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Pittura e teoria della conoscenza

Nel Cortegiano, Baldesar Castiglione inserisce una discussione sul primato delle arti, in cui alla pittura è assegnato un ruolo eminente nella cultura dell'uomo di corte.

Questo pensiero, in contrasto con quello tradizionale, trasmette l'eco dei frequenti dibattiti tenutisi alla corte del Moro nel periodo finale del '400 ai quali molto probabilmente prese parte anche Leonardo.

Il valore riconosciuto alla pittura da parte di un letterato riveste un' importanza non indifferente, capovolgendo l'idea predominante che riteneva che la pittura fosse solamente un'arte meccanica, subordinata alle vere scienze.

Leonardo aveva invece fortemente accelerato il processo di riconoscimento della valenza intellettuale della pittura legittimandola come attività teorica.

Il principio dell'imitazione era applicato anche nella pittura. Per Leonardo, l'imitazione della natura è sempre più esercizio conoscitivo e , applicata alla pittura, consiste non solo nel riprodurre, ma anche nel ricreare.

Il pittore è per lui un «nipote di Dio, che disputa e gareggia colla natura» , poiché riproduce la natura che è figlia di Dio.

Il pittore, nel riprodurre la natura sulla tela, è una sorta di essere divino. Nel Rinascimento questa concezione era diffusa anche nella letteratura, dove nell'opera l'autore era come Dio nel mondo. La pittura è lo strumento mediante il quale si realizza la divinità per pittore.

Occorre notare però che, mentre prendeva forma il «mito» di Leonardo «divino», la sua pretesa universalità avrebbe finito per nuocere alla sua arte. Le quasi infinite investigazioni, ritenute non indispensabili da parte di molti critici , sembrarono allontanarlo dalla pittura. Anche il suo «alleato» Castiglione considerava negativamente il tentativo di raggiungere l'universalità del sapere. 

Leonardo si rese conto troppo tardi della frammentarietà della sue ricerche e del tentativo temerario di addentrarsi negli infiniti campi del sapere sicché non gli riuscì possibile riorganizzare tutto il proprio lavoro. A conferma di ciò, attorno al 1510 scriveva «si come ogni regno in sé diviso è disfatto, così ogni ingegno diviso in diversi studi si confonde e indebolisce».( Ms Arundel, f 180 v).

Un'altra citazione mostra che Leonardo nutriva una fervente speranza di sapere avidamente il più possibile: «iddio mi conceda tempo in questa vita poiché ogni giorno scopro di quanto sia vasta la ignoranza mia sulle cose e del tempo che mi abbisogna per prenderne conoscenza».

Indubbiamente, l'intento di indagare nei più svariati campi della conoscenza gli viene per la prima volta ammirando la versatilità del suo maestro Andrea del Verrocchio, orafo, scultore, pittore e forse anche architetto. Agli anni milanesi risale invece la volontà di teorizzare. Qui scrive i primi codici e manoscritti ( il Trattato della pittura è di questo periodo). 

Una teoria approssimativa, confutata da una meticolosa analisi degli appunti, sosteneva che Leonardo avrebbe iniziato le sue ricerche come artista per poi perseguirle in se stesse. Invece, non sempre il processo conoscitivo di Leonardo è partito da intuizioni artistiche per raggiungere la sfera scientifica, ma talvolta l'osservazione scientifica gli ha sbarrato la strada a nuove variabili artistiche.

Il suo procedimento è continuamente finalizzato alla conoscenza di tutta le realtà naturale, raggiungibile sia dalla prospettiva artistica che quella scientifica.