la ricerca scientifica ed un paese normale

In questi giorni su Repubblica si raccolgono le testimonianze dei “cervelli in fuga” italiani (link), si tratta di un fenomeno di proporzioni inaudite rispetto agli altri stati europei. Se ne discute anche sul blog della rivista ‘Le Scienze’, dove uno dei giornalisti (Marco Cattaneo) ha scritto un pezzo, a mio parere, bellissimo su cosa intenda per paese normale. Lo riporto in basso.
Speriamo che quando i nostri studenti saranno più grandi le cose siano cambiate e non siano costretti ad andar via come questi giovani ricercatori. saluti, etufino

“A volte sogno un paese che funziona.
Un paese in cui i politici pensano ai cittadini come ai loro datori di lavoro. E chiedono scusa quando sbagliano. E se ne vanno, quando perdono. Mi è capitato di vedere Chirac rientrare all’Eliseo su un’auto privata. Mi è capitato di sentire che Kohl, l’uomo che ha unificato la Germania, veniva espulso dal partito per un finanziamento illecito.
Sogno un paese in cui un cittadino che chiede giustizia riesce ad averla, non dico in una settimana, all’inglese, ma in un anno. Ti pare poco un anno? Trecentosessantacinque giorni per il signor Scafidi potrebbero essere molti, anche troppi, per scoprire perché suo figlio è morto per andare a scuola.
Sogno un paese in cui le mamme portano i bambini a scuola con la bicicletta, non con il cayenne. E quando ci vanno con il cayenne non lo abbandonano in mezzo alla strada perché tanto chissenefrega se l’autobus non ci passa.
Sogno un paese in cui nessuno, dico nessuno, ha il fegato di dire che non ha corrotto un giudice, ha solo evaso le tasse. Mi capita persino di sognare un paese in cui la gente le paga, le tasse. Tutta.
E a volte sogno pure un paese in cui nessuno pensa che la camorra è meglio dello Stato. E men che meno lo dice.
Sogno un paese che ha il più alto numero di medici rapportato al numero di cittadini, si chiama Italia. E non devi aspettare otto mesi per fare una mammografia.
Sogno che le cliniche private, le scuole private, le aziende private non prendono sovvenzioni dallo Stato. É il mercato, baby
Sogno un paese in cui l’ora di religione è l’ora di storia delle religioni. Immagino che qualcuno si offenderà, ma pazienza. Ci sono anche gli altri.
Sogno un paese che produce da sé l’energia che consuma, che ricicla la spazzatura e non butta i frigoriferi in mezzo alla strada.
Proprio l’altra sera ho visto due tizi che lasciavano una lavatrice sul marciapiede. Ma non potevano essere arrestati. Siamo a Roma. Sogno anche un paese in cui la legge è uguale per tutti. così come le lavatrici sono uguali per tutti.
Mi sogno, certe notti, un paese in cui alla tv non fanno un programma che si chiama “Raccomandati”. Perché essere raccomandati non è da furbi, è da s****zi. E io, francamente, non me ne vanterei.
Sogno un paese in cui i figli dei medici fanno gli avvocati. E i figli degli avvocati i medici. Ma perché non gli idraulici?
Sogno un paese in cui un professore universitario deve assumere un giovane ricercatore e pubblica un’inserzione come quelle che leggi su Nature, o su New Scientist. Si vedono i curriculum e “porca miseria, ma questo è bravo!”. Contratto, studiolo, fondi per la ricerca. Succede, su Marte, appena di là dalle Alpi.
Sogno un paese che va al G8 non per rappresentare il vecchio che avanza, ma perché se lo merita. Una volta il G7 e il G8 erano i gruppi dei paesi più industrializzati. Ma allora oggi noi lì che ci facciamo? Il termine di paragone al ribasso?
Faccio un sacco di sogni, io, certi giorni. Mi capita di intravedere un paese in cui il presidente del consiglio (e finitela di chiamarlo premier, che è anche più patetico) ha 48 anni. E i ministri giù di lì.
Sogno che vado a votare e scelgo io per chi voto, non loro. Perché così è capace anche Mugabe.
Sogno davvero un sacco di cose. Troppe, a dire la verità. Perché sogno persino che i cittadini – che hanno la loro parte di responsabilità in questo sfascio – pensino che le cose pubbliche sono un po’ anche loro, e meritano rispetto.
Sogno che nessuno, dico nessuno, affitta due locali a otto extracomunitari a cinquecento euro ciascuno, per poi andare in piazza a lamentarsi degli immigrati.
Sogno che il sabato pomeriggio le discoteche sono un po’ più vuote, e le librerie piene fino a traboccare.
Sogno un paese in cui tanti bei signori di ottantacinque anni si occupano febbrilmente del Natale dei loro nipoti. Perché loro ormai sono già stati “la classe dirigente”. E i risultati si vedono.
Sogno un posto in cui la gente compra il giornale e lo legge. In cui quelli che dicono “no, io non leggo” vengono guardati con sufficienza. Non viceversa.”

12 commenti su “la ricerca scientifica ed un paese normale”

  1. Purtroppo per la realizzazione di questo paese considerato normale ci vuole molto tempo. Per il momento la gente non è ancora totalmente responsabile di quello che fa, e non credo che lo sarà mai.

  2. Concordo con Marco e Andrea ma piuttosto che spettacolare e il migliore, io direi che è il post che esprime al miglior modo quello che una parte di noi pensa ma non riesce a dire.

  3. Bellissimo.
    Proprio come hanno detto gli altri: è quello che molti pensano e pochi riescono a dire. Spero che tutti noi riusciamo a fare qualcosa per rendere reali questi sogni.

  4. E’ consolante vedere che le parole e le idee hanno ancora presa sui giovani.
    Alcune delle cose che Cattaneo dice di sognare sono la prassi in altri Paesi.
    Come è che in Italia invece non è così?
    Condividere questi sogni solo ad un livello teorico purtroppo non è sufficiente.
    Occorre che i comportamenti “virtuosi” diventino una seconda natura di ciascuno di noi,
    capire che in fondo, se si guarda bene, sono quelli più convenienti per una sana e civile convivenza umana.
    Bisogna avere la forza e l’intelligenza per capirlo e diffidare da quelli che invece ci propongono il modello
    del “furbo e vincente”. Può sembrare poco, ma in realtà è moltissimo, forse tutto. Se in ogni momento della
    nostra vita quotidiana si agisse così si vivrebbe nel migliore dei mondi possibili.

  5. Sono d’accordissimo, ma per quanto riguarda il fenomeno dei “cervelli in fuga” non posso che capire queste giovani menti che vedono il loro lavoro, utile a tutti noi, più lautamente ricompensato all’estero che nel nostro paese, dove, come è stato giustamente espresso dall’articolo soprastante, si conta ancora troppo poco sui giovani.

  6. E’ bellissimo vedere questo sacrosanto entusiasmo per l’articolo di Cattaneo, che condivido punto per punto.
    Dato che alcuni dei sogni non sono purtroppo realizzabili solo in dipendenza della nostra volontà e delle nostre azioni, mentre parecchi altri sì, provo a chiedere provocatoriamente alcune cose agli autori dei commenti:
    a) ciascuno di noi fa un uso corretto dei mezzi di trasporto privati, usa la bici, evita di piantare la macchina in mezzo ai piedi quando va in giro con gli amici o con la tipa?
    b) se qualcuno di noi ha i genitori che fanno gli artigiani (elettricisti, idraulici etc.) o i professionisti (medici, avvocati etc.), ci siamo sincerati che le loro dichiarazioni dei redditi siano al 100% veritiere? e in caso contrario, ci siamo scontrati con loro a causa di questa grave frode?
    c) curiamo personalmente che a casa nostra e nella nostra scuola venga puntualmente fatta la raccolta differenziata dei rifiuti?
    d) abbiamo il massimo rispetto per la cosa pubblica? le strutture scolastiche, i mezzi pubblici, i parchi, le biblioteche… le trattiamo con somma cura, come e meglio del modo in cui gestiamo le nostre cose più care?
    e) passiamo più tempo nelle librerie e nelle biblio, piuttosto che nelle discoteche?
    f) leggiamo quotidianamente il giornale (magari meglio se più d’uno, in modo da raccogliere anche valutazioni diverse dalle nostre, e abituarci a rispettare anche chi dissente dalle nostre opinioni)?
    Se siamo in grado di rispondere SI’ ad almeno 4 di queste 6 domande, c’è la fondata ragione di pensare che riusciremo a migliorare concretamente la nostra società, e in tempi neanche troppo lunghi. Se non è così, non siamo purtroppo dissimili da una classe politica che da 30 anni fa più chiacchiere che fatti…

  7. Hai ragione Davide..siamo tutti bravi a parlare,ma non ha mettere in atto ciò che diciamo e ciò in cui crediamo;come dice un famoso proverbio “predichiamo bene,ma razzoliamo male”.

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