Incontro con ONG Vento di Terra

Venerdì 16 Marzo abbiamo avuto il piacere di incontrare Massimo Annibale Rossi, membro della cooperazione internazionale “Vento di Terra”, che svolge la sua attività nei territori di frontiera con lo scopo di difendere i diritti umani e dell’ambiente.

La protagonista dell’incontro è stata la Palestina, terra martoriata nel corso della storia. La situazione in questo lembo di terra continua ad essere allarmante. Le origini del conflitto risalgono alla Prima Guerra Mondiale. Con la dichiarazione di Balfour del 1917, la Gran Bretagna dichiarò l’intenzione di destinare una porzione di questo territorio a tutti gli ebrei sparsi per il mondo e nella stessa Palestina. Questa dichiarazione però si scontrava con gli accordi presi con gli arabi (i britannici avevano promesso la Palestina a questi ultimi). Iniziarono così i primi atti di violenza ed opposizione fra popolazione araba ed ebraica. La situazione continuò a svilupparsi ed espandersi, tanto che oggi l’88% del territorio è in possesso di Israele.

Questo conflitto ha comportato l’isolamento e la frammentazione della popolazione palestinese, la privazione di diritti e una condizione di “senza patria”. Inoltre Israele impone pesanti restrizioni sull’economia e continua tutt’oggi a vietare la costruzione di altri campi e di scuole (arrivando addirittura ad erigere un muro), in particolare nella Striscia di Gaza.

I primi a subire gli effetti di questa drammatica situazione sono i bambini, i quali, ritrovandosi quotidianamente davanti agli occhi le conseguenze del conflitto, dello squilibro e dello spazio negato, rischiano di sviluppare a loro volta una forma di aggressività e di perdere la loro identità culturale.

In questo scenario perciò la scuola assume grande importanza, perché oltre ad insegnare nuove nozioni, permette di conoscere quali siano i valori più importanti e consente inoltre di rafforzare un’identità.

A tal fine “Vento di Terra” ha dato vita al progetto “Scuola di gomme” con l’obiettivo di costruire delle scuole, utilizzando semplici materiali che i volontari avevano a disposizione, come ad esempio i pneumatici. Continua la lettura di Incontro con ONG Vento di Terra

Sulla pronuncia della parola joule.

La parola joule indica l’unità di misura dell’energia nel Sistema Internazionale. Deriva dal cognome di James Prescott Joule, fisico inglese del 1800. In Italia la maggior parte delle persone lo pronuncia giaul, scritto all’italiana, [‘dᴣaul] nell’alfabeto fonetico internazionale, mentre secondo me va pronunciato giul, scritto all’italiana, [‘dᴣu:l] nell’alfabeto fonetico. Questo perché il fisico Joule pronunciava così il proprio cognome, come si evince dai dizionari inglesi, dai siti web specializzati in pronuncia e ascoltando persone di nazionalità sia britannica sia statunitense. Sarebbe accettabile la pronuncia diffusa in Italia, se fosse una italianizzazione, cioè la pronuncia di una parola straniera secondo le regole della lingua italiana, come stoccafisso per stockfish, Cartesio per Descartes, oppure mit invece di em ai ti per indicare il Massachusetts Institute of Technology, cidì invece di sidì per indicare i compact disk, e così via. Allo stesso modo trovo corretto che i francesi mi chiamino Lombardò, mentre il mio cognome in italiano è Lombàrdo, questo perché i francesi seguono le loro regole di pronuncia. Ma nel caso della pronuncia diffusa in Italia di joule, non è una italianizzazione, perché non segue le regole della pronuncia italiana. Chi pronuncia così lo fa perché è convinto di usare la corretta pronuncia inglese. [‘dᴣu:l] sembra loro francese. In effetti pare che la famiglia di Joule sia di origine belga francofona, ma al di là della origine della pronuncia di Joule, il problema è che in inglese la pronuncia è questa, e non [‘dᴣaul]. Succede lo stesso con la parola stage, che in Italia si usa al posto della parola tirocinio, e che molti pronunciano all’inglese, mentre è francese e deve essere pronunciato alla francese. Ammetto che l’uso fa la regola, e che spesso ho dovuto pronunciare secondo l’uso, anche se sbagliato, per essere capito. Ma credo che bisogna sempre essere consapevoli della corretta pronuncia, e che è bene tentare di pronunciare correttamente, almeno finché l’uso sbagliato non entri definitivamente nella lingua ufficiale. Meditate gente, meditate.
Luigi Lombardo