In visita alla Sinagoga di Milano

Il giorno 27 Gennaio 2014 le classi terze B e C del Liceo scientifico di Rozzano hanno visitato la Sinagoga Maggiore di Milano, luogo di culto della comunità ebraica, in via della Guastalla. La data, giorno della memoria alla Shoah, è una ricorrenza civile; l’ebraismo infatti ricorda l’olocausto in Aprile.

Sinagoga di Milano
Giunti alla sinagoga, i ragazzi hanno dovuto coprire il proprio capo: è obbligatorio per gli uomini, rappresenta il riconoscimento della piccolezza dell’uomo rispetto alla grandezza di Dio.

Non appena entrati, la sensazione è stata sicuramente di sacralità.
La sinagoga si presenta come un luogo serio, silenzioso e di grande riflessione. Essa non è adornata da quadri, vetrate dipinte, statue, perché nella Bibbia vi è il divieto di raffigurare il divino.
Vi sono molte scritte incise sulle pareti, ma, ovviamente, non siamo stati capaci di leggerle perché in lingua ebraica.
Per le persone vi sono panche molto simili a quelle della chiesa cattolica, tutte rivolte in direzione di un piccolo altare dove si posiziona chi fa da guida durante le preghiere.

Durante la visita la nostra guida è stata una giovane donna ebrea; per più di un’ora ci ha parlato della sua fede e cultura.
Essere ebreo significa totale volontà di vivere seguendo la propria fede, la propria cultura e le proprie tradizioni. Gli ebrei sentono con molto fervore tutto ciò, ne sono felici e non vorrebbero essere nessun altro. Il loro libro sacro è la Torah: essa non può essere letta in sinagoga se in quel momento non vi sono presenti almeno dieci uomini; inoltre non può presentare errori ortografici perché deve mostrarsi in uno stato di perfezione, altrimenti non può essere usata durante il rito religioso. Le Torah rotte o riportanti errori d’ortografia non vengono buttate ma conservate in un luogo apposito. La donna ha un ruolo tutt’altro che subordinato nella religione ebraica. A sostegno di ciò, pensiamo al fatto che la donna non si copre il capo per entrare in sinagoga. Perché? Il motivo è che ella non ha bisogno di alcun tramite con la divinità, le donne ne avvertono la presenza anche senza segni esteriori. Inoltre è molto importante ricordare che l’appartenenza al popolo ebraico si trasmette dalla madre, quindi dalla figura femminile. Da un punto di vista concettuale nascere da donna ebrea è l’unico modo per essere ebrei, tuttavia vi è un altro metodo, più istituzionale: chiunque può convertirsi all’ebraismo, ma la comunità ebraica lo sconsiglia al fine di testare le reali convinzioni di colui che vuole convertirsi; se quest’ultimo mostra un convinto interesse, verrà convertito all’ebraismo. Gli ebrei rispettano e ammirano coloro i quali si sono convertiti, tuttavia non vedono in loro un’attitudine naturale con la propria fede, bensì cresciuta col tempo.

Altre caratteristiche legate a questo popolo riguardano le regole sul cibo. Vi sono infatti cibi che possono mangiare e altri no (questi ultimi sono in particolare alcuni tipi di carne e pesce).

Queste indicazioni sul modo di vivere possono indurre a pensare all’ebraismo come ad una religione dogmatica. Ciò in parte è vero, perché l’ebreo ha un codice da seguire, ma l’uso del termine “dogma” appare inadeguato perché i praticanti di tale credo vivono la propria fede, seguendone le varie norme e regole, nella più fiera gioia.

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