“La unica lucha que se pierde es la que se abandona” – Rigoberta Menchu Tum

 

                       “L’unica lotta che si perde è quella che si abbandona”.

 Le parole di Rigoberta Menchu , esprimono bene la tempra e il carattere di questa donna.. Rigoberta Menchu Tum fin da giovane ha lottato per ciò che ritiene giusto. E’ appunto,secondo me, una cattiva ragazza: si merita anche lei l’etichetta linguistica affibbiata alle donne che non sottostanno alle regole del loro paese, Rigoberta Menchu è una di loro.

                                                     

Siamo abituati ad una vita tranquilla noi studenti; scuola,compiti,amici. In molti paesi i nosrti coetanei non sono così fortunati. In Guatemala, negli anni 60,la vita riservava molte sorprese. Nelle fincas del Guatemala la vita era molto dura ed il padre di Rigoberta, un uomo forte,si batteva come guida (l’eletto) della comunità contro i proprietari terrieri, i quali approfittando dell’analfabetismo degli indigeni, volevano togliere loro la terra. Le condizioni di lavoro degli indigeni provocavano molte malattie dovute agli sbalzi di temperatura tra l’altopiano e la costa . Rigoberta, all’età di cinque anni, vide morire davanti a se i suoi fratelli e successivamente sua madre. Ciò suscitò in lei la volontà di riscattare se stessa e l’ intero popolo. Nel 1977 entrò a far parte clandestinamente di un’organizzazione, il CUC (Comitato di Unità Contadina), in cui gli indigeni si battevano contro i proprietari terrieri e chiedevano un aumento del salario nelle fincas, avviò molte battaglie per le dignità del suo popolo, finché nel 1992 ricevette il premio Nobel per la pace,diventando anche ambasciatrice dell’ONU.

Lei ha sempre creduto nel cambiamento delle condizioni di vita e di lavoro e nel rispetto per i diritti delle popolazioni indigene. Negli anni della lotta la sua determinazione divenne famosa in tutta Europa e furono molti i parlamentari italiani e europei, docenti universitari e numerosi giornalisti che la sostennero.

Ancora Rigoberta Menchu lotta per i diritti del suo popolo:

MI TIERRA

[…] Tierra mía, madre de mis abuelos,            

         Il mio paese, la madre dei miei nonni,             

 quisiera acariciar tu belleza,                                      

         vorrei accarezzare la tua bellezza

contemplar tu serenidad                                                              

       contemplare la tua serenità

acompañar tu silencio.                                                                     

      e accompagnare il tuo silenzio.

Quisiera calmar tu dolor,                                                               

      Vorrei lenire il tuo dolore,

llorar tu lágrima al ver                                                                

       piangere le tue lacrime a vedere

tus hijos dispersos por el mundo,                                                      

       i tuoi figli sparsi in tutto il mondo

regateando posada en tierras                                                      

       mercanteggiare terre lontane

lejanas sin alegría, sin paz,                                                           

     senza gioia, senza pace,

sin madre, sin nada.                                                                           

    senza madre, senza nulla. 

 

Una mujer con imaginación es una mujer que no sólo sabe proyectar la vida de una familia, la de una sociedad, sino también el futuro de un milenio.

Una donna con l’immaginazione è una donna che non solo sa come pianificare la vita di una famiglia, di una società, ma anche il futuro di un millennio.

 

Lisa Orsini

“Quando il mondo intero non parla, persino una sola voce diventa potente.”



Manes Sara, 4°E

“Quando il mondo intero non parla, persino una sola voce diventa potente.”

Oslo, il Nobel per la Pace 2014 alla giovane pakistana Malala Yousafzai, portavoce della lotta per il diritto all’istruzione dei bambini del suo paese e di tutto il mondo.

Una cattiva ragazza diremmo, per utilizzare un’etichetta linguistica. “Impugniamo i nostri libri e le nostre penne,che sono loro le nostre armi più potenti.

Queste sono le parole di Malala, Cattiva Malala, come tutte quelle donne che hanno alzato la voce per ribellarsi ad una mentalità ottusa del loro tempo, nei più diversi ambiti: attraverso lo sport, il canto, la scrittura o ‘semplicemente’ la parola. Cattive ragazze perchè non si sono piegate alle regole del loro tempo, non hanno aderito al conformismo sociale, per maturare il pensiero di un futuro migliore.

Tutto quello che voglio è istruzione e non ho paura di nessuno. Un bambino, un insegnante e un libro possono cambiare il mondo. Impugniamo i nostri libri e le nostre penne,che sono loro le nostre armi più potenti.

Queste parole appartengono ad un discorso toccante e ricco di speranza che la giovane Malala, ha pronunciato davanti ai potenti del mondo, battendosi per l’uguaglianza dei sessi e il diritto all’istruzione. Una battaglia questa, che porta avanti con un coraggio insolito per una ragazza di soli diciannove anni, disposta a morire in nome della libertà.

La sua azione “divergente” ebbe inizio otto anni fa, quando inconsapevole dell’importanza e allo stesso tempo delle conseguenze innescate dalle sue azioni, pubblicò un articolo per la BBC, in cui documentava lo stile di vita che le persone erano costrette a condurre nel suo paese, sotto il regime talebano.La lotta contro l’ignoraza la portò ad essere nel 2012 vittima di un attentato in cui rischiò la vita. Nonostante ciò la giovane non si arrese e la sua lotta si rafforzò ancor di più.

I miei sogni sono gli stessi” disse dopo l’attentato, “la debolezza, la paura e l’impotenza sono morte. Sono nate la forza, la potenza e il coraggio”.

Una “cattiva” ragazza ? Si, ma in nome della libertà.

Non perde l’occasione per parlare a nome di tutti coloro che sono senza voce, in questi giorni in cui il presidente americano Donald Trump ha pubblicamente esposto il suo piano per chiudere le porte agli immigrati negli Stati Uniti.

Mi si spezza il cuore nel vedere che l’America sta voltando le spalle a una storia gloriosa di acccoglienza di immigrati e rifugiati, persone che hanno contribuito a costruire il Paese, disposti a lavorare duramente in cambio di una chance di vita migliore“, scrive Malala sulla sua pagina Facebook.

E’ ammirevole per il suo coraggio, la sua forza di volontà; sostiene e combatte con un’arma pacifica, il regime e l’ignoranza. E mentre lei ogni giorno rischia la vita per andare a scuola e costruire un nuovo finale, io mi rendo conto, di non essere del tutto consapevole della mia libertà !

Per me lei è la mia eroina.

 

 

 

 

 

La nuda verità

Aliaa Magda Elmahdy Aliaa è una ragazza che conduce una vita normale. L’università, il ragazzo, i suoi sogni. Non è certo una di facili costumi, né una delle tante che farebbero qualsiasi cosa per un attimo di notorietà. È nata a Il Cairo nel 1991 e ha ricevuto una rigida istruzione ed educazione da parte dei suoi genitori, i quali sono legati a costumi, usanze e tradizioni del proprio paese, ma soprattutto ai valori della religione islamica. All’età di vent’anni, però, la vita di Aliaa prende una piega diversa, e lei, oltre a dichiararsi laica, si trasforma in un’altra persona: si trasforma in una “cattiva ragazza”. Nell’ottobre del 2011 decide di pubblicare su Internet un autoscatto che la ritrae nuda. Accanto alla foto aggiunge la seguente descrizione: “Processate i modelli che posavano nudi nelle scuole d’arte, nascondete i libri d’arte, distruggete le statue di nudi antichi, poi spogliatevi e guardatevi allo specchio: bruciate il vostro corpo, il corpo che disprezzate, per liberarvi per sempre della vostra appartenenza a un sesso per infine dirigere la vostra umiliazione e il vostro sciovinismo contro di me e osare negarmi la libertà di esprimermi”. Ma non si ferma a questo e appella questo suo gesto come: “un urlo contro una società di violenza, razzismo, sessismo, molestie sessuali e ipocrisia”. Ma cosa l’ha portata a compiere un’azione simile? In un’intervista rilasciata a un telegiornale americano, Aliaa racconta il susseguirsi di alcuni eventi che le permisero di cambiare sguardo sulla sua vita: due mesi prima di scatenare il grande tumulto sul web, la giovane aveva trovato l’amore assieme a Kareem. Bisogna che vi informi che presso Il Cairo “l’amore prematuro”, quello che nasce e sboccia tra i giovani, è considerato un’offesa al sentito fondamentalismo religioso del paese, soprattutto se manifestato in pubblico. Aliaa racconta di un pomeriggio in cui stava passeggiando e scambiandosi semplici tenerezze con Kareem in un parco. A un certo punto i due vennero avvistati dal servizio di sicurezza e rischiarono di essere processati in tribunale perché si tenevano per mano. Kareem aveva deciso di riprendere quanto stava succedendo per avere una prova dell’assurdità della situazione, ma “ovviamente” gli venne subito ordinato di spegnere la videocamera. Lui ebbe il coraggio di opporsi: non aveva intenzione di spegnerla. Gli uomini della sicurezza lo minacciarono di chiamare la polizia e se la presero anche con Aliaa, continuando a chiamarla “bambola” davanti al fidanzato. Lei si difese dicendo di voler essere rispettata, ma loro le intimarono di abbassare la voce e di stare zitta. Rizzi Camilla 4E Questo episodio si concluse la sera stessa senza alcun provvedimento nei confronti dei due giovani, ma Aliaa, una volta tornata a casa, ebbe il tempo di riflettere su quello che aveva passato fino a quel giorno e capì a cosa sarebbe andata incontro se avesse continuato a condurre la propria vita nel suo paese. Non accettando la propria condizione di inferiorità in quanto donna, pubblicò sul suo blog (arebelsdiary.blogspot.com ثائرة مذكرات (la sua prima foto di nudo integrale. L’accaduto rappresenta la fatidica goccia che fece traboccare il vaso di sopportazione alle oppressioni a cui Aliaa era costantemente sottoposta.

 

“Is it freedom about nudity? No it’s not. But it’s about it: it’s my body and I decided to post the photo. It’s about the freedom to post or not. It’s about not imposing things upon me.”

 

In pochi giorni ricevette quasi tre milioni di visite, con oltre 3.500 commenti. In un primo momento la maggioranza degli utenti la screditava, insultava, addirittura la minacciava di morte, senza cogliere il significato dell’atto coraggiosissimo di questa ragazza: un gesto di protesta che in un qualunque paese occidentale, prendiamo per esempio il nostro, l’Italia, avrebbe avuto come unico scopo il raggiungimento di una certa notorietà, ma che in un paese come l’Egitto suscita non poco clamore. É una provocazione importante, aggressiva, ma che riesce a funzionare. I sostegni non tardano ad arrivare, le manifestazioni in onore di Aliaa e della sfida che ha lanciato sono numerose in tutto il mondo. Questa ragazza esprime una grande verità che, a parer mio, dovrebbe essere scontata. Uso il condizionale è dico “dovrebbe”, perché purtroppo un atto come questo da alcuni é stato frainteso ed é stato interpretato con malizia, quando invece molte donne che hanno vissuto, vivono e vivranno ancora per chissà quanto nella sua stessa situazione, si sono sentite coinvolte. Una di loro commenta: “Aliaa mostra un corpo che c’è, esiste, e non può essere negato da nessun regime e da nessuna religione!”; ha ragione! Alia lotta per la libera espressione del suo paese, protesta contro un regime oppressivo, in cui è stata vittima della uso di potere della polizia, quella stessa polizia che a noi fa sentire protetti e al sicuro, difende la libertà delle donne, mettendo a rischio la sua di libertà, e forse la sua stessa vita! Quello che mi turba è che potrebbe essere mia sorella. In ogni caso da tutte le parti del mondo i supporti e gli incoraggiamenti continuano ad aumentare soffocando le poche critiche che rimangono. Non solo: questo suo gesto ha dato vita a rivoluzioni e manifestazioni e ha risvegliato nello spirito delle persone il desiderio della parità dei sessi e la voglia di reagire alle ingiustizie.

Camilla Rizzi