Maledetta pubblicità!

il prof. Paganini

Giornata impegnativa oggi: argomenti di rilievo da spiegare.
Comincio in quinta X dove devo spiegare la differenza tra la concezione kantiana e schopenhaueriana per quanto riguarda fenomeno e noumeno. Cerco gli esempi opportuni, richiamo le conoscenze acquisite, ma dal fondo un ritornello continua ossessivo: «Non c’è mare senza canotto, non c’è 12 senza 88!». Faccio appello alle mie migliori risorse, catturo l’attenzione degli spot-dipendenti e porto a termine la lezione.
Seconda ora in terza K. Devo spiegare la transizione, attraverso Melisso di Samo dal monismo degli eleati al pluralismo di Empedocle ed Anassagora. La lezione inizia bene: interesse e partecipazione, ma dal fondo mi giunge un ritornello martellante: «Non c’è mare senza canotto, non c’è 12 senza 88!». Faccio appello alle mie migliori risorse, improvviso uno show che neanche Beppe Grillo, coinvolgo i recalcitranti e arrivo in fondo, ma un poco cotto.
Terza ora in quarta K: lezione sul pensiero politico di Tommaso d’Aquino. Spiego con passione un argomento che mi piace; illustro la concezione tomista della legge; su richiesta di Zampara, spiego in che senso Tommaso migliori Aristotele. Ma, inesorabile, giunge dal fondo il ben noto motivo: «Non c’è mare senza canotto, non c’è 12 senza 88!». Faccio appello alle mie migliori risorse: risveglio il pathos dell’impegno etico-politico e giungo alla fine della lezione, ma ormai un po’ appannato.
Quarta ora in quinta K, altra lezione su Schopenhauer. Inizio vivace, mi sembra di esser anche più brillante che nell’altra quinta. Quasi quasi mi complimento con me stesso, quando riecco il malefico ritornello: «Non c’è mare senza canotto, non c’è 12 senza 88!». Non resisto ed esplodo cantando a mia volta: «Non c’è mare senza ombrellone, non c’è classe senza un…» Non concludo, lascio che intuiscano. Ridono e la lezione può terminare. Poi Volpini, lo spot-dipendente di turno, mi chiede con l’aria più ingenua di questo mondo: «Non c’è classe senza cosa, prof.?». «Senza un secchione, Volpini, – gli rispondo – ma non sei tu quello!»

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