Tutti gli articoli di Federica Rubino

Glorie lombarde cinquecentesche: uscita didattica alla Milano spagnola

Una limpidissima e altrettanto rigida mattina di fine novembre ha incorniciato la nostra uscita didattica in visita alla Milano del ‘500, secolo che ha lasciato una traccia indelebile nel capoluogo lombardo, pur nascosta da un involucro napoleonico e ottocentesco.

La visita della due classi quarte è stata condotta da Leonardo Catalano, laureato in Storia dell’Arte e nostra guida.
Non è un caso che il nostro itinerario sia cominciato dal castello Sforzesco, monumento in cui convergeva il potere dei Signori di Milano e delle successive dominazioni straniere dalla caduta di Ludovico il Moro. La visita al Castello si è svolta esclusivamente negli ambienti esterni, procedendo per il lato orientale fino alla Torre del Falconiere, dalla quale Leonardo da Vinci osservava il volo degli uccelli per studiarne la dinamica e progettare i suoi modellini. All’interno del cortile, abbiamo proseguito per gli ambienti della Rocchetta e per la Corte Ducale, che si snoda attorno ad un cortile il cui sfondo architettonico è costituito dal Portico dell’Elefante, così chiamato per l’affresco che vi si conserva; il giro è terminato con l’osservazione della Torre del Filarete, restaurata da Luca Beltrami alla fine del XIX secolo.

Da piazza Castello, le due classi hanno proseguito attraverso via Dante, di epoca napoleonica, realizzata ai tempi dopo lo sventramento di numerose viuzze poste tra Piazza Castello e il Duomo. Dopo una breve permanenza nel cortile del teatro Strehler, la visita è proseguita in Piazza Mercanti.
Tra gli edifici che si affacciano sulla piazza, è il palazzo della Ragione a conservare un’importante testimonianza: sul bassorilievo di un capitello è rappresentata, infatti, una scrofa semi-lanuta, animale mitologico simbolo della Milano di epoca pre-comunale: si ritiene che il nome “Mediolanum” derivi proprio dal termine semi-lanuta.

La guida ci ha poi condotti in Piazza del Duomo, informandoci di una doppia origine della struttura delle cattedrali gotiche: da un lato c’è la tensione all’infinito, propria della concezione medioevale, che si materializza nel marmo in una struttura svettante verso il cielo; dall’altro è stato dedotto che le venature del Duomo e le numerose cuspidi dentellate rimandino all’imitazione della natura nella rappresentazione di un albero. Abbiamo poi sorpassato il Museo del ‘900 per proseguire attraverso il Palazzo Reale, fino ad arrivare alla chiesa di San Gottardo in Corte in via Pecorari, suo architetto.
Infine, presso la Pinacoteca Ambrosiana in conclusione alla visita la guida ci ha letto un passo tratto dal De Pictura Sacra di Federico Borromeo, “Del Bello”.

Svelare le vicende storiche di quei luoghi di Milano che ci sono comunemente noti ma che non guardiamo mai per quelli che sono permette di poterli osservare come se fosse la prima volta: è interessante scoprire i volti diversi che il capoluogo lombardo ha assunto nei secoli e guardare oltre la forma di mercato finanziario e capitale della moda che ha assunto oggi. Una visita che consiglierei anche al di fuori dell’orario didattico.

L’esperienza dell’autogestione al Calvino

Non ci avrebbe creduto nessuno: erano passati troppi anni dall’ultima “autogestione” nell’Istituto Calvino di Rozzano e prendere sul serio un’iniziativa del genere, organizzata in modo apparentemente approssimativo, sarebbe stata solo una perdita di tempo. Eppure è accaduto.
La scarsa fiducia dilagante tra i docenti e il preside nei confronti degli studenti era giustificata da numerosi fattori, in primis la superficialità con cui inizialmente noi ragazzi ci siamo approcciati ad un simile progetto: quella di “autogestirci” , d’altronde, era una scelta estrema rispetto ad altre eventuali forme di protesta previste dal nostro Regolamento d’Istituto.
La questione è proprio questa: la nostra “autogestione” o “giornata alternativa” non è nata dalla protesta né dal bisogno di parlare di attualità, e non ha mai preteso di farlo; l’urgenza di organizzare una giornata alternativa non c’era (almeno per la maggioranza degli studenti) per cercare dell’altro al di fuori del programma curricolare o al di fuori di ciò che già fa parte della nostra vita: facendo un’autocritica, infatti, le attività “alternative” che abbiamo scelto erano nella maggioranza dei casi (ma non sempre) attività che svolgiamo già nella nostra vita di tutti i giorni, per esempio i tornei sportivi.

Ma allora perché tutto questo? Qual è il perché della tenacia con cui alcuni ragazzi sono arrivati fino in fondo a questo progetto, nonostante mancasse loro l’appoggio da parte del corpo docenti e soprattutto dalla stragrande maggioranza degli studenti?
L’autogestione, comunemente parlando, è in sé un mezzo, non un punto di arrivo; nel caso del nostro istituto è addirittura un punto di partenza: prima ancora di una protesta del corpo studenti, dobbiamo renderci consapevoli che siamo un corpo studenti. Ciò vuol dire prenderci sul serio l’un l’altro e realizzare che siamo parte dello stesso istituto, della stessa macchina studentesca.

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La scelta di non essere ignoranti

Di norma nel percorso scolastico di ognuno di noi, dal punto di vista didattico, si dimenticano inevitabilmente diversi degli argomenti studiati e previsti dai programmi; tuttavia, per fortuna mi verrebbe da dire, ci sono certi passi, certi concetti, certi personaggi che per un motivo o per l’altro attirano la nostra attenzione, si insinuano e si imprimono nella nostra memoria: principalmente capita, almeno secondo la mia esperienza personale, con ciò che riporta l’attenzione sulla propria vita e che spesso la fa osservare da un’angolazione diversa rispetto a quella da cui eravamo soliti osservarla.

Certamente un personaggio affascinante e, azzarderei, molto moderno come Socrate non può passare inosservato: mentre scrivo quasi temo di definirlo, rinchiuderlo in un’etichetta, come molti suoi contemporanei facevano…”Socrate, l’uomo più sapiente di Atene!” oppure “Socrate, il corruttore di giovani!”.
Ciò che ho assorbito maggiormente del pensiero socratico riguarda la sua concezione della filosofia come attività profondamente congiunta con la vita, quindi il non limitarsi alla ricerca teorica e razionale della verità, ma anche all’azione che ne deriva nella vita quotidiana.

Riguardo alla componente della ricerca teorica, essa può avvenire se si presuppone di essere in uno stato di ignoranza: d’altra parte non si può riempire qualcosa di già pieno, esso va svuotato e posto in uno stato di squilibrio per poter cogliere aspetti che nella (falsa) certezza e nella stabilità non si percepiscono. Da qui deriva la tecnica socratica della confutazione, con la quale il filosofo tormentava i cittadini di Atene: il demolire sistematicamente certi principi generali secondo i quali comunemente le persone agiscono, spesso senza neanche essersi interrogati a fondo su tali idee. Nell’Apologia di Socrate Platone riporta la critica del filosofo rivolta ai suoi contemporanei, che sono convinti di sapere (quando, in realtà, così non è neanche nell’ambito limitato delle loro professioni e abilità) ma agiscono inconsapevolmente, e quindi nel male.

Relativamente all’azione, Socrate sapeva che mettendo in causa le opinioni teoriche, anche la condotta di vita deve essere rivalutata e sottoposta ad esame, non per niente molti suoi contemporanei hanno cercato di eliminarlo (e alla fine ci sono anche riusciti). Essi peccavano di superbia, tracotanza, un concetto che i greci chiamavano hybris, cioè quella dannosa presunzione che Socrate tanto criticava: egli sapeva che nel suo non-sapere, solo chi si riconosce ignorante è in condizione di imparare, come precedentemente detto.
Ma a livello pratico, cosa significa agire? Agire significa “compiere delle scelte”.

Ecco, il punto è esattamente questo: avendo capito che la ricerca interiore si sovrappone alla vita fino a coincidervi, e che dalla ricerca razionale interiore si sviluppano delle idee, conseguentemente queste idee devono avere un peso sul nostro agire, e quindi su ogni singola scelta della nostra vita.

Noi non ce ne accorgiamo neanche, ma quotidianamente compiamo una serie di scelte, nella maggior parte delle volte inconsapevolmente, che non solo condizionano la nostra vita, ma anche quella degli altri, anche se apparentemente non sembrerebbe: cosa mangiamo, cosa compriamo, cosa guardiamo in televisione, che giornale acquistiamo sono tutte scelte che molti di noi fanno senza la giusta consapevolezza di che cosa c’è dietro a ciò che accogliamo nella nostra vita e alle quali ci conformiamo prima con l’atteggiamento e poi con altri tipi di scelte, come quelle politiche. Senza saperlo, quindi per pura ignoranza, noi compiamo delle scelte politiche ogni giorno e purtroppo anche il non fare niente e l’indifferenza sono delle scelte politiche, il cui peso non sembra caderci addosso, quando in realtà così non è, perché, in fondo, viviamo tutti nella stessa società e, metaforicamente parlando, “siamo tutti sulla stessa barca”.
Il nodo della questione, che riporta immediatamente al pensiero socratico, è la mancanza di consapevolezza: da una scelta inconsapevole, che per molti neanche tale può sembrare, ma solo un atteggiamento “conforme” e “normale” nella nostra società, non può che sfociare qualcosa di dannoso. Purtroppo noi uomini siamo egoisti e spesso se non sentiamo direttamente sulla nostra pelle il male che provochiamo non ci poniamo neanche il problema: ma se rincorriamo tanto la felicità, dobbiamo capire che è la scelta consapevole che ci rende non solo uomini, ma anche cittadini e membri di una comunità attivi, e non passivi (sinonimo di “ignoranti”). Ognuno di noi dovrebbe avere il coraggio di ammettere la propria ignoranza, alzare lo sguardo, ricercare e osservare la realtà che ci circonda, il sistema in cui siamo inseriti, e prenderne atto, per poi misurare le nostre scelte alla realtà.

Io credo che in troppi siamo naturalmente inclini alla non-osservazione, al non-ascolto, all’ignoranza, perché pensiamo di non averne bisogno, di avere già fin troppi problemi, di “farci gli affari nostri” e ci accontentiamo, ci lasciamo trasportare, viviamo nel buio della massa e non ci rendiamo conto che le scelte che non compiamo noi le compirà qualcun altro al nostro posto, e a quel punto magari borbotteremo per un po’, ma poi ci adegueremo di nuovo alla nostra vita di sempre, ricadendo del vortice della passività.
Ma è solo con l’osservazione e la riflessione che possiamo elaborare una consapevolezza, e quindi compiere delle scelte consapevoli, che giuste o sbagliate esse siano. Dobbiamo avere il coraggio di ammettere la nostra superbia, abbatterla e capire che con la consapevolezza e con la ricerca ci è possibile compiere delle scelte dignitose e produttive, inclini verso il bene comune, e non quello, fasullo, del singolo.

Ma anche la consapevolezza è una scelta: la consapevolezza espone l’uomo a delle libertà che spesso non sapeva di avere e che forse non vorrebbe neanche avere, per quanto difficili sono le scelte che ne conseguono. Ma ecco, la parola chiave forse è proprio “libertà”: sono la conoscenza, il sapere, la consapevolezza che ci rendono veramente liberi, non le sicurezze fasulle che ci trasmette il sistema in cui viviamo, che, politicamente parlando, sia democratico o meno.
Scegliere di voler diventare consapevoli è un atto di coraggio e pone l’uomo nel mezzo di un percorso, il percorso della ricerca, della libertà e della scelta che porta al bene.

Rapporto tra Natura e uomo: il mito del rinnovo

Vi siete mai chiesti quale sia l’origine dei frutti che la terra ci dona, degli alberi, dei prati e dei campi coltivati?
Sappiate che il mondo non è sempre stato così e che la Terra non ha sempre prodotto i suoi frutti, di cui noi tutti oggi viviamo.
Sappiate che, quando ancora non c’era tempo, per volere degli dèi la Terra era una solida, sterile, insipida roccia e  tutti gli uomini del tempo vivevano in un mondo tutto grigio, un immenso deserto arido.
E sappiate ancora che in quel tempo lontano in cui si svolsero i fatti di cui parleremo, gli uomini erano governati dal principe Magro, un omuncolo avido e prepotente, un prevaricatore affermato, che tutti dovevano rispettare e venerare. Continua la lettura di Rapporto tra Natura e uomo: il mito del rinnovo