pensieri una domenica sera, in un call center

Sono le 22.18 qui a Basiglio; mi trovo in questo ufficio al buio, senza niente da fare, senza nemmeno chiamate: chi diavolo può chiamare la domenica sera per un ecopass? Persino i soliti maniaci, quelli che ti chiedono come sei vestita o ti chiedono di spogliarti, anche stasera hanno di meglio da fare evidentemente.
Ed è in sere come queste, dove per quattro ore non hai niente da fare, e la prospettiva non migliora quando tornerai a casa, dove ti aspetta il solito letto, in cui ti alzerai il solito giorno dopo per andare nella solita università a seguire le solite lezioni. E dopo aver fatto questo, torni a casa per andare al solito lavoro, dove ti aspettano le solite persone, le solite telefonate di persone incazzate che ti urlano la loro frustrazione con la scusa di un ecopass non attivato.
E la vita procede così, senza “scossoni” degni di nota, senza qualcosa di nuovo all’orizzonte e purtroppo senza nemmeno rendersene conto, a volte.
Sono stanco di questa maledetta routine: è vero, sto sopravvivendo in questo call center da ottobre, ben sei mesi, solo per pagarmi la scuola di teatro e gli studi per quello che posso.
Ma io non sono mai stato una persona statica; ho sempre voluto movimento e ho sempre odiato la staticità. Non posso andare avanti così, io non ce la faccio più.
Avete mai avuto quella strana sensazione per cui sentite di non servire assolutamente a nulla?
Comincio a sentire questa sensazione e la voglia di fuga che ne scaturisce, solo per dare un senso alla mia vita…
Credo che sia per questo che ho deciso che a settembre mi trasferirò molto lontano da qui. Il sogno nemmeno tanto utopia si chiama Tibet; ho deciso che andrò a vivere lì, lontano da questo paese che non ritengo nemmeno più mio.
Perché il Tibet? Perché non solo è un paese meraviglioso che merita di essere vissuto, ma perché per una volta tanto voglio rendermi utile, voglio andare a dare un aiuto a chi ne ha bisogno e lo merita.
Il mio progetto sarebbe di vivere almeno per un paio di anni in Tibet, in cui sistemarmi stabilmente e sperare di dare un senso alla mia vita; se questo non sarà possibile certamente tornerò prima, ma non è questo che mi auguro.
Siete liberi di pensare che sono un pazzo, che non possiedo il senso della realtà; io non ve ne faccio una colpa. Ma sono comunque convinto che un’esperienza come questa, che duri due settimane o due anni mi cambierà la vita per sempre.
Buonanotte a tutti e scusate il fastidio…

Valentino

2 commenti su “pensieri una domenica sera, in un call center”

  1. Prof, mi spiace ma qui non ho più motivo di restare.
    Non è una questione di meriti o demeriti: io qui non ho più niente per cui rimanere…

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