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Cosa possiamo imparare di buono dai Sofisti

Il movimento sofistico è un movimento filosofico diffusosi nel V secolo a.C. nell’antica Grecia, specialmente ad Atene. Il termine Sofista ha acquisito rapidamente un significato negativo. Come mai?
Ci sono giunte più descrizioni negative che positive dei sofisti:
pochissime opere di sofisti si sono salvate e quindi per conoscerli bisogna affidarsi alle descrizioni dei loro avversari, le quali non possono essere altro che negative.
Una critica rivolta ai sofisti riguardava il modo in cui svolgevano il loro compito. I sofisti infatti diffondevano il loro sapere solo a pagamento e ciò per la mentalità tradizionale era meschino ed ignobile.
Eppure la Sofistica ebbe ugualmente grande successo soprattutto ad Atene.
Infatti i sofisti insegnavano a usare le parole per catturare gli animi della folla e persuaderla e in una città democratica come Atene, a un candidato, per salire al potere, serviva saper usare le parole al fine di formare discorsi persuasivi per convincere i cittadini a votarlo.
I sofisti erano riusciti a trasformare l’arte della parola in una scienza insegnabile come tutte le altre e inoltre essi conoscevano la psicologia umana e quindi sapevano come suscitare le stesse emozioni in persone diverse.
Personalmente mi hanno colpito due cose sui sofisti: la prima è la loro capacità di persuadere la gente con le parole e insegnare agli altri queste abilità; la seconda è l’idea che chiunque sia in grado di imparare i loro insegnamenti.
Da queste caratteristiche possiamo capire che la parola è una gran dominatrice che sa compiere cose divine. La parola sa stroncare la paura, sa rimuovere la sofferenza, sa diffondere gioia, sa intensificare la commozione e sa smuovere gli animi delle persone.
Non è per caso che negli stati dittatoriali la libertà di parola è la prima cosa ad essere abolita; infatti quei sovrani che hanno usato la forza della parola per persuadere gli uomini hanno paura che questa venga usata contro di loro da qualcun altro e quindi di cadere dal loro trono.
Per i Sofisti, il sapere non è solo per pochi privilegiati, tutti sono in grado di accedervi.
I sofisti ci aiutano a comprendere che noi siamo in grado di raggiungere qualsiasi obbiettivo.
Attraverso questa stessa convinzione, si può giungere ad avere l’opinione per la quale tutti hanno diritto a una seconda possibilità. Come ogni uomo è in grado di accedere al sapere così ogni uomo colpevole di un reato è in grado di capire dove ha sbagliato e quindi compiere un cambiamento interiore.

Gorgia parlava e sapeva parlare…

I maggiori esponenti del movimento sofista sono due: Protagora e Gorgia.
I due filosofi scrissero molto di un tema, l’oratoria, e in maniera diversa.
Gorgia, in particolare, crede molto all’uso di quest’arte perciò pensa che anche la tesi più sbagliata possa essere trasmessa a un gruppo di ascoltatori se si amministra nel modo giusto l’arte del parlare, l’oratoria appunto.
Diciamo quindi che Gorgia pensava di poter spingere i suoi ascoltatori a credere e accettare il suo punto di vista grazie al suo modo di parlare.
Si potrebbe vederlo, in un certo senso, come un abile ingannatore, la cui unica arma era la comunicazione.
Una sola frase può riassumere la sua idea: “la parola sta all’anima come la medicina sta al corpo”.
Una proporzione particolare e non proprio matematica ma messa in questo modo potrebbe far sembrare l’oratore come dottore dell’anima di chi ascolta.
È quello in cui crede Gorgia ma è un concetto decisamente impensabile per molti. Proprio in questo sta la filosofia di Gorgia: portare l’ascoltatore a pensare che argomenti su cui una persona non ha mai ragionato sono facili e facilmente condivisibili.
Ed ecco perché la parola è medicina dell’anima. Un discorso può eliminare dubbi o pensieri contrastanti in una persona, sostanzialmente può fare del bene se “assunta” nel modo corretto. E “leggere attentamente il foglio illustrativo” potrebbe essere un’avvertenza da fare a coloro che si lasciano abbindolare troppo facilmente.
Infatti se un ascoltatore conosce l’intenzione di un oratore come Gorgia (o i politici di oggi) deve avere prima di tutto la consapevolezza di possedere delle chiare idee in testa, altrimenti sarebbe come un adulto che rimane stupito e crede ancora che un mago possa tirare fuori effettivamente un coniglio dal magico cilindro.
Gorgia parlava a tutti ma sapeva veramente parlare solo ad un pubblico di facili ascoltatori, non per questo la sua figura perde di importanza.

L’uso della parola secondo Gorgia

La parola assume un’importanza fondamentale nell’arte oratoria, ma i contenuti concreti rappresentano, in un discorso, l’elemento indispensabile alla base della comunicazione e dello scambio di opinioni.

Gorgia non sarebbe d’accordo. Egli adopera le parole come mezzo per persuadere, ingannare, portare a termine qualunque progetto, utile o dannoso, buono o cattivo che sia. Di conseguenza, se si considera la parola solo come mezzo per convincere l’interlocutore, inevitabilmente le si attribuisce un significato negativo: con una simile considerazione e dimestichezza della retorica, Gorgia si burla di colui che ascolta, riesce a fargli cambiare opinione, e con ciò, dimostrargli la sua superiorità in campo oratorio.

Tuttavia, non si può certo affermare che la retorica e l’arte del saper parlare risultino poco importanti in un discorso: la loro presenza è di grande aiuto per un’efficace comunicazione del messaggio. Infatti, Gorgia non si serve dell’arte oratoria con il solo fine di dimostrare la sua bravura, ma anche per suscitare emozioni e comportamenti nell’interlocutore. Svolge quest’azione sottoponendo l’ascoltatore a ciò che definirei un’azione ipnotica. Ciò che fa, è servirsi della parola intesa come pharmakon, ovvero “medicina” o “veleno”, per annullare la consapevolezza di chi ascolta e far perdere così il contatto con la realtà. Il questo modo l’intelletto e la ragione rispondono inconsciamente.

Eppure mi sembra che qualunque sia il ruolo della parola secondo il filosofo Gorgia, esso rivesta un significato negativo: persuasione, inganno, ipnosi sono alla base delle sue riflessioni. Qual è insomma lo scopo delle sue confutazioni? Dimostrare ciò che ritiene vero o mettere alla prova le sue abilità?

La retorica è utile solo se è al servizio della ragione, quando l’oratore non fa appello soltanto ai sentimenti, alle paure, ma aiuta i suoi interlocutori a ragionare perché sappiano governare e controllare tali emozioni.

La parola: un mezzo di comunicazione che spesso trae in inganno

“La parola è una gran dominatrice che, anche col più piccolo e invisibile corpo, cose profondamente divine sa compiere. Essa ha la virtù di stroncare la paura, di rimuovere la sofferenza, di infondere gioia e d’intensificare la commozione” affermava uno dei più noti sofisti, Gorgia.

Che cosa voleva dire?
Come possono, le parole, comportarsi da dominatrici su tutto e compiere cose divine? E sopratutto… in che modo sono in grado di provocare sensazioni così diverse in un solo animo?

Secondo Gorgia, la parola non viene utilizzata per indicare come stanno realmente le cose, ma piuttosto per persuadere le persone che ci circondano, per stimolare le loro emozioni e infine per ingannarle.
La parola viene identificata da Gorgia con un’arma pericolosa; un’arma che ha una grande forza persuasiva, capace di sedurre le persone che l’ascoltano, di far approvare ciò che viene affermato e di stimolare nuove emozioni in chi la sente.
Essa non agisce attraverso argomenti che convincono l’intelletto, ma in maniera inconscia, rendendo nulla  la consapevolezza di chi ne subisce il fascino.
Quante volte, infatti, ci facciamo ammaliare da chi riesce a catturare la nostra attenzione con un semplice discorso… Le parole pronunciate con una grande sicurezza e molta enfasi, improvvisamente, ci appaiono piene di verità e accettiamo come vero tutto ciò che ci viene detto. Rimaniamo affascinati dalle parole utilizzate e ci convinciamo che quello che è stato detto sia giusto anche se in realtà non lo è del tutto o per niente.
La parola, tra l’altro, può essere paragonata ad una medicina. Come un farmaco può sollevare il nostro corpo ed un altro può danneggiarlo; allo stesso modo alcune parole possono dilettare l’animo ed altre affliggerlo.
È incredibile, infatti, come un litigio ci possa rattristare e demoralizzare per tutto il corso della giornata e invece una semplice parola di conforto possa rallegrarci immediatamente.

Riconosciamo, dunque, che la parola (che pare un semplicissimo mezzo di comunicazione) in realtà può nascondere una serie di inganni.

 

Francesca Mantellini

La forza “magica” delle parole

La forza magica delle parole
La forza magica delle parole

Da sempre, presso tutte le culture, chi sa ben argomentare riesce a persuadere le menti più deboli. Nell’antica Grecia questa capacità fu chiamata dialettica ed era insegnata soprattutto dai sofisti.

Uno di questi fu Gorgia, sofista originario di Lentini, allora famosissimo. Usava la sua abilità come strumento per aver sempre la meglio nelle discussioni e per confutare le affermazioni degli altri… un compito non facile, direi.

Secondo la sua teoria, parole e verità sono due concetti nettamente diversi e per questo le parole non hanno la funzione di dire la verità ma, piuttosto, di far credere agli altri, attraverso le capacità persuasive e le argomentazioni convincenti di colui che parla, che quello che egli afferma è il vero. Non aveva importanza l’argomento di cui si parlava, ma era fondamentale il modo col quale era esposto tale argomento. Gorgia si vantava, infatti, di poter parlare di qualsiasi argomento.

Grazie al suo metodo, colui che lo ascoltava rimaneva ammaliato dalle parole che udiva e come “incantato” si lasciava convincere. Le parole erano per lui un mezzo “magico” per stupire e convincere le altre persone.

Ma io, invece, sono dell’idea che ognuno abbia la propria opinione, che può essere giusta o sbagliata, e che il contenuto di un discorso sia importante tanto quanto il modo nel quale i concetti di tale discorso sono presentati: se una persona espone le sue motivazioni su un argomento in modo straordinario, ma tale argomento non è credibile, non sarà mai possibile che chi ascolta gli dia ragione.

La materia di cui si tratta deve avere almeno un minimo di credibilità e una base veritiera. Non è poi così facile far sembrare vero il falso e far credere che il vero sia falso perché ognuno di noi ha capacità di giudizio.

L’uomo senza spirito critico, pronto a sottomettersi alle convinzioni degli altri, che Gorgia usa come modello, non è la regola, ma, piuttosto, l’eccezione.

Sono solo parole?

“La parola è una gran dominatrice che, anche col più piccolo e invisibile corpo, cose profondamente divine sa compiere.”
Così scrive Gorgia, aggiungendo “si può dire che la parola sta all’anima come la medicina al corpo. Infatti, come alcuni farmachi eliminano dal corpo queste o altre indisposizioni, e certi guariscono, altri uccidono, così le parole.”
E’ davvero così? Ha realmente tutto questo potere la parola, tanto da poter essere considerata una “medicina” per l’anima?
Di certo, la parola è molto più forte e importante dell’azione, in quanto, appunto, colpisce l’anima e non il corpo. E, si sa, è molto più semplice ferire l’anima di qualcuno.
La parola è in grado di far riflettere, pensare, ragionare. Un buon discorso può cambiare radicalmente le cose.
Ne abbiamo esempio ogni giorno, dai discorsi dei politici alle semplici parole di un amico.
La magia delle parole avvolge, strega, incanta la gente; ogni parola racchiude in se’ una forza che può essere sprigionata in qualsiasi momento. E’ proprio questa forza che influisce sull’anima e che condiziona noi e il nostro essere.
Una canzone ripete “sono solo parole”, come se volesse convincerci che realmente le parole sono ciò che conta di meno, e qualsiasi cosa, anche la più semplice, è più importante.
Il problema sta nel fatto che le parole rimangono in noi per tempi lunghissimi, a volte per sempre, e raramente cicatrizzano. Restano vive, pronte a ferire o rallegrare in momenti meno opportuni.
Ma cosa saremmo noi senza la parola? Senza la possibilità di comunicare, se non a gesti?
Gorgia ha espresso in poche righe l’unica verità della parola: è una medicina. E le medicine non sempre guariscono.

La parola: strumento di persuasione?

Molti si limiterebbero a definirla semplicemente come un mezzo di comunicazione; altri come uno strumento di manifestazione della verità; altri ancora come espressione del pensiero. Ma Gorgia, sofista del VI secolo a.C., non sarebbe affatto d’accordo. Lui, che della parola è un grande esperto, afferma:

La parola è un gran dominatore che, pur dotato di corpo piccolissimo e invisibile, compie le opere più divine . Essa può far cessare il timore, togliere il dolore, dare una gioia, accrescere la compassione; sa ingannare e persuadere la mente. Chi la ascolta è invaso da un brivido, dal terrore, da una compassione che strappa le lacrime e da una struggente brama di dolore. Il fascino divino che suscita la parola è anche generatore di piacere e può liberare dal dolore. La forza dell’incantesimo, accompagnandosi all’opinione dell’anima, la seduce, persuade e trasforma per mezzo del suo incanto.

Quindi secondo Gorgia la parola è un’arma pericolosa, un’arte magica che incanta l’ascoltatore rendendolo suo schiavo; un mezzo potentissimo di persuasione, che agisce non mediante argomenti che convincono l’intelletto, ma in maniera inconscia, rendendo la consapevolezza di chi ne subisce il fascino nulla. Per lui la parola non è un mezzo di verità, cioè non serve per esprimere come stanno veramente le cose, ma è un tentativo di stimolare determinate emozioni e comportamenti: insomma è una sorta di “inganno”. E in fondo, come dargli torto? Chi non è stato mai sedotto da un discorso ben argomentato, coinvolgente, da belle parole che magari di per sé non han gran valore, ma dette nella maniera giusta sanno conquistare il tuo interesse?
Tuttavia, forse Gorgia esagera un po’, poiché crede che sia importante “solo” come si esprima un discorso e come lo si argomenti, cioè per lui il tutto assume valore rispetto alla sola abilità dell’oratore nel parlare, e non ha la ben che minima importanza il vero contenuto delle sue parole. Questo, nella realtà, non è del tutto vero, poiché per quanto un discorso possa essere affascinante, ipnotico ed elaborato, deve avere anche un minimo di credibilità per conquistare veramente. Ma comunque condivido pienamente l’idea che il linguaggio abbia una grande potenza e che debba essere maneggiato con molta cura, in quanto non è solo pericoloso per l’ascoltatore, ma anche per chi lo usa: è un’arma ingannatrice a doppio taglio.

La parola come arma

La parola, arma più pericolosa? Come affermazione pare esagerata, eppure proprio di questo era coGorgianvinto il filosofo Gorgia. Attraverso un discorso ben costruito da una persona capace, si può convincere che è giusto ciò che sembra sbagliato e che è sbagliato ciò che sembra giusto. Non ha valore il contenuto in sè, ma solo l’abilità che ciascuno di noi ha di persuadere la gente. E i più bravi in questo, sempre secondo l’opinione di Gorgia, sono i sofisti.

Però, la mia mente (come penso quella di chiunque altro) ad un’affermazione del genere si ribella. Possibile che non abbia valore ciò che diciamo, ma solo come lo diciamo? Un sofista, o chiunque sappia essere carismatico, con il suo discorso ci ha quindi in pugno, ci domina. Non nego l’importanza del saper parlare: le stesse argomentazioni presentate attraverso parole diverse possono essere più o meno convincenti e suscitare emozioni differenti in chi le ascolta. Ma da questo al dire che la sola e unica cosa che conta è il come ci si esprime, di strada ce ne vuole. Se davanti a noi c’è una persona priva di qualsiasi spirito critico, pronta a farsi soggiogare dalla magia delle parole, allora si può dire che Gorgia ha ragione. Ma la realtà è un po’ diversa. Ogni uomo ha le sue opinioni, che non possono essere annullate dall'”incantesimo” di cui secondo Gorgia potremmo essere vittime. Un uomo carismatico rende le sue argomentazioni più persuasive di un uomo che fatica ad esprimersi, può farle sembrare inconfutabili, ma se ciò che dice il primo uomo va contro la nostra morale o le nostre convinzioni non è pensabile che muteremo la nostra idea senza rifletterci. Un esempio che potrebbe appoggiare il principio e la posizione di Gorgia è quello di Hilter, che non si è imposto sulla scena politica solo con la forza: è stato eletto dal popolo tedesco. Il popolo non ha saputo vedere ciò che si nascondeva dietro le parole di Hitler e, senza porsi troppe domande, ha seguito il suo percorso; si è affidato alla magia che le sue parole sapevano provocare.
C’è una cosa però su cui mi trovo d’accordo con Gorgia: ciò che fa la differenza è la conoscenza. Se non si conosce si è più disposti a credere all’opinione altrui, che può essere ingannevole e illusoria. Invece, il “sapere” consente di farsi un’idea su una questione e di trovare delle argomentazioni per confutare il discorso persuasivo che tenta di ingannarci o per sostenere la nostra opinione.

E poi, se Gorgia fosse stato davvero così in gamba come diceva nel persuadere la gente attraverso le parole, ora io non sarei contraria a ciò che lui dice, no?