Sin dalla fine del Trecento si era diffusa in
Italia la conoscenza del greco. In un primo momento ciò avvenne grazie ad Emanuele
Crisolora, che era stato chiamato da Coluccio Salutati.
Successivamente la cultura greca si diffuse con il concilio di Ferrara e Firenze (1439)
che discuteva della possibilità di riconciliare la Chiesa d'Oriente con quella
d'Occidente a quasi quattro secoli dallo scisma di Michele Cerulario.
La cultura greca trovò, infine, nuova espansione con l'arrivo di esuli dopo la conquista
di Costantinopoli da parte dei turchi (1453).
I sapienti greci che giungevano in Italia non avevano raggiunto, per la loro lingua, un
livello di abilità filologica paragonabile a quello raggiunto dai nostri umanisti per il
latino.
Essi pertanto accreditarono come autentici degli scritti falsamente attribuiti a Ermete
Trismegisto, Zoroastro, Orfeo.
Fu così che si diffuse la cultura ermetica. Essa affondava le sue radici nella tarda
antichità (soprattutto II e III sec. d.C.), quando alcuni teologi-filosofi pagani, per
contrapporsi al Cristianesimo, produssero numerosi scritti che presentarono sotto il nome
di Ermete Trismegisto. Si tratta di testi largamente ispirati al medioplatonismo allora
molto diffuso. In essi si trovano accenni a dottrine bibliche. Ciò spinse già alcuni
padri della Chiesa, che reputavano autentici questi libri, a considerare Ermete
contemporaneo di Mosè ed a vedere in lui una sorta di profeta pagano molto autorevole.
Nello stesso errore caddero gli umanisti, che, per tale motivo, accettarono le pratiche
astrologiche e magiche proposte dall'ermetismo.
Incisione raffigurante Ermete Trismegisto