Rapporto tra Natura e uomo: il mito del rinnovo

Vi siete mai chiesti quale sia l’origine dei frutti che la terra ci dona, degli alberi, dei prati e dei campi coltivati?
Sappiate che il mondo non è sempre stato così e che la Terra non ha sempre prodotto i suoi frutti, di cui noi tutti oggi viviamo.
Sappiate che, quando ancora non c’era tempo, per volere degli dèi la Terra era una solida, sterile, insipida roccia e  tutti gli uomini del tempo vivevano in un mondo tutto grigio, un immenso deserto arido.
E sappiate ancora che in quel tempo lontano in cui si svolsero i fatti di cui parleremo, gli uomini erano governati dal principe Magro, un omuncolo avido e prepotente, un prevaricatore affermato, che tutti dovevano rispettare e venerare.

Ma come, potrebbero degli uomini vivere su tale Terra?
L’interrogativo è del tutto legittimo, anzi, anche gli uomini del tempo si disperavano ponendosi la stessa domanda e chiedendosi che fine avesse fatto la Natura che li aveva circondati fin dalla loro creazione: perchè non potevano contare più sulla propria Madre?

In realtà gli uomini avevano tutti gli strumenti necessari per rispondere a se stessi, bastava che rivolgessero uno sguardo al passato per ricordarsi di come avessero mancato di rispetto e di come avessero depauperato i frutti di quella loro Madre che in quel momento tanto rimpiangevano, di come fossero diventati avidi nel progressivo sacrificio delle risorse offerte dalla Natura per assecondare i propri bisogni, senza però occuparsi di Lei e ridarle l’Amore che ricevevano: gli uomini non erano diventati altro che degli sfruttatori gratuiti, delle spietate sanguisughe.
E fu così che gli dèi distrussero tutto da un giorno all’altro, non tanto per punire gli uomini, quanto per avvertirli: in fondo, per mano degli dèi la Natura poteva essere ricreata con la stessa velocità con la quale essa era stata distrutta; ma gli uomini, come tutti sappiamo, non erano, non sono e non saranno mai degli dèi, e se avessero continuato a danneggiarla si sarebbero condannati da soli e la situazione sarebbe diventata irreversibile. Così gli dèi stabilirono che per qualche giorno gli uomini sarebbero sopravvissuti da soli, senza l’ausilio della Natura che li aveva sempre circondati e accolti, così da capire cosa significasse vivere senza.

Riguardo al principe Magro, egli era riuscito, nel marasma esasperato e confuso degli uomini disperati, ad approfittare della loro debolezza fisica e mentale dovuta alla catastrofe per imporsi loro insieme ad alcuni scagnozzi, dichiarandosi pubblicamente detentore della Verità e garante della loro sicurezza: il principe Magro aveva il dono del discorso vuoto e confuso ma efficace, sapeva far leva sull’emotività degli uomini del tempo.
E presto gli uomini cominciarono a riporre in lui le loro speranze.
Ma gli dèi avevano già previsto tutto.

Un giorno in un angolo del Mondo era nata Feconda; questa aveva dimostrato precocemente la sua personalità, una formula unica di autentica vivacità, creatività, altruismo, e riusciva a mettere passione in tutto ciò che faceva.
Feconda ai tempi della nostra vicenda era ormai cresciuta, ed era entrata nell’età in cui si preparava a diventare una giovane donna: era diventata alta e formosa, dai lunghi capelli color del fieno, e i suoi seni erano ormai visibili attraverso la veste.
Di lì a pochi giorni Feconda si sviluppò. Dovete sapere che a quei tempi le giovani donne non venivano avvisate dei cambiamenti che avrebbero coinvolto il loro corpo nel corso della loro crescita, e Feconda, spaventata da quella misteriosa e inquietante manifestazione del suo corpo, e convinta che i demoni del Male l’avessero posseduta, fuggì per proteggere la sua casa e la sua famiglia da se stessa.
Proprio quel giorno il principe Magro si aggirava nei paraggi, e appena scorse quella desiderabile fanciulla che era Feconda e ne sentì l’odore, decise che la voleva sua. La avvicinò e attirò la sua attenzione: «Ha smarrito la strada per tornare a casa, fanciulla?». Feconda non nascose né il suo spavento, né la sua sorpesa nel trovarsi davanti a quell’uomo così potente, venerato, illuminato. Subito si inchinò, e tentò di proseguire la sua strada, non sentendosi degna, considerando i suoi disagi fisici sintomi di impurità, di rivolgere la parola proprio al principe Magro. Ma questi non si fece alcuno scrupolo nel dimostrare le proprie cattive intenzioni, la trattenne e la aggredì per possederla.
Feconda non capì subito cosa stesse accadendo, provò a opporre resistenza e a sottrarsi al suo bramoso assalitore, ma gli dèi vollero che durante la folle lotta, proprio quando le pareva di essersi divincolata, Feconda perse la vita e giacque a terra, morta, col ventre squarciato dalla lama del suo assalitore.
Questi rimediò immediatamente al misfatto,  prima che passasse qualcuno scavò una nicchia nel terreno, vi depose la povera Feconda senza vita per poi ricoprirla di pietre e terra. E scappò.

Ma gli dèi avevano previsto tutto ancora una volta, e il miracolo avvenne: Feconda giaceva nel grembo della Terra e da quel corpo delicato, appena divenuto fertile, rinacque quella che noi oggi, in generale, chiamiamo Natura: dagli occhi di Feconda nacquero i semi, dalle sue labbra i frutti, dalle sue dita si generarono le radici degli alberi, dai suoi seni dei boccioli di fiori, e dai suoi capelli dorati i campi di grano; la linfa era prodotto del suo sangue versato. La Natura cresceva di nuovo rigogliosa sulla Terra, era vivace e creativa, proprio come Feconda. E il Mondo si colorò per la seconda volta.

Gli uomini del tempo erano così meravigliati da tanta improvvisa bellezza e prosperità che cominciarono a venerare la Natura come una dea, a occuparsi di Lei per la prima volta e a custodirla, in modo che Feconda potesse continuare a donare agli uomini i suoi frutti; gli uomini riconobbero nella Natura la vera ricchezza, e non badarono più al principe Magro, che riteneva tutti quei colori volgari e perversi e cercò di ribellarsi al potere universale della Natura strappando furiosamente i frutti e le erbe da terra per danneggiarla e offenderla: non poteva tollerare che per gli uomini ci fosse ora qualcosa di più importante di lui. Ma un solo uomo non poteva nulla contro tutti gli altri, che oramai avevano compreso la lezione degli dèi e difendevano, rispettavano e nutrivano con tanto amore i frutti di Feconda, capendo finalmente l’importanza di preservarla e curarla non solo per la propria generazione, ma anche per quelle future.

E ancora oggi la Natura fa parte della nostra vita, anzi, ci dà la vita, e gli alberi, i campi di grano, i fiori e i frutti in tutta la Terra discendono da quelli nati dalla morte di Feconda, che sono stati rispettati e preservati dagli uomini del suo tempo.

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