Il metodo socratico nella scuola di oggi

Il metodo socratico, la maieutica, non vuole trasmettere nozioni, ciò che conta è la ricerca, tramite il dialogo, non della verità assoluta e superiore ma di una verità che raggiunta potrà e dovrà essere rimessa in discussione. Il maestro allora è realmente sullo stesso piano dei discepoli, non è un modello che si abbassa al loro livello: questo non occorre poiché è il dialogo stesso che li rende eguali: nessuno è depositario di verità, tanto meno Socrate che va sempre ricercando e investigando. Dialogando inoltre si realizza un comportamento concretamente virtuoso perché il confronto con l’altro implica il rispetto, l’ascolto serio, vero e interessato delle ragioni dell’interlocutore a cui si dà spazio con la tecnica delle brevi domande e risposte.
Il dialogo è quindi la condizione che permette il riconoscimento della verità e la realizzazione di un comportamento autentico e virtuoso.
Similmente, la scuola di oggi, non dovrebbe limitarsi a insegnare dei concetti ma sollecitare l’alunno a un autonomo sviluppo delle proprie capacità.
Secondo me si dovrebbe cominciare a formare le persone da un punto di vista umano e discutere su argomenti che possono offrire nuovi spunti di riflessione. Se un insegnante si impegnasse ad applicare la maieutica con gli studenti, potrebbe ridare vita a una scuola ormai in crisi. Infatti i giovani non hanno più alcuno stimolo quando vanno a scuola, l’unico intento che li spinge a continuare gli studi, è ricevere il diploma, fondamentale per trovare un lavoro. in questo modo però la scuola si sta trasformando da un mezzo per crescere interiormente e culturalmente, a un luogo dove bisogna obbligatoriamente andare per un tot di anni per prendere il pezzo di carta e lavorare.

La caduta di Costantinopoli e la rinascita

Nel luglio del 1452, il sultano ottomano, Maometto II dichiarò guerra a quel poco che rimaneva dell’ impero bizantino. Dalla sua base ad Adrianopoli cinquantamila soldati si mobilitarono verso Costantinopoli per studiare le difese dei bizantini.
Le difese dei cristiani infatti non erano cosa da poco. La grande capitale era munita da tre ordini di mura con altrettanti fossati per bloccare l’avanzata delle armate di terra. Invece per difendersi da forze marine, i bizantini avevano un originalissimo meccanismo sulle due sponde che, dopo essere stato azionato, alzavano da sott’acqua un’ enorme catena che si posizionava appena sopra il pelo dell’ acqua in modo da bloccare il traffico navale. Inoltre avevano anche una speciale arma: il fuoco greco. Era composto da una miscela di pece, salnitro, zolfo, nafta e calce altamente infiammabile che veniva lanciata sulle navi nemiche per incenerirle. Tuttavia, il sultano non si scoraggiò davanti ad una simile preparazione, e grazie ad un’ungherese specialista nella fusione dei cannoni, ottenne, nel gennaio del 1453, un’enorme bombarda in grado di abbattere le inespugnabili mura bizantine.

L'ingresso di Maometto II a Costantinopoli
L’ingresso di Maometto II a Costantinopoli

Ad aprile gli ottomani iniziarono l’assalto finale contro Costantinopoli. Le forze turche arrivavano a centocinquanta navi da guerra e millecinquecento uomini tra fanti e cavalieri, compresi diecimila Giannizzeri (i Giannizzeri erano le forze d’élite dell’esercito ottomano, in genere, oltre a combattere in guerra, seguivano il sultano ovunque, fungendo anche come guardie del corpo). Invece le forze cristiane arrivavano solo quaranta navi e a dieci/cinquemila unità di terra affiancate da qualche centinaio di Veneziani e Genovesi.
Mentre le mura si sgretolavano sotto i colpi dell’artiglieria turca, Maometto II trovò il modo di aggirare la catena che bloccava la sua flotta. Ordinò ai suoi uomini di far costruire sulla terraferma tra il Bosforo ed il Corno d’oro un passaggio sul quale far passare le navi per mezzo di fusti di legno ingrassati per poi dopo fare ritornare in acqua, ed in questo modo riuscì a far passare settantadue biremi.
Dopo il crollo delle mura iniziò lo scontro. I turchi si fronteggiarono contro i bizantini davanti alla porta di San Romano, dove il comandante Giustiniani fu ferito, causando sbandamento tra le truppe. Inoltre lo stesso imperatore Costantino XII, intento nello spiegare le insegne imperiali, fu sopraffatto e ucciso. Dopo che le forze bizantine furono letteralmente massacrate, iniziò l’ inferno per i cristiani: per tre giorni e per tre notti i turchi saccheggiarono quella che un tempo era la capitale dell’impero più potente, ricco e maestoso d’oriente. Non mancarono di certo stupri, omicidi, spoliazioni di chiese e di palazzi. I morti tra i civili furono almeno quattromila e i prigionieri furono venticinquemila, molti dei quali vennero poi venduti come schiavi.
La notizia della caduta di Costantinopoli si diffuse velocemente in tutto il mondo creando terrore e sgomento tra gli stati europei.

Ma gli ottomani non furono così brutali e assetati di sangue così come vennero descritti dai loro nemici.
Infatti in pochissimo tempo l’impero turco divenne l’impero più avanzato in ogni campo: nella tecnologia (sia per scopi militari che scientifici), nelle arti, nella scienza, nella cultura, nell’ economia.
Dopo la conquista degli ultimi territori bizantini, gli ottomani, desiderosi di porre come nuova capitale del loro impero Costantinopoli (diventata Istanbul), iniziarono subito a ricostruire la città. Negli anni successivi, il sultano cercò di mantenere il più possibile intatti gli edifici bizantini, pur continuando a influenzare la città con lo stile ottomano. La città nel giro di pochi decenni rinacque: la popolazione crebbe da quattromila a centomila abitanti, tra musulmani, cristiani ed ebrei. La gente si trasferiva in questa città venendo sia da est che da ovest, attratta da una capitale al centro dei commerci nota come il crocevia del mondo, all’interno di un impero che era tollerante delle diversità religiose e culturali non solo per tradizione, ma addirittura per legge.