LA FORTUNA


GALILEI NEL XVII SECOLO
Il pensiero filosofico e scientifico di Galilei, il metodo matematico sperimentale, la battaglia copernicana determinano in modo prevalente la fortuna dello scienziato.
Durante il Seicento, mentre la Chiesa condannava l’eresia di Copernico e contestava Galileo, gli allievi della scuola galileiana continuano l’indagine del maestro, dissimulando però le implicazioni filosofiche della sua ricerca e astenendosi dal riprenderne esplicitamente le idee astronomiche e cosmologiche.
La repressione ecclesiastica risulta efficace oltre che in Italia anche negli altri paesi cattolici: infatti, dopo la condanna del Dialogo di Galileo, anche il filosofo francese Cartesio rinuncia alla pubblicazione del proprio trattato Il Mondo di ispirazione copernicana. Nonostante ciò nulla impedì la pubblicazione delle opere meno copernicane di Galileo nel 1655-56 a Bologna.

IL SETTECENTO E L’ILLUMINISMO
Valutare la fortuna di Galileo nel Settecento risulta alquanto più complesso. In Italia prevale all’inizio del secolo il conformismo anticopernicano, tranne in alcuni ambienti come Napoli dove, sotto lo stimolo dell’attività degli Investiganti, viene pubblicato clandestinamente nel 1710 il Dialogo.
E se già Muratori e Vico (Scienza Nuova) riconoscono l’importanza della riforma sperimentale del sapere di Galilei, Francesco Algarotti (Newtonianesimo spiegato alle dame) e Paolo Frisi (Saggio sul Galileo) giungono ad una definita coscienza del valore dello scienziato.
Negli scritti dei filosofi illuministi, Galilei è spesso associato a Bacone, Cartesio, Newton e Locke come precursore delle idee illuministe. D’altra parte la venerazione dei lumi per Galilei non conosce confini; David Hume, empirista inglese apprezza oltre alla sua scienza e alla sua filosofia, la “vivacità” dello stile e la “piacevolezza” della scrittura, e il tedesco Immanuel Kant gli conferisce il merito di aver portato la fisica “a trovare la strada maestra della scienza”.

L’OTTOCENTO TRA ROMANTICISMO E POSITIVISMO
Nell’Ottocento il messaggio di Galileo viene assimilato dalla cultura italiana, basti pensare ai Sepolcri e alle Grazie di Foscolo. Lo scienziato in ambito romantico e risorgimentale diventa quasi un eroe e Gioberti nel Primato lo considera il vero padre delle scienze sperimentali perché aveva scoperto cose meravigliose, a differenza di Bacone che non aveva scoperto nulla. In questo secolo suscita interesse anche la prosa di Galileo, apprezzata dal Leopardi per la precisione e l’eleganza e criticata da De Santis il quale, pur attribuendogli “uno stile tutto cose e tutto pensiero”, condanna il carattere convenzionale del suo toscanismo classicheggiante “forma pietrificata dall’abitudine” priva di eccessi barocchi, ma anche priva di vita.
In Europa, l’interpretazione dell’opera di Galilei è al centro della riflessione del positivismo sui fondamenti del sapere scientifico. Così Comte nota come la filosofia naturale si sia staccata dalla metafisica e sia diventata importante dopo le scoperte di Galileo sulla caduta dei gravi.

IL NOVECENTO
All’inizio del Novecento Benedetto Croce sottolinea l’approccio antimetafisico alla natura e l’eliminazione delle “stravaganti filosofie della natura che non sono né scienza né filosofia”. Per il neokantiano tedesco Ernst Cassirer il merito di Galileo sta nell’aver capito che le leggi scientifiche non sono ricavabili dall’esperienza, anche se le loro conseguenze sono applicabili alla realtà esteriore. Il filosofo tedesco Edmund Husserl scorge nel matematismo di Galilei l’inizio della crisi delle scienze matematiche europee, dovuta al fatto che esse sovrappongono il loro mondo geometrico al mondo reale, nascondendolo al nostro sguardo. Karl Popper mette in luce l’aspirazione di Galilei di una scienza capace di una vera descrizione del mondo e dei fatti osservati mentre Paul Feyerabend, negando l’esistenza di un metodo della scienza, valorizza la spregiudicata capacità di Galilei di imporre idee innovative.

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