GALILEO E LA RELIGIONE


Galileo fu sempre molto discreto sui suoi sentimenti religiosi; noi possediamo la testimonianza della figlia che divenne suora, in una lettera commovente che indirizza al padre poco dopo la condanna. Vi si legge che bisogna sopportare «questo colpo con quella forza d’animo che la re-ligione, professione ed età sua ricercano».

Galileo non si preoccupò mai delle grandi que-stioni metafisiche. Nel XVII sec. molti scienziati, compresi i più grandi come Newton, non esitavano a far intervenire Dio nei loro scritti scientifici, per dare, all’occorrenza, l’ultimo tocco alle loro teorie. Galileo dà prova di essere uno spirito che si può qualificare «positivo». Evita di mescolare la fede e la scienza e incarna l’ottimismo del cristiano in rapporto al buon uso della ragione.
Il suo atteggiamento verso qualche contemporaneo è molto significativo. Lascia intravedere una certa irritazione davanti alle divagazioni pitagoriche e platoniche che scopre in Keplero, questo grande astronomo che non esitava a fare degli oroscopi.
Galileo non s’interessò mai all’opera di Cartesio. Questi lo giudica con molta condiscendenza e l’accusa di costruire senza fondamenta. Cartesio non concepiva la fisica senza metafisica. Fra Campanella, l’ingombrante ammiratore di Galileo, pensava di trovare nelle scoperte di quest’ultimo degli argomenti a favore delle sue speculazioni filosofico-teologiche. Queste lo lasciano però indifferente e scettico, come testimonia questa nota marginale trovata in uno scritto di Galileo:
Al padre Campanella: Io stimo più il trovare un vero, benché di cosa leggera, che i disputare lungamente delle massime questioni senza conseguire verità nessuna.

Abbiamo qui, in poche parole, un vero autoritratto di Galileo.
La sola teologia di cui si occupò Galileo si riduce ai rapporti fra teologia e Sacra Scrittura. Egli s’interessa specialmente ai passi della Scrittura che hanno un legame con gli astri e si trovano innanzi tutto nell’ Antico Testamento, specialmente nel libro del Genesi. Ricordiamo che le opinioni di Galileo sulla Sacra Scrittura si trovano sostanzialmente in due lettere: la Lettera a Castelli (1613) e la Lettera a Madama Cristina di Lorena (1615), ciò che rappresenta relativamente poco nell’opera completa di Galileo, costituita da ventun tomi.
Galileo ci ha lasciato uno studio molto approfondito, quasi esauriente, che si basa sui Padri della Chiesa, specialmente sant’ Agostino, ma anche sui teologi medioevali e quelli della sua epoca. Egli comprese che bisognava trattare il problema nel quadro più generale, che è quello dell’interpretazione delle Scritture.

Riassumiamo le tesi sviluppate da Galileo
- Dio ci parla grazie a due «libri»: la Scrittura e il libro della creazione aperto sotto ai nostri occhi. La Bibbia non è il nostro solo mezzo di conoscere. Ecco il suo ragionamento; «che quell’istesso Dio che ci ha dotati di sensi, di discorso e d’intelletto, abbia voluto, posponendo l’uso di questi, darci con altro mezzo le notizie che per quelli possiamo conseguire, sì che anco in quelle conclusioni naturali, che o dalle sensate esperienze o dalle necessarie dimostrazioni ci vengono esposte innanzi agli occhi e all’intelletto, doviamo negare il senso e la ragione, non credo che sia necessario il crederl » (Lettera a Madama Cristina).
- Galileo pone come assioma: le due verità - quella della Scrittura e quella della scienza - non possono contraddirsi. Si appoggia su sant’ Agostino.
- L’interpretazione della Scrittura richiede prudenza. I Padri della Chiesa non sono sempre d’accordo fra loro nell’interpretazione di uno stesso testo. Cita san Girolamo e sant’Agostino.
- La scienza può portare a correggere certe interpretazioni. « Nelle quistioni naturali e che non sian de fide prima si deva considerar se elle sieno indubitabilmente dimostrate. ..o vero se una tal cognizione e dimostrazione aver si possa: la qual ottenendosi ed essendo ella ancora dono di Dio, si deva applicare all’investigazione dei veri sensi delle Sacre Lettere in quei luoghi che in apparenza mostrano di sonar diversamente » (Lettera a Madama Cristina). Ritiene imprudente dichiarare contrarie alla Scrittura, quindi eretiche, le tesi nuove, senza aver dimostrato che sono certamente false. Galileo si basa su sant’ Agostino e ricorda il punto di vista che il cardinale Bellarmino aveva espresso nella lettera a Foscarini.
-Un decreto del concilio di Trento (1546) dichiara che la Scrittura dev’essere interpretata secondo una concorde interpretazione dei Padri della Chiesa quando si tratta di «quei luoghi solamente che sono de fide o attinenti a i costumi». Galileo ritiene che nell’interpretazione del testo di Giosuè che ferma il sole non ci sia l’opinione concorde richiesta, e lo dimostra diffusamente. In maniera più generale, nelle questioni che riguardano l’astronomia senza interessare la fede o i costumi, non si può imporre ciò che dicono i Padri.
-La Scrittura ha essenzialmente lo scopo d’insegnarci la via della salvezza e non le verità d’ordine scientifico. Cita la frase famosa del Baronio: «L’intenzione dello Spirito Santo essere d’insegnarci come si vadia in cielo e non come vadia il cielo». Galileo fa appello a testi di san Girolamo e sant’Agostino. Ed osserva che «la teologia non discende alle più basse e umili speculazioni delle inferiori scienze; anzi quelle non cura, come non concernenti alla beatitudine » (Lettera a Madama Cristina). A sostegno della sua tesi, Galileo ricorda che la Bibbia nomina solo tre astri: il sole, la luna e Venere. Ne deduce molto giustamente che l’astronomia non s’impara nella Bibbia.
A certi testi della Scrittura non si applica l’interpretazione letterale, specialmente quando il Genesi parla della creazione. La Bibbia, per farsi capire dal più gran numero di persone, impiega «una proposizione con parole di sentimento diverso dalla essenza di essa proposizione»o Galileo invoca a suo sostegno san Girolamo e Tommaso d’Aquino.
Galileo non s’avventurò mai sul terreno delI’esegesi stiracchiata e forzata, in seguito ad attacchi dei suoi avversari. Non cercò mai di rafforzare le sue idee scientifiche mediante argomenti tratti dalla Bibbia. Una volta sceso sul terreno dell’esegesi, Galileo vi si muove con un’agilità che stupisce. È curioso costatare che questa trattazione così ben argomentata abbia occupato poco posto nel suo processo. Il motivo è forse che la Lettera a Madama Cristina ebbe una diffusione piuttosto limitata e fu stampata soltanto tre anni dopo il processo.
In questo campo difficile e strettamente vigilato, Galileo può essere considerato un precursore. Si dovette attendere l’enciclica Providentissimus Deus di Leone XIII, ne11893, perché le idee esegetiche difese da Galileo fossero riprese in un documento ufficiale de1la Chiesa cattolica. Vi si ritrovano le citazioni di sant’Agostino utilizzate da Galileo. Vi è detto che non vi può essere contraddizione fra la Scrittura e le conclusioni della scienza, purché non si dimentichino i limiti della scienza. Il Dio che ha creato la natura è anche l’autore primo dei Libri sacri; non si può quindi contraddire.
L’enciclica Divino af/lante Spiritu di Pio XII, nel 1943, insegna espressamente la presenza di generi letterari differenti nei Libri sacri e quindi la necessità di interpretazioni conformi al carattere di ciascuno di essi. Che magnifica vittoria postuma per Galileo!

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