25 aprile

Ho comprato tempo fa un CD di Sergio Endrigo perchè conteneva delle canzoni per bambini ( Ci vuole un fiore, La casa, Il pappagallo ecc.) Ai miei figli piaceva anche un’altra canzone contenuta nel CD, La ballata dell’ex. E’ una canzone scritta nei primi anni 60 e l’ex del titolo è un ex partigiano. A loro piaceva per il ritmo orecchiabile. Io che non la conoscevo fui colpito dalla semplicità e veridicità del testo. E’ la storia di un partigiano che alla fine della guerra scende giù dai monti, va a riconsegnare l’artiglieria che “ormai non serve più” presto “un mondo tutto nuovo sorgerà, per tutti l’uguaglianza e la libertà“, tranne poi scoprire che le cose non sono poi così cambiate, il maresciallo dei carabinieri gli chiede “come è andata quella sera che son partiti il conte e il podestà e chi li ha fatti fuori non si sa” e poi conclude amaramente che “vent’anni son passati e il nemico è sempre là ma i tuoi compagni ormai non ci son più, son tutti al ministero o all’aldilà“.

Mi è tornata in mente in questa vigilia di Festa della Liberazione. E’ la trasparente rivendicazione della lotta all’oppressore nazifascista e persino dell’omicidio quale inevitabile conseguenza della lotta armata. Ma quelli che “son tutti al ministero“ hanno permesso il riciclaggio di vecchi arnesi protagonisti o silenti complici della dittatura fascista. In cambio hanno potuto sfruttare il logo “Resistenza”, edulcorando la guerra partigiana dagli aspetti più truci per renderla più spendibile in chiave elettorale. Adesso però dovranno fare i conti con il fuoriclasse della pubblicità che si prepara a lanciare il nuovo format “Festa della Libertà”. Il momento è propizio, i libri di Pansa furoreggiano, si preparano disegni di legge(il 1360) che equiparano i partigiani ai repubblichini, tra le suonerie dei telefonini più gettonate c’è Faccetta Nera.

Qualche anno fa un anziano valtellinese mi raccontò una storia che in mano a Pansa sarebbe diventata un’altra bomba contro la resistenza partigiana. Eredità contesa tra 2 cugini, una mucca. Se la prese quello ammanicato col fascismo. Dopo l’8 settembre, l’altro cugino, quello che me l’ha raccontata, si è unito ai partigiani, ha tirato una palla in testa al fascista e si è ripreso la mucca. La resistenza in vacca? E’ quello che vorrebbero quanti rivendicano il nobile fine di dare voce agli sconfitti ma in realtà mirano a revisionare la storia minimizzando le atrocità del fascismo e buttando fango su quanti ad esso si sono opposti. La colpa di quelli che “son tutti al ministero” è stata di non rivendicare la violenza necessaria in una guerra, facendo anche i conti con i conosciuti episodi di efferatezze non necessarie. Purtroppo nel dopoguerra italiano non c’è stata una Commissione per la verità e la riconciliazione come nel Sudafrica del dopo aphartaid. E la comoda, tattica reticenza della sinistra ha permesso agli eredi politici degli oppressori di atteggiarsi a vittime. Ora ci toccherà una Commissione per la Verità e la Riconciliazione formata da Berlusconi, Dell’Utri, Gasparri, La Russa, A. Mussolini. Garante dell’imparzialità dei lavori uno a scelta tra Fede e Vespa.

Parole lucidissime su Resistenza e Repubblica di Salò le ha scritte l’uomo a cui è intitolato il vostro liceo.

“Dietro il milite delle Brigate nere più onesto, più in buonafede, più idealista, c’erano i rastrellamenti, le operazioni di sterminio, le camere di tortura, le deportazioni e l’Olocausto; dietro il partigiano più ignaro, più ladro, più spietato, c’era la lotