Riflessioni sullo spettacolo del Gruppo della Trasgressione 7

Durante l’incontro e la discussione con i detenuti delle varie carceri di Milano al teatro Fellini di Rozzano mi hanno colpito e fatto ragionare molte risposte di questi alle varie domande poste. Soprattutto però sono sorpreso di me stesso perché sono riuscito a salire sul palco nonostante avessi timore e un muro costituito da pregiudizi mi fermasse. Una volta arrivato sul palco sono rimasto colpito dalla voglia di Alessandro di mettermi a mio agio mentre Massimiliano mi è sembrato un po’ intrepido. Ho inoltre avuto la sensazione di avere già visto un paio di quelle persone in televisione. Mi hanno sconvolto le loro storie e maggiormente le loro risposte alla mia domanda che univa curiosità a ironia e che aveva l’obbiettivo di “pizzicarli” cosi da smuovere il discorso che fino a li mi era sembrato troppo tranquillo. L’idea che le persone possano diventare dei semplici obbiettivi da uccidere come uno di loro mi ha risposto mi ha veramente stupefatto perché non credevo fosse possibile e ci sono rimasto male, in effetti ci penso ancora. Invece la sicurezza e la voglia di cambiare senza vergogna dei detenuti li presenti  mi ha veramente colpito positivamente e sono orgoglioso di loro. Un’ ultima suggestione che ho provato è stata quando ho stretto la mano a i tre con cui avevo discusso: la mano di Massimiliano mi è sembrata fredda e distaccata mentre quella di Alessandro e dell’uomo un po’ più basso di cui non ricordo il nome e mi dispiace perché mi ha dato una risposta con un ingente significato emotivo che mi ha quasi commosso, mi sono sembrate più calorose e mi hanno trasmesso una sorta di gratitudine e di speranza. Da questo incontro insomma esco più maturo.

Giacomo

Sisifo
Sisifo

“È stata un’esperienza nuova, abbiamo affrontato un argomento toccante e commovente perché i carcerati hanno raccontato le loro vite personali con un’infanzia difficile che ha segnato la loro condotta in maniera negativa inducendoli a commettere dei reati.

Mi sarebbe piaciuto ascoltare i racconti di come i carcerati trascorrono i giorni in carcere, le attività a cui si dedicano”.

Gianluca

Riflessioni sullo spettacolo del Gruppo della Trasgressione 6

Ogni essere umano possiede il libero arbitrio, la possibilità di scegliere. Purtroppo però, per svariati motivi si opera una scelta che oltrepassa dei limiti predefiniti. Si ha voglia di intraprendere vie nuove, e viene molto facile quando non si ha qualcuno che ci guidi sulla strada giusta. I ragazzi di diciassette anni non pensano a queste cose in prima persona, le vedono lontane da se, fatti che accadono solo nei film o che si guardano al telegiornale. – Poi comincia un periodo in cui nulla va per il verso giusto: i miei genitori litigano ogni giorno, mio padre picchia mia madre, i miei amici non mi chiedono più di uscire, a scuola va uno schifo. Perché la vita degli altri deve essere più bella della mia? Esco di casa con un coltello e uccido la prima persona sorridente che incontro. Morto. Bene ora questa persona non c’è più quindi non è felice, e non lo sono nemmeno i suoi familiari ed i suoi amici, ora non sono l’unico ad essere triste, siamo almeno una cinquantina. Tuttavia non ho ancora ottenuto ciò che volevo, magari per riottenere l’amicizia della mia compagnia potrei rubare una macchina e portare tutti a ballare. –

Potrebbe capitare a chiunque, ma la domanda da porsi è: in questo modo risolvo i miei problemi? No.

Mi ritrovo quindi un giorno chiuso dentro tre mura e delle sbarre di fronte a me. Tutto ciò che volevo io era essere felice, e mi ritrovo qua dentro, rinchiuso per quarant’anni. – dei detenuti, a teatro, ci hanno raccontato le proprie esperienze con le lacrime agli occhi, ma forti come dei leoni. Uomini alti e muscolosi, bassi e fragili, con un passato difficile o meno, con famiglia, ma soprattutto con un cuore grande e con delle emozioni. Credo che ogni volta che salgano sul palco cerchino di strapparsi dal petto tutta la forza che han dentro, per far capire davvero ai ragazzi ciò che vuol dire oltrepassare i limiti, rovinare la vita di altre persone, ma soprattutto la propria, e vivere con un’etichetta in fronte in una società che non ha voglia di ascoltare la tua storia, ma che si impegna solo a giudicarti.

Quindi dire grazie mi sembra il minimo, grazie per averci fatto aprire gli occhi, per averci fatto conoscere più da vicino queste situazioni e per avere dato il meglio di voi, averci fatto ridere e commuovere.

Sara

Sisifo
Sisifo

Riflessioni sullo spettacolo del Gruppo della Trasgressione 5

Le emozioni su quel palco erano molte dalla rabbia alla la gioia ma una troneggiava sulle altre, la sincerità.

Il passato con i suoi ricordi era riemerso con i ruoli improvvisati che però risultavano reali, forse perché impersonati tante e tante volte. Erano li per noi, solo per noi, per farci pensare, capire e non percorrere le strade che loro avevano deciso di seguire.

Senza le giuste guide, o con la non considerazione di queste, si possono trovare strade meno ripide sentieri meno tortuosi che spesso attraggono di più perché più facili da raggiungere e perché di finalità più immediate.

Ma le sensazioni che si provano arrivati alla fine sono effimere, caduche non hanno insegnamenti che le accompagnano ma solo inganni e tradimenti, non solo nei confronti degli altri ma prima di tutti verso se stessi. Come ci spiegava Massimiliano, non sempre si riesce a controllare la seduzione che certi ambienti, personaggi e modi di fare esercitano su di noi.

Loro sono persone che non chiedono perdono ma solo accettazione, sanno di aver sbagliato e per questo sono entrati nel gruppo della trasgressione. Sono riusciti a lasciare la loro vecchia vita e attraverso incontri come quelli con il gruppo a trovare una causa dei loro errori e certe volte a porvi un rimedio. Finalmente non sono più alla ricerca delle strade più agevoli ma di quelle più costruttive per la loro persona.

Le loro parole sentite e dette con l’anima, le loro vite che ci hanno offerto come insegnamenti mi hanno fatto riflettere sulla fortuna che ho: sono nata in una realtà agiata ho una famiglia e delle guide che mi aiutano a scegliere in modo giusto e non in quello apparentemente più semplice.

Persone come Massimiliano e Alessandro mi hanno insegnato che la vita può essere difficile ma che può sempre esserci una soluzione, che niente è perso e che per tutto esiste un appianamento.

L’incontro è stato davvero istruttivo e piacevole. Stare sul palco insieme a loro è stato bellissimo ho iniziato a vedere con occhi nuovi, ho visto come persino persone a me vicine potrebbero cedere alle lusinghe che la vita tutti i giorni ripone nelle nostre, anche più banali, decisioni. Come si sono persi Massimiliano, Alessandro, Roberto e tutti gli altri detenuti tutti noi possiamo sbagliare ma solo grazie agli aiuti e ai consigli delle persone che ogni giorno ci aiutano a crescere e a maturare possiamo continuare la nostra vita nella giustizia. Quest’esperienza mi ha insegnato che grazie alle giuste guide e alle giuste strade tutti possono cambiare. Dopo l’incontro che abbiamo avuto ho eliminato alcuni pregiudizi e alcuni stereotipi che prima provavo nei confronti dei detenuti.

Infine auguro a tutti i detenuti una felice ripresa della cammino ora ritrovato e spero che anche attraverso le difficoltà che non di rado si presenteranno nel loro percorso riusciranno a trovare per sempre la loro strada e il loro ruolo nella società.

Francesca

Sisifo
Sisifo

Riflessioni sullo spettacolo del Gruppo della Trasgressione 4

Mercoledì  4 dicembre 2013 – Teatro Fellini

“Gli uomini sono angeli con un’ala soltanto: possono volare solo rimanendo abbracciati”:

Le mie sensazioni all’incontro con i detenuti

 

L’incontro di mercoledì per me è stato molto significativo e sono stato colpito dal modo in cui gli attori mettevano a disposizione la propria esperienza in carcere e perché erano stati condannati. Le conclusioni che ho tratto da questa esperienza sono diverse. L’aspetto che mi ha colpito maggiormente è stato il fatto che molti dei detenuti appena hanno iniziato a compiere dei reati avevano alle spalle una situazione familiare drammatica come per esempio il padre in carcere e/o la madre alcolizzata. Quando ci si trova in queste condizioni io credo che sia molto difficile non lasciarsi andare o intraprendere una vita nell’illegalità. Un altro aspetto che mi ha toccato è stato il fatto che alcuni detenuti da giovani siano stati prima vittime di bullismo e poi abbiano deciso di diventare da prede a cacciatori, così facendo loro potevano sfogare la loro rabbia sugli altri e avrebbero picchiato chiunque si fosse messo sulla loro strada. Altri invece sono finiti in carcere poiché erano affascinati dal desiderio di “fare la bella vita” ,di avere sempre il portafogli pieno o di permettersi dei lussi che prima non potevano concedersi. Credo che questo tipo di desideri siano comuni a molti ragazzi della mia età ed è facile farsi affascinare dai soldi facili intraprendendo una strada caratterizzata da molteplici reati. Auguro ai detenuti di continuare il loro percorso formativo e che possano appena usciti di galera reintegrarsi all’interno della società e ricomporre i rapporti con i propri familiari.

Gianmarco

Sisifo
Sisifo

L’incontro con il “gruppo della trasgressione” mi ha portato a riflettere su come le persone intorno a noi possano indirizzare, più o meno involontariamente, il nostro modo di vedere le cose e, quindi, anche di agire. Si è parlato infatti dell’importanza delle guide, soprattutto in un’età di cambiamento e di passaggio come l’adolescenza, e di come il rapporto con le altre persone influenza il corso della nostra vita, anche ad un livello emotivo e psicologico. Ciò secondo me è molto importante da tenere a mente perché talvolta gli individui tendono ad isolarsi sempre di più e a sentirsi ingabbiati a causa della mancanza di persone che offrano affetto e comprensione, come per esempio un amico o un genitore, e a causa di questa frustrazione possono compiere azioni riprovevoli al posto di chiedere aiuto a qualcuno. Personalmente durante l’incontro ho percepito i crimini come un disperato grido di aiuto da parte di ragazzi che si sentivano soli ed incompresi e che cercavano l’approvazione di guide sbagliate, al contrario di alcuni miei compagni, i quali hanno avuto un’interpretazione forse un po’carente di empatia e troppo critica.

Lorenzo

Riflessioni sullo spettacolo del Gruppo della Trasgressione 3

Dopo aver assistito al colloquio che alcuni studenti hanno tenuto con i detenuti delle carceri di Bollate, Opera e San Vittore, ho ripensato a ciò che era stato detto e ho cambiato in parte il mio modo di pensare.

Prima dell’incontro pensavo che coloro che avessero compiuto reati gravi non avessero il diritto di tornare a una vita in libertà e che quindi dovessero essere condannati a restare chiusi in una carcere a vita. Ero convinta del fatto che essi non si curassero del male che provocavano a chi stava loro intorno, ma che svolgessero determinati atti solo perché si sentivano bene nel farlo, ma ho capito che non sempre è così.

Alcuni detenuti hanno confessato di sapere di fare del male e di essere stati contenti del loro arresto perché era l’unico modo per interrompere la serie di oltraggi che stavano compiendo.

Coloro che risiedono nelle carceri grazie a educatori hanno la possibilità di ripensare a ciò che hanno commesso ed esserne consapevoli. Per coloro che non hanno l’ergastolo vi è quindi poi la possibilità di un vero futuro dopo la detenzione. Ma la vita “libera” non sarà facile perché essi sono comunque condannati dai pregiudizi della gente.

Fino al 4 dicembre pensavo che fosse giusto che queste persone non avessero un futuro tranquillo perché dovevano espiare i dolori immensi provocati ad altre persone, ma spesso coloro che hanno compiuto questi atti vivevano situazioni difficilissime, avevano genitori in carcere, alcolizzati o appartenenti a circoli malavitosi oppure erano emarginati dalla società. Essi non avevano ricevuto la giusta educazione e quindi, non sapendo cosa fosse giusto o no hanno compiuto certi atti.

