Le dottrine non scritte di Platone

Platone
Platone

Platone nacque ad Atene nel 428/427 a.C. da una ricca famiglia. Ben presto entrò in contatto con gli uomini più colti dell’Atene di quel tempo. Fu discepolo di Socrate e ne fece il personaggio principale di quasi tutti i suoi dialoghi.

 

Platone è uno dei pochi filosofi di cui ci siano pervenute tutte le opere: 34 dialoghi, un monologo e una raccolta di Lettere.

 

Sappiamo che intorno al 385 a.C. egli fondò l’Accademia, un luogo in cui si insegnava e si studiava conducendo una vita in comune, dedicata alla ricerca e alla preparazione di uomini politici e legislatori.

Aristotele, discepolo di Platone, affermò che proprio qui il filosofo tenne alcune lezioni sul Bene (che, però, non furono messe per iscritto e che quindi furono denotate come “dottrine non scritte”).

Tuttavia alcuni discepoli di Platone, che assistettero a queste lezioni, stesero una relazione scritta su questo argomento e la chiamarono proprio “Sul Bene”. E’ grazie a loro, quindi, se parte degli insegnamenti orali di Platone sono giunti fino a noi.

Ci chiediamo, quindi, come mai queste dottrine non furono messe per iscritto da Platone stesso. Probabilmente il filosofo decise di non scrivere di questi insegnamenti proprio perché non voleva che essi venissero divulgati tra la gente inesperta e che quindi potessero essere fraintesi.

 

Leggendo le “dottrine non scritte”, però, gli studiosi si sono accorti che parte delle dottrine presenti in esse sono in contraddizione con quelle esposte da Platone stesso nei dialoghi.

Quali saranno, allora, le dottrine da considerare valide? Quelle dei dialoghi o quelle delle “dottrine non scritte”?

A questo proposito è sorto un acceso dibattito fra gli studiosi.

Secondo alcuni, Platone non ha mai esposto i suoi insegnamenti oralmente e quelle che sono giunte a noi come “dottrine non scritte” sono un fraintendimento dei dialoghi da parte di Aristotele.

Altri ritengono che le dottrine orali siano la parte più significativa degli insegnamenti di Platone e che quindi i dialoghi rappresentino solamente un introduzione ad essi per far comprendere le dottrine anche agli estranei all’Accademia.

Altri ancora, infine, ritengono che le relazioni delle “dottrine non scritte” si riferiscano all’insegnamento tenuto da Platone nei suoi ultimi vent’anni di vita; a partire dal periodo, quindi, in cui venne composta la Repubblica.

Quale sarà l’ipotesi più attendibile?

Innanzitutto, dato che Aristotele trascorse vent’anni nell’Accademia, risulta impossibile che questi abbia frainteso o forzato radicalmente il pensiero del maestro (anche perché gli altri studiosi della scuola avrebbero potuto smentirlo). È da considerare errata, dunque, la prima ipotesi.

Neanche la seconda ipotesi può essere ritenuta vera poiché molte sono le differenze tra le “dottrine non scritte” e quelle presenti nei dialoghi precedenti alla Repubblica e tante sono anche le somiglianze che possiamo trovare tra le “dottrine non scritte” e quelle contenute nei dialoghi dalla Repubblica in poi.

Consideriamo, quindi, l’ultima ipotesi come quella più probabile: Aristotele affermò che ad un certo momento Platone modificò la dottrina delle idee, collegando le idee con i numeri. Ciò corrisponde al fatto che nei dialoghi precedenti alla Repubblica le idee non sono collegate con i numeri, mentre nei dialoghi dalla Repubblica in poi e nelle “dottrine non scritte” vi è questo collegamento.

 

Potremmo concludere, dunque, dicendo che i dialoghi scritti avviano un discorso che porta ad un elevato livello, ma il punto conclusivo si trova solamente nelle “dottrine non scritte”.

 

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