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Terminato anche quest’anno il progetto GTL MIT

Anche quest’anno è terminato il progetto GTL MIT. Gli studenti Andrew Lin, Sam Solomon e Audrey Pettigrew, del MIT di Boston, hanno svolto lezioni di fisica e matematica in inglese nelle classi del triennio del liceo scientifico e del liceo scienze umane, i primi due a Rozzano e la terza a Noverasco, tra il 7 ed il 28 gennaio 2020. Il progetto si è concluso con la soddisfazione di tutti i partecipanti, studenti, professori, studenti del MIT e famiglie che hanno ospitato gli studenti del MIT. A questo proposito è utile riportare quanto mi ha scritto uno dei genitori, di due ex studenti del Calvino, in proposito: “… ritengo che l’opportunità che mi è stata offerta … sia stata eccezionale, ci permette di confrontarci con ragazzi provenienti da un diverso stato, con una diversa cultura e con una difficoltà in più derivante dalla lingua, che ha tuttavia permesso a me di rispolverare le mie scarse conoscenze della lingua inglese, a mia moglie la capacità d’accoglienza che la contraddistingue, ai miei figli di rinnovare l’inglese imparato con proficuo nell’Istituto Calvino che, spero, abbia sempre il top a livello di insegnanti.
Non ho parole per spiegarle come Sam, ed Andrew, siano integrati nelle famiglie d’appoggio, ma allo stesso tempo vorrei evidenziare come queste esperienze siano importanti sia per i nostri ragazzi che eccitanti per questi giovani che affrontano un’esperienza molto particolare ma sicuramente molto importante e diversa da ciò a cui sono abituati.
Spero che riusciate a fare in modo che le famiglie ospitanti siano molte di più di quelle poche che oggi hanno accettato questa possibilità.
Grazie mille, sono veramente contento. Buona settimana.”

Sam in aula
Nella foto i due studenti del MIT che hanno lavorato a Rozzano con alcuni dei docenti che hanno partecipato

Ringraziamo tutti per la riuscita del progetto, dagli studenti per la collaborazione, ai colleghi che hanno ceduto alcune loro ore, ai colleghi del dipartimento di matematica e fisica che hanno contribuito alla riuscita del progetto, agli studenti del MIT per l’impegno e per aver scelto il nostro Paese, al direttore ed al personale amministrativo per il loro prezioso lavoro, alla direzione per la disponibilità e l’incoraggiamento, ma soprattutto alle famiglie che hanno ospitato i tre studenti americani. Nella foto i due studenti del MIT che hanno lavorato a Rozzano con alcuni dei docenti che hanno partecipato al progetto.

esperimento di Torricelli con l’acqua

Oggi venerdì 20 settembre 2019, alle 11, la classe 2B liceo ha eseguito l’esperimento di Torricelli, utilizzando però l’acqua invece del mercurio che, come è noto, non si può utilizzare. L’esperimento è stato eseguito sulle scale di sicurezza, con un tubo di plastica trasparente alto più di 11 m. Agli estremi del tubo sono stati intestati due rubinetti, inizialmente aperti. Il rubinetto inferiore è stato immerso in un secchio d’acqua ed è stato chiuso, dopo aver fatto entrare l’acqua per evitare la presenza di bolle d’aria. Il tubo è stato riempito d’acqua dall’alto, fino a superare il rubinetto superiore, che quindi è stato chiuso. A questo punto una studentessa ha aperto il rubinetto in basso e l’acqua nel tubo è parzialmente scesa. Usando un metro a nastro (bindella), gentilmente prestatoci dalla palestra, è stata misurata l’altezza della colonna d’acqua nel tubo rispetto al livello dell’acqua nel secchio, risultata 10,03 m +- 0,01 m. Si è anche misurata la temperatura, risultata pari a 24° +- 1° C. Calcolando la pressione dovuta all’acqua, si è trovato 98,4 kPa, con l’errore valutato in base alle regole delle cifre significative. A questa pressione va sommata quella del vapore acqueo che a 24° C vale 22,4 mmHg pari a 2,99 kPa, ottenendo un totale di 101,4 kPa. Considerando che la pressione atmosferica standard è 1 atm pari a 101,3 kPa, direi che il risultato è quasi perfetto!
Luigi Lombardo

  • vista dall’alto
  • il tubo pieno d’acqua
  • l’estremo del metro a nastro è messo in corrispondenza della superficie dell’acqua nel secchio
  • l’estremo inferiore del tubo immerso nel secchio, notare il rubinetto aperto
  • si misura l’altezza della colonna d’acqua, in corrispondenza della superficie dell’acqua nel tubo
  • tubo all'interno della tromba delle scale
    il tubo all’interno della tromba delle scale
  • il metro a nastro fiancheggia il tubo
  • si sta misurando l’altezza della colonna d’acqua
  • mentre l’inizio del metro a nastro corrisponde con la superficie dell’acqua nel secchio

Esperimento di Eratostene 2019

Il liceo Calvino partecipa all’Eratosthenes Experiment 2019, come già accaduto in alcune edizioni precedenti. Il 21 marzo alle 12 e 30 gli studenti delle classi 1A e 1B del liceo hanno misurato l’angolo del Sole con la verticale, per ripetere l’esperimento di Eratostene e misurare la circonferenza della Terra, in collaborazione con altre scuole. Luigi Lombardo

Fisici, ingegneri e la costante elettrostatica.

Fisici ed ingegneri, la storia.
La fisica nasce con Galilei. Prima di Galilei venivano studiati i fenomeni naturali, ma non con il metodo galileiano, per cui non si parla di fisica, ma di filosofia naturale. I seguaci del metodo galileiano hanno costituito la categoria dei fisici. A quel tempo solo gli aristocratici o chi era protetto da un aristocratico, poteva dedicare del tempo allo studio della fisica. La gran parte della popolazione dedicava il proprio tempo alla sopravvivenza, e non aveva tempo da dedicare allo studio. Per questo la figura del fisico si è sviluppata in un ambiente aristocratico. Anche la figura dell’ingegnere è antica, ma anticamente era essenzialmente un artigiano, erede di una conoscenza tramandata da maestro ad allievo nelle botteghe artigiane. Nel Rinascimento nasce la figura dell’artista poliedrico, pittore, scultore, architetto, ingegnere e scienziato. Questi personaggi, in possesso di una cultura ad ampio raggio, vengono spesso chiamati per dirigere i lavori per le fortificazioni, ora più complessi perché debbono resistere alla nuova arma, il cannone. Anche nei tempi antichi, come oggi, l’impegno dell’ingegnere era spesso in ambito militare. Infatti l’ingegnere moderno nasce con la Rivoluzione francese. La Rivoluzione francese abolisce l’aristocrazia, creando un nuovo mondo in alternativa all’Ancien Régime. La conseguente reazione porta tutta l’Europa ad aggredire la Francia e la sua Rivoluzione. La Rivoluzione si difende tra l’altro creando l’Ecole polytechnique. In questa scuola vengono chiamati ad insegnare i migliori scienziati francesi, almeno quelli sopravvissuti alla Rivoluzione, di tutte le discipline, con lo scopo di formare gli ingegneri, che dovranno sostenere lo sforzo difensivo della Rivoluzione, risolvendo i problemi che si presentano, in particolare militari. Nasce così l’ingegnere moderno, come colui che risolve i problemi applicando le scienze. Insieme all’ingegnere nasce il sistema metrico decimale, anch’esso figlio della Rivoluzione che, pur essendo francese, vuole essere globale, e quindi vuole un sistema metrico alternativo ai sistemi locali e valido per tutti. Nel 1791 la commissione presieduta da Lagrange propone il sistema metrico decimale, precursore dell’attuale Sistema Internazionale (SI). Seguendo le alterne vicende della storia, questo sistema si diffonde in Europa. Nel 1875 la convenzione del Metro getta le basi del sistema metrico MKS (metro, kilogrammo, secondo). Questo sistema si diffonde soprattutto in ambito ingegneristico. Negli ambienti dei fisici si accetta l’idea del sistema metrico decimale come sistema globale, ma nel 1832 Gauss propone il sistema centimetro, grammo e secondo (CGS) in alternativa al MKS, perché ritenuto più adatto alla fisica, che lavora con grandezze più piccole di quelle usate dagli ingegneri. A partire dal 1880 questo sistema verrà gradualmente abbandonato a favore del MKS, sia per avere un unico sistema di unità, sia perché il mondo industriale, fortemente influenzato dalla ingegneria, pesa a favore del sistema MKS. Così, mentre nella mia giovinezza i fisici usavano ancora il sistema CGS, oggi tutti usano il Sistema Internazionale, derivato dal MKS.
La costante elettrostatica.
Il valore della costante elettrostatica (di Coulomb) è emblematico della diversa visione di fisici ed ingegneri. Infatti nel SI, che deriva dal sistema degli ingegneri, vale 1/4πε, questo perché si è scelta come unità della carica elettrica il coulomb, derivato dall’ampere, derivato dall’attrazione magnetica di due fili elettrici paralleli percorsi da corrente (legge di Ampère). In particolare il 4π al denominatore è presente per evitare che compaia nella formula del teorema di Gauss, questo perché nelle applicazioni si usa soprattutto il teorema di Gauss, e quindi si preferisce semplificare il teorema di Gauss a scapito della legge di Coulomb, dove compare la costante elettrostatica. Nel sistema CGS, quello dei fisici, la costante elettrostatica non c’è, perché i fisici, in quel sistema, avevano scelto l’unità per la carica elettrica, chiamata ovviamente unità di carica elettrostatica (esu, dall’inglese electrostatic unit), in modo da non avere la costante elettrostatica, ovvero di averla adimensionale e di valore 1. Da qui la critica dei fisici agli ingegneri, quando io ero giovane, di aver introdotto nel sistema di unità una costante fisica priva di significato fisico, cosa per loro scandalosa. Alla fine ha prevalso il sistema degli ingegneri, portando con se la scandalosa costante elettrostatica.
Luigi Lombardo

Dal Calvino all’Agenzia Spaziale Giapponese (JAXA)

Sfoglio il Corriere della Sera del 22 febbraio 2019. A pagina 33 grande fotografia di una giovane donna in kimono. La riconosco subito: Stefania Soldini, quinta B Liceo scientifico 2005.
Titolo: Stefania scienziata in kimono. Sottotitolo: L’astrofisica 32enne formata al Politecnico di Milano guida la missione giapponese sull’asteroide Ryugu: preleviamo campioni a 280 milioni di km dalla Terra.

Stefania è responsabile – principal investigator – del disegno di traiettoria e del piano delle operazioni di Hayabusa2, la sonda giapponese falco pellegrino.

Ryugu è uno degli asteroidi considerati pericolosi perché si avvicinano alla Terra. L’obiettivo è capirne la natura. Ma non solo. «Ryugu è un fossile del sistema solare, rimasto a testimoniare le lontane origini — spiega Stefania —. Scoperto nel 1999, carbonaceo nella costituzione, potrebbe contenere acqua e quindi aiutarci a capire se la vita sul nostro pianeta è stata portata da questi piccoli mondi, come in alcuni casi si è ipotizzato».

Stefania veglia anche sul futuro dell’umanità: «Vorrei occuparmi ancora più a fondo degli asteroidi che minacciano la Terra, soprattutto per cercare di mitigare i rischi e trovare una soluzione».

Le ho scritto subito per esprimerle il mio entusiasmo. Spero mi perdonerà, se trascrivo qui la sua risposta:

Ho avuto degli ottimi prof, non solo da punto di vista tecnico ma umano!
Ne vedo di sistemi scolastici in giro per il mondo… Come ci preparano le nostre scuole non c’è davvero paragone!

Grazie, Stefania. Una grande gioia per un vecchio prof.

Per saperne di più:

Stefania vestita da giapponese

Sulla pronuncia della parola joule.

La parola joule indica l’unità di misura dell’energia nel Sistema Internazionale. Deriva dal cognome di James Prescott Joule, fisico inglese del 1800. In Italia la maggior parte delle persone lo pronuncia giaul, scritto all’italiana, [‘dᴣaul] nell’alfabeto fonetico internazionale, mentre secondo me va pronunciato giul, scritto all’italiana, [‘dᴣu:l] nell’alfabeto fonetico. Questo perché il fisico Joule pronunciava così il proprio cognome, come si evince dai dizionari inglesi, dai siti web specializzati in pronuncia e ascoltando persone di nazionalità sia britannica sia statunitense. Sarebbe accettabile la pronuncia diffusa in Italia, se fosse una italianizzazione, cioè la pronuncia di una parola straniera secondo le regole della lingua italiana, come stoccafisso per stockfish, Cartesio per Descartes, oppure mit invece di em ai ti per indicare il Massachusetts Institute of Technology, cidì invece di sidì per indicare i compact disk, e così via. Allo stesso modo trovo corretto che i francesi mi chiamino Lombardò, mentre il mio cognome in italiano è Lombàrdo, questo perché i francesi seguono le loro regole di pronuncia. Ma nel caso della pronuncia diffusa in Italia di joule, non è una italianizzazione, perché non segue le regole della pronuncia italiana. Chi pronuncia così lo fa perché è convinto di usare la corretta pronuncia inglese. [‘dᴣu:l] sembra loro francese. In effetti pare che la famiglia di Joule sia di origine belga francofona, ma al di là della origine della pronuncia di Joule, il problema è che in inglese la pronuncia è questa, e non [‘dᴣaul]. Succede lo stesso con la parola stage, che in Italia si usa al posto della parola tirocinio, e che molti pronunciano all’inglese, mentre è francese e deve essere pronunciato alla francese. Ammetto che l’uso fa la regola, e che spesso ho dovuto pronunciare secondo l’uso, anche se sbagliato, per essere capito. Ma credo che bisogna sempre essere consapevoli della corretta pronuncia, e che è bene tentare di pronunciare correttamente, almeno finché l’uso sbagliato non entri definitivamente nella lingua ufficiale. Meditate gente, meditate.
Luigi Lombardo

Gender in Physics Day

Il 10 Maggio noi due, studentesse del liceo di Opera, Nada Mansour e Letizia Repizzi, abbiamo partecipato ad un convegno internazionale a Roma, dal titolo “Italian GENDER IN PHYSICS DAY”, presso la sede del Consiglio Nazionale delle Ricerche, in quanto selezionate con menzione speciale per il loro prodotto dal titolo: “l’altra metà del cielo”.

Nada e Letizia

Abbiamo ricevuto una targa, per il progetto da noi presentato per il concorso “Donne nella Fisica: stereotipi e pregiudizi di genere”. Continua la lettura di Gender in Physics Day

Un mondo in continuo cambiamento

Ci troviamo in un mondo in cui le donne non hanno le stesse possibilità in ambito lavorativo e sociali di un uomo, nonostante l’epoca in cui siamo dovrebbe permettere lo sviluppo di una mentalità più aperta nei confronti delle donne permettendo di avere la parità dei sessi, tenendo conto di ciò che è successo nella storia, di donne che hanno cercato di farsi valere per cambiare la loro condizione e che molto spesso ci sono riuscite. Ma come si può vedere da diversi esempi, ci sono ragazze e donne che solo recentemente per la prima volta riescono ad ottenere le stesse cariche, lavori, possibilità degli uomini. Una dei personaggi che voglio presentare in questo articolo, come donna che è riuscita a raggiungere un traguardo mai raggiunto da nessun’altra è Fabiola Gianotti.

Fabiola Gianotti è una fisica nata il 29 ottobre 1960 a Roma. Studia a Milano al liceo classico, dove grazie alla lettura della biografia di Marie Curie, una scienziata, si appassionò alla fisica.

É stata una scienziata, Marie Curie, a ispirarmi e influenzarmi nella scelta di studiare fisica.”

 

Così si iscrisse alla facoltà di fisica. E grazie alle sua grandi aspirazioni e alla sua determinazione riesce nel 1987 ad entrare al CERN di Ginevra (organizzazione europea per la ricerca nucleare) contribuendo a diversi esperimenti. L’esperimento più importante a cui prende parte è l’Atlas, a cui migliaia di fisici partecipano e ne diventa coordinatrice.

Non abbandonare mai i tuoi sogni. Potresti rimpiangerlo per il resto dei tuoi giorni.”

 

È una donna che ha saputo valorizzarsi in un ambiente prevalentemente maschile; poche donne tendono a diventare scienziate e fisiche poiché poco incentivate dalla società in cui viviamo. Gianotti però non è una di quelle, anzi per i suoi meriti viene addirittura inserita nella rivistaTime”e nella rivista “Forbes”tra le cento donne più potenti al mondo.

La svolta decisiva nella sua vita sia come donna che come fisica si ebbe nel 2014, quando viene scelta per la carica di direttore generale, è la prima donna nella storia a cui viene assegnato un incarico del genere. Dopo 60 anni il CERN è guidato da una donna. È proprio questo quello che riuscì a raggiungere Fabiola Gianotti, un posto fino ad allora destinato agli uomini. Come si può capire dalla sua vita, fu una donna che si contraddistinse per le sue spiccate doti nell’ambito della fisica e divenne una delle donne più influenti del tempo. Una donna che a poco a poco, passo dopo passo ha raggiunto lo stesso livello dell’uomo. Gianotti è una donna che è riuscita farsi vedere per quello che è, cioè prima di tutto un essere umano che ama la fisica e poi una donna. Si è dimostrata alla pari di un uomo, se non meglio in quanto diventata direttore generale del CERN. Questo è quello che sta accadendo nella società, sta cambiando in meglio facendo diventare a poco a poco il mondo un posto dove anche le donne possono avere le stesse opportunità degli uomini.

Continueremo a incoraggiare le giovani scienziate a impegnarsi nella ricerca, vigileremo perché abbiano sempre le stesse opportunità dei loro colleghi maschi.” 

Chiara Martini

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Sulla chiusura o meno delle linee di campo magnetico.

linee del campo B

» t=(0:0.01:200)

» x=0.15*sin(0.96*t)+0.15*sin(1.06*t)+1.5*cos(0.05*t)

» y=0.15*cos(0.96*t)-0.15*cos(1.06*t)+1.5*sin(0.05*t)

» z=0.3*cos(1.01*t)

» plot3(x,y,z)

Nella totalità di testi di fisica per il liceo che mi sono capitati tra le mani, nella migliore delle ipotesi, nulla è scritto sulla chiusura o meno delle linee di campo magnetico. Spesso però è scritto che le linee di campo magnetico sono chiuse. In particolare questi testi partono dal teorema di Gauss per il campo magnetico, per affermare che la nullità del flusso implica la chiusura delle linee di campo. Invece implica solo che il numero di linee entranti è uguale a quello delle linee uscenti. Essendomi trovato spesso a discutere sul perché ritengo che le linee di campo magnetico siano aperte, ritengo possa essere utile scrivere qualcosa per giustificare questa mia affermazione. Nei libri di testo, per mostrare la chiusura delle linee di campo, si fa l’esempio del filo percorso da corrente elettrica, di lunghezza infinita e perfettamente rettilineo, oppure della spira, sempre percorsa da corrente, perfettamente circolare e piana. Ma in realtà non esistono né i fili infiniti e rettilinei, né le spire circolari e piane. In questi casi particolari ed ideali le linee sono chiuse, ma nella realtà non è così. Come esempio di un caso più realistico dei due precedenti, possiamo prendere insieme un filo rettilineo, percorso da corrente, ed una spira circolare e piana, sempre percorsa da corrente, il che è come prendere un filo non rettilineo oppure una spira non circolare e piana. Nella figura sono disegnate alcune linee di forza del campo magnetico. Si nota, ma si può anche intuire, che queste linee, pur non avendo inizio e fine, non si chiudono mai, perché nel momento in cui dovrebbero chiudersi, il disturbo, rappresentato dalla seconda sorgente, le devia, impedendone la chiusura. Pertanto le linee continuano all’infinito a riempire lo spazio, ma avendo spessore nullo, la probabilità che possano chiudersi è nulla. A queste mie affermazioni vengono in genere fatte due obiezioni, una matematica ed una fisica. L’obiezione matematica è che le linee, riempiendo tutto lo spazio, si chiudono all’infinito. L’obiezione è inconsistente per due motivi: innanzitutto le linee, pur riempiendo lo spazio, non si chiudono, perché hanno spessore nullo; in secondo luogo le linee sono chiuse al finito, per esempio anche la retta si chiude all’infinito, ma non è una linea chiusa. L’obiezione fisica è che le linee sono relative a grandezze fisiche che sono misurate con una incertezza, pertanto non hanno spessore nullo, ma sono in realtà dei tubicini, che dopo un certo numero di giri finiscono col chiudersi. Anche questa obiezione è inconsistente in quanto le linee di campo non sono grandezze fisiche, ma una rappresentazione matematica di grandezze fisiche, per cui, nonostante l’errore di misura, rimangono linee matematiche con spessore nullo. Buona riflessione. Luigi Lombardo