Ma grazie ad alcuni educatori ed insegnanti che fortunatamente si mettono a disponibilità delle carceri essi si rendono conto di ciò che hanno commesso. Quando sentivo le parole commosse dei detenuti mi è dispiaciuto percepire il dolore nelle loro confessioni perché essi sanno che i danni commessi sono irreparabili, ma a mio parere chi ha davvero compreso i propri errori ha diritto a una seconda possibilità  dalla società. Tutti commettono degli sbagli, chi più e chi meno gravi. Coloro che hanno ucciso sicuramente non possono non subire una pena, ma dopo averla scontata dovrebbero avere diritto a un nuovo inizio, a una nuova vita migliore della precedente.

In seguito al colloquio tenuto con i carcerati ho capito anche l’importanza degli insegnati e dei genitori, le guide, essi hanno un compito fondamentale nella vita di ogni uomo perché immettono nella mente degli uomini le idee su cui la società si deve basare. Coloro che non hanno avuto queste guide compiono infatti atti orribili e l’unico modo che si ha per capire è l’insegnamento che gli educatori portano nelle carceri. Questi svolgono un ruolo ammirevole a mio parere e sono felice che esistano al Mondo persone che pensano ad aiutare coloro che altrimenti non avrebbero futuro e che, usciti dalle carceri, andrebbero incontro ad un percorso atroce quanto quello avuto prima dell’esperienza nel luogo di detenzione.

Fabiola

Sisifo
Matthäus Loder: Sisyphus

Riflessioni sullo spettacolo del Gruppo della Trasgressione 2

Il giorno 4 dicembre ci siamo recati al teatro Fellini di Rozzano per assistere all’incontro con i detenuti. Inizialmente i detenuti hanno messo in scena un breve spettacolo improvvisato di una serata trascorsa con gli amici, recitata utilizzando ,come copione, le loro esperienze di quando avevano la nostra età.  Già questa prima introduzione ha suscitato in me diversi interrogativi e, ripensando a ciò che avevano detto durante lo spettacolo , anche un po’ di timore per le scelte sbagliate fatte nella loro giovinezza.

Dopo la rappresentazione hanno dato la possibilità ad alcuni ragazzi, che avevano delle domande, di salire sul palco. Ero molto incuriosita e, dopo un po’ di indecisione, decisi di andare assieme ad alcuni compagni di classe e ci fecero sedere tra i detenuti. Appena salii sul palco mi sentii a disagio perché molte persone mi stavano guardando.

Riflettendoci mi resi conto che i carcerati dovevano avere un grande coraggio per venire su un palco a raccontare la loro storia e ammettere i loro errori.

Durante il dibattito ci spiegarono che tutti i detenuti attorno a noi fanno parte di un gruppo di sostegno ( il gruppo della trasgressione) e dopo diversi anni erano riusciti a parlare dei propri sbagli.

Mi accorsi che molti errori che avevano fatto da ragazzi erano dovuti alla mancanza di guide, genitori o parenti , o alla scelta di imitare modelli “sbagliati”.

Molti dei detenuti ci hanno raccontato la loro esperienza e tutti concordavano sul fatto che spesso il sistema carcerario italiano non li aiuta, al contrario li rende solo più aggressivi e molti di loro quando escono di prigione sono molto più informati sulla criminalità di quando erano stati arrestati.

Tutti parlavano dei propri crimini con un po’ di vergogna ma soprattutto con tristezza perché hanno realizzato quanto dolore hanno provocato compiendoli. Quando sono salita sul palco ero condizionata da tutti gli stereotipi che la gente crea ma, dopo questo incontro, ho capito che una persona può realmente cambiare se ci mette dedizione. Stando seduta al fianco di quelle persone mi sono accorta che hanno impegnato anima e corpo solo per rimediare, anche di poco, agli errori da loro commessi. Auguro ad ognuno di loro di avere la possibilità di ricominciare una vita onesta e di poter riabbracciare e loro famiglie.

Elisa

Sisifo
Sisifo

Riflessioni sullo spettacolo del Gruppo della Trasgressione

Il 4 dicembre 2013 i nostri studenti hanno assistito ad uno spettacolo del Gruppo della Trasgressione, nato nel 1997 a San Vittore, e presente oggi anche nelle carceri di Opera e Bollate e all’esterno del carcere nei locali della ASL Milano, Corso Italia 52. Ne fanno parte detenuti e comuni cittadini.

Iniziamo oggi la pubblicazione delle riflessioni degli alunni della terza G del Liceo scientifico di Noverasco.

Mercoledì 4 dicembre 2013 – Teatro Fellini
“Gli uomini sono angeli con un’ala soltanto: possono volare solo rimanendo abbracciati”:
Le mie sensazioni all’incontro con i detenuti

la forza propulsiva che spinge a vivere quindi non si trova da soli: siamo dipendenti  dal nostro ambiente, dalle persone che ci circondano, dai nostri esempi.  Perciò è importante  trovare una seconda ala che non ci guidi nella via della perdizione ma ci induca a scegliere il bene non solo per noi ma anche verso la comunità: come disse John Donne “Nessun uomo è un’isola, completo in sé stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto”.

La nostra vita non è priva di senso tanto meno quella delle persone che ci circondano, non è un’ombra che cammina ma è una grande attrice che recita nel teatro dell’esistenza sin dai tempi del big bang e non importa in quale aspetto si presenti perché è in incessante divenire: chissà se proprio quel bruco insignificante che stavamo per calpestare si è trasformato nella più bella farfalla del giardino di casa nostra  o se quella semplice prima molecola di amminoacidi nel corso dell’evoluzione di milioni di anni è diventata il nuovo Premio Nobel per la pace.

La ricerca della miglior musa ispiratrice è difficile e capita di smarrirsi durante l’esplorazione , proprio come è capitato ai detenuti del “gruppo della trasgressione” e ai loro compagni. Durante l’incontro si sono inizialmente espressi teatralmente improvvisando e il loro spettacolo è funzionato da prologo per comprendere  a fondo le identità presenti sul palco che apparivano uomini ordinari -come possono essere uomini comuni l’autista che guida il bus che ci porta a scuola, il fruttivendolo, i nostri vicini di casa- invece i personaggi descritti durante l’esibizione ci hanno condotti in un mondo che a coloro i quali sono liberi appare lontano ma che in realtà ha il suo nucleo proprio di fianco a noi, in via Camporgnago, Via Cristina Belgioioso, Via Gian Battista Vico e tra noi in ogni uomo che commette atti criminosi.

Per la società che non ha partecipato all’incontro è semplice fare di tutta l’erba un fascio: davanti a un carcerato spesso non vede margine di miglioramento, trova un morbo che si è fagocitato l’umanità caratterizzante ogni singolo abitante terreste; non tutti hanno la sensibilità per scorgere la richiesta di aiuto e di ascolto che questi uomini urlano al mondo per uscire dal tunnel della spietatezza e cercare di non rientrarci più attraverso l’accettazione; ma i membri del “gruppo della trasgressione” mercoledì tra le righe ci hanno confidato che nonostante la veneranda età hanno compreso di non aver ancora iniziato a vivere nel momento in cui si sono resi conto di aver trascorso tanto tempo a compiere reati per trarne soddisfazione e vana gloria effimera alla ricerca di adrenalina, attenzione.

Sentire il loro cuore dolorante battere tra le proprie mani è stata una sensazione indescrivibile, esperienze toccanti come queste ti avvicinano alla comprensione delle meraviglie del cuore umano.

Auguro a tutti loro di ritrovare la loro vita e di non scoraggiarsi mai, quanto auguro a tutti di cercare con coscienza le proprie guide senza cadere nel tranello della semplicità o nella scorciatoia più breve. Il nostro destino lo plasmiamo noi con le nostre mani.

Bianca

Il mito di Sisifo
Locandina del Convegno del 2010

Le sofferenze fanno crescere?

