’agosto del 1917 ci furono un centinaio di bombardamenti contro i civili per costringere la popolazione a non appoggiare i rivoltosi. In questi raid vennero impiegate anche bombe cariche di iprite, un gas tossico. Per piegare completamente la terra libica al nostro volere infine, nel 1929, Pietro Badoglio, governatore della Libia, decise di spezzare i legami tra popolazione sottomessa e sovversivi. Fece deportare più o meno 100000 arabi nei campi di concentramento. Infatti la popolazione della Cirenaica diminuì moltissimo, passando da 198300 abitanti nel 1911 a 142000 nel 1931.

Alla fine del sogno coloniale italiano troviamo dunque un vero e proprio genocidio, a testimonianza del fatto che quando la questione riguarda denaro e potere, la vita ha assunto ormai un valore così basso che non può più frenare i mezzi di distruzione usati per raggiungere questi due scopi. Riusciremo a ritrovare il vero significato di questa parola, che è anche il primo diritto umano di ogni persona che nasce?
Federico Cornalba e Andrea Vaghi