gli eroici furori

In Bruno la contemplazione dell'Uno, propria della tradizione neoplatonica, diventa "eroico furore", una furente brama di essere tutt'uno con la cosa amata.
La Yates afferma a questo proposito:

(...) penso che ciò a cui mirano realmente le esperienze religiose descritte nel De gli eroici furori sia la gnosi ermetica, vale a dire la mistica poesia amorosa dell'uomo mago, che è stato creato divino, con poteri divini e si avvia a riacquistare questo attributo di divinità, con i poteri relativi (...).

Il senso dell'opera è ben espresso dal mito del cacciatore Atteone, che, per aver visto Diana nuda, fu trasformato in cervo e fu sbranato dai suoi stessi cani.
Diana simboleggia il divino presente nella natura, mentre Atteone rappresenta l'intelletto che ricerca la verità.
Tra i cani di Atteone i mastini (che sono più forti) rappresentano le volizioni, mentre i veltri (che sono più veloci) simboleggiano i pensieri.
Atteone viene da cacciatore trasformato in selvaggina, facendoci comprendere che la verità e la divinità che cerchiamo è in noi stessi.
Spiega Giordano Bruno:

Cossì gli cani, pensieri de cose divine, vorano questo Atteone, facendolo morto al volgo, alla moltitudine, sciolto dalli nodi de perturbati sensi, libero dal carnal carcere della materia; onde non più vegga come per forami e per fenestre la sua Diana, ma avendo gittate le muraglie a terra, è tutto occhio a l'aspetto de tutto l'orizonte.