“Le sofferenze ci fanno crescere”. Questa, che puó sembrare una frase da Baci Perugina, per quanto mi riguarda è una profonda verità. Ma in che senso soffrire ci fa crescere? Intendo dire che vivere una situazione complicata, che ci fa stare male, ci rende più consapevoli della nostra vita. Posso dire per esperienza che lottare ogni giorno contro me stessa e essere in un certo senso privata della mia libertà mi ha fatto rivalutare tutto ció che prima davo per scontato. Ho capito quali fossero i miei veri desideri e obbiettivi, ho riordinato le mie priorità e ho scoperto che, anche se a volte non ci sembra così, basta veramente poco per essere felici. In realtà basta rendersi conto che anche solo la quotidianità è la cosa più bella che ci sia. Ma tutto questo l’ho capito solo dopo aver attraversato un periodo un po’ difficile.
E voi cosa ne pensate? Dal dolore puó nascere qualcosa di positivo?

Glorie lombarde cinquecentesche: uscita didattica alla Milano spagnola

Una limpidissima e altrettanto rigida mattina di fine novembre ha incorniciato la nostra uscita didattica in visita alla Milano del ‘500, secolo che ha lasciato una traccia indelebile nel capoluogo lombardo, pur nascosta da un involucro napoleonico e ottocentesco.

La visita della due classi quarte è stata condotta da Leonardo Catalano, laureato in Storia dell’Arte e nostra guida.
Non è un caso che il nostro itinerario sia cominciato dal castello Sforzesco, monumento in cui convergeva il potere dei Signori di Milano e delle successive dominazioni straniere dalla caduta di Ludovico il Moro. La visita al Castello si è svolta esclusivamente negli ambienti esterni, procedendo per il lato orientale fino alla Torre del Falconiere, dalla quale Leonardo da Vinci osservava il volo degli uccelli per studiarne la dinamica e progettare i suoi modellini. All’interno del cortile, abbiamo proseguito per gli ambienti della Rocchetta e per la Corte Ducale, che si snoda attorno ad un cortile il cui sfondo architettonico è costituito dal Portico dell’Elefante, così chiamato per l’affresco che vi si conserva; il giro è terminato con l’osservazione della Torre del Filarete, restaurata da Luca Beltrami alla fine del XIX secolo.

Da piazza Castello, le due classi hanno proseguito attraverso via Dante, di epoca napoleonica, realizzata ai tempi dopo lo sventramento di numerose viuzze poste tra Piazza Castello e il Duomo. Dopo una breve permanenza nel cortile del teatro Strehler, la visita è proseguita in Piazza Mercanti.
Tra gli edifici che si affacciano sulla piazza, è il palazzo della Ragione a conservare un’importante testimonianza: sul bassorilievo di un capitello è rappresentata, infatti, una scrofa semi-lanuta, animale mitologico simbolo della Milano di epoca pre-comunale: si ritiene che il nome “Mediolanum” derivi proprio dal termine semi-lanuta.

La guida ci ha poi condotti in Piazza del Duomo, informandoci di una doppia origine della struttura delle cattedrali gotiche: da un lato c’è la tensione all’infinito, propria della concezione medioevale, che si materializza nel marmo in una struttura svettante verso il cielo; dall’altro è stato dedotto che le venature del Duomo e le numerose cuspidi dentellate rimandino all’imitazione della natura nella rappresentazione di un albero. Abbiamo poi sorpassato il Museo del ‘900 per proseguire attraverso il Palazzo Reale, fino ad arrivare alla chiesa di San Gottardo in Corte in via Pecorari, suo architetto.
Infine, presso la Pinacoteca Ambrosiana in conclusione alla visita la guida ci ha letto un passo tratto dal De Pictura Sacra di Federico Borromeo, “Del Bello”.

Svelare le vicende storiche di quei luoghi di Milano che ci sono comunemente noti ma che non guardiamo mai per quelli che sono permette di poterli osservare come se fosse la prima volta: è interessante scoprire i volti diversi che il capoluogo lombardo ha assunto nei secoli e guardare oltre la forma di mercato finanziario e capitale della moda che ha assunto oggi. Una visita che consiglierei anche al di fuori dell’orario didattico.

Il talento in periferia

di Silvia e Irene

 

Il festival delle periferie è un progetto che intende sviluppare, attraverso un seminario nazionale di tre giorni, una riflessione da parte dei giovani delle periferie sulla propria esperienza in periferia. Il seminario nazionale 2013 si è svolto a Rozzano presso il Centro Culturale Cascina Grande. Le attività comprendevano il coinvolgimento di circa 40 giovani (15 dal Sud Italia) attraverso metodi attivi (reportage fotografico, scrittura, teatro, web radio, etc). I giovani partecipanti di ogni workshop hanno creato un progetto presentato poi al festival.
Il primo passo di questo progetto è una semplice domanda: cos’è la periferia?
Secondo noi, la periferia è talento. Per “noi”, intendiamo i ragazzi che hanno partecipato al festival delle periferie il 7, 8 e 9 novembre scorso.
Nel festival delle periferie, grazie ai vari workshops, abbiamo avuto l’occasione di conoscere e lavorare insieme ai ragazzi delle periferie di tutta Italia.
Durante Il workshop artistico, abbiamo progettato una campagna pubblicitaria per il “prodotto periferia”. Alla fine delle due giornate abbiamo presentato il nostro lavoro davanti a tutti i partecipanti al festival.

Il primo giorno, abbiamo iniziato il lavoro con una breve presentazione: disegnando un logo che ci descrivesse. Poi ci siamo gettati nel pieno delle attività, lavorando in un gruppo formato dai ragazzi da tutte le periferie. Con loro abbiamo cercato di dare una definizione ad alcune parole, come pericolo, degrado, povertà, che vengono spesso associate al termine periferia.
Il giorno successivo, il lavoro è ripreso a ritmo pieno. Abbiamo riflettuto su cos’è la periferia per noi, partendo da i nostri talenti. Su dei cartelloni, abbiamo scritto i nostri pregi, e abbiamo disegnato intorno ad essi la nostra periferia ideale.
Durante il pomeriggio siamo arrivati clou del workshop. Divisi in due gruppi, abbiamo presentato, su un poster, il nostro prodotto, la periferia.
Il gruppo ormai si conosceva, e lavorare in sintonia è apparso naturale.
Dal brainstorming di gruppo, è emerso il motivo per cui le periferie sono tanto speciali: noi.
E questo credo sia il messaggio arrivato a tutti coloro che hanno partecipato al festival. Le periferie sono spesso sinonimo di povertà, degrado, pericolo, ma proprio perché vengono da questa situazione difficile, I ragazzi di periferia hanno più voglia di arrivare in alto.

Anche nel workshop di fotografia il desiderio di comunicare il proprio talento era forte.
Alle parole hanno preferito la fotografia: spesso con un’immagine riusciamo ad esprimere meglio ciò che sentiamo dentro di noi.
La giornata di venerdì è iniziata tra qualche imbarazzo: eravamo in tutto una decina di ragazzi provenienti da zone o addirittura regioni diverse. A poco a poco l’atmosfera si è sciolta, dopo che ci hanno chiesto di presentarci e di esprimere un nostro desiderio con una foto. Compito piuttosto difficile in realtà: forse a noi, che siamo solo ragazzi, non sono ancora del tutto chiari i nostri sogni!
Ci hanno presentato poi quattro cartelloni e abbiamo fatto una sorta di brainstorming; le parole chiave erano: ‘futuro’, ‘la realtà che mi circonda’, ‘con lo sguardo posso…’ e ‘desiderare’. Le idee che sono venute fuori erano in parte simili e in parte diverse: per esempio per quanto riguarda il cartellone sul futuro c’era una netta distinzione tra i post-it che credevano in un futuro “destino”, inaspettato e quelli che sottolineavano il valore dell’uomo nel proprio futuro.
Dopo un breve video attraverso cui ci hanno spiegato alcuni “trucchi” per fare le foto siamo stati divisi in gruppi: ognuno di noi doveva scegliere un tema connesso alle frasi che avevamo precedentemente scritto e nel pomeriggio avremmo dovuto scattare delle fotografie significative, che esprimessero ciò che volevamo cambiare o valorizzare della realtà che ci circonda. Sotto una lieve pioggerella abbiamo provato le nostre “abilità” da fotografi! Infine non restava che preparare i cartelloni per la presentazione di sabato: tra colla, forbici e colori abbiamo dato libero sfogo alla nostra creatività!