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Cloud Atlas

locandina del film


Non basta una storia ai fratelli Wachowski (resi famosi dalla saga di “Matrix“), con l’aiuto di Tom Tykwer, per realizzare il film Cloud Atlas, tratto dall’omonimo libro di David Michell. Infatti il film è un continuo intreccio tra sei storie parallele fra loro ma che avvengono in epoche storiche differenti. Ma mi domando: «Perché narrare sei storie così diverse e distanti cronologicamente fra loro?» Credo principalmente per due motivi:

  1.  Far notare allo spettatore le connessioni tra uomini e donne così distanti attraverso dei segnali monitori, come la voglia a forma di cometa che presentano i protagonisti delle sei storie e che rappresenta una sorta di trait d’union fra essi. Un altro punto che li unisce tutti è quello di aver preso decisioni molto forti ed inoltre essi sono legati da un destino comune e questo viene reso bene nel film grazie alla presenza di piccoli particolari come la cometa, gli strani bottoni di una giacca di un personaggio della prima storia, che poi vedremo nelle mani di uno dell’ultima, il disco in vinile Il sestetto dell’atlante delle nuvole, il sogno-visione che ci viene narrato da un vecchio compositore e molti altri aspetti che, secondo me, si rivelano ad ogni nuova visione del film. Inoltre anche la presenza di un continuo balzo da una storia all’altra ci permette di comprendere bene questi legami.
  2.  Far capire allo spettatore che purtroppo l’uomo difficilmente impara dalla storia infatti nell’ultima storia c’è un ritorno all’età della pietra e questa visione viene sicuramente ripresa dal pensiero di Albert Einstein che dice: «Non so come si combatterà la terza guerra mondiale, ma la quarta verrà combattuta con clava e pietre».

In conclusione posso dire che si tratta di un bel film con un numero davvero straordinario di spunti e particolari che ci tengono incollati allo schermo per riuscire a coglierli uno ad uno.

Paolo Del Duca

Il cinema in trincea

Fin dai primi anni in cui si diffuse in clima di guerra, il cinema divenne un’arma di difesa per il rafforzamento e la mobilitazione ideale del fronte interno. Gli obiettivi inizialmente non erano tanto volti a rappresentare il realismo della guerra quanto invece incitare emotivamente i soldati e quindi favorire un senso di partecipazione economica allo sforzo bellico.

La rappresentazione della prima guerra mondiale attraversò diverse fasi: in un primo momento gli operatori non ebbero accesso alle trincee, perciò la guerra appareva lontana. Nella seconda fase venne esaltato l’elemento umano, il  sacrificio e la capacità di affrontare il freddo e gli sforzi. Infine  nell’ultima fase gli operatori poterono accedere al fronte così da immortalare nel modo migliore i processi d’industrializzazione in atto nei vari paesi partecipanti al conflitto.

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