Platone e la sua teoria dell’anamnesi

Platone scrisse molti dialoghi durante la sua vita. Essi hanno natura prevalentemente polemica e spesso si chiudono senza che gli interrogativi proposti abbiamo trovato una risposta. Uno fra questi è il Menone in cui viene per la prima volta affrontata la teoria della reminiscenza o dell’anamnesi.

Per Platone infatti apprendere, e quindi conoscere non è altro che richiamare alla memoria e ricordare quanto già si sapeva.
Quindi vuol dire che una persona può conoscere già tutto semplicemente ricordando quello che già sapeva nella vita precedente?

Infatti nel Menone Platone prova la sua tesi con l’esempio pratico di uno schiavo che risolve un problema di geometria solo rispondendo ad alcune domande: questo perché, non avendo mai studiato geometria in quella vita, ha ricordato ciò che la sua anima aveva appreso nell’aldilà.

Probabilmente oggi nessuno crede più a questa teoria. In effetti, la teoria di Platone è poco convincente. Platone sembra pensare che si possa arrivare alla verità solo in maniera passiva , contemplandole nell’Iperuranio. Eppure lo schiavetto potrebbe essere arrivato alla soluzione, non perché ricorda, ma perché, sollecitato dalle domande, è riuscito a trovare soluzioni per lui nuove.
Per Platone neppure un dio come il Demiurgo crea. Plasma soltanto, ad imitazione delle idee. Ma noi, uomini d’oggi, lo sappiamo: gli esseri umani sono capaci di scoprire cose nuove, sono grandi creatori.

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