PRESIDE O SINDACO? TUTT’E DUE!

pita spesso che genitori, colleghi e studenti beneauguranti mi esternino anticipatamente il loro dispiacere, perché la mia elezione a Sindaco comporterebbe secondo loro il mio abbandono della presidenza del “Calvino”.

Desidero smentire questa ipotesi, contro la quale militano svariate argomentazioni.

In primo luogo, non intendo affatto privarmi del piacere di lavorare nella mia scuola: “mia” non perché io ne sia il proprietario, ma perché le ho dedicato tutto il mio impegno e la mia passione, ricercando pazientemente e costantemente la migliore interpretazione possibile del delicatissimo ruolo che deve ricoprire il preside di una scuola superiore collocata a Rozzano: la cui missione è quella di rispondere contemporaneamente a bisogni di inclusione sociale e a esigenze di crescita culturale della comunità cittadina. Scuola che accoglie ma scuola seria e impegnativa: un’equazione un po’ difficile da risolvere. Non ho la presunzione di essere l’unico a poter fare questo lavoro, ma penso di non doverlo, per ora, abbandonare.

In secondo luogo, in questi otto anni di lavoro ho cercato sempre di fare gioco di squadra, sia perché questo è l’unico modo per gestire con efficienza realtà complesse, sia perché sono convinto che il fine ultimo di un preside debba essere quello di far sì che la scuola sappia camminare sulle proprie gambe e sopravviva anche senza di lui. I risultati di questo lavoro oggi si vedono: c’è uno staff di collaboratori che lavora con me in perfetta sintonia, ci sono organi collegiali che lavorano in armonia ed esprimono un buon grado di efficienza, ci sono relazioni sindacali corrette con una chiara distinzione dei ruoli e delle resonsabilità, c’è un’amministrazione che da anni lavora con procedure certificate, godendo di autonomia e beneficiando di una direzione amministrativa di alto livello professionale.

Pur non essendo particolarmente modesto, non mi ritengo un uomo della Provvidenza e mi ispiro sempre alla finalità dell’educatore, il cui fine ultimo è far sì che la persona in formazione possa a un certo punto fare a meno di lui.

Terzo punto: se Rozzano mi vorrà sindaco, intendo adottare lo stesso criterio. Il governo di una città è incomparabilmente più articolato e somplesso rispetto alla gestione di una scuola, ma il metodo deve essere lo stesso: non serve un uomo solo al comando, ma una squadra di governo (la giunta comunale) i cui membri adottino le loro autonome determinazioni in sintonia con il “capo” e soprattutto con gli indirizzi espressi dal consiglio comunale. E la struttura amministrativa, la “macchina”, deve recuperare autonomia e soprattutto responsabilità, avere uno spazio suo, ben distinto dalla politica.

Quarto: ci sono sindaci, anche di città non secondarie, che sono contemporaneamente deputati: non so se il paragone calzi perfettamente, ma se ci riesce un onorevole ad amministrare il comune stando a Roma tutte le settimane, non vedo perché non dovrebbe riuscirci il preside di una scuola che sta nella stessa sede.

Infine, ciò che più conta è il piacere di stare a scuola, di cui non voglio privarmi. Stare fra i giovani e lavorare per loro è la mia vita: a questo (e allo stipendio) rinuncerei solo se vedessi che il progetto che ho descritto è troppo difficile da realizzare. Ma sono convinto che non sia così.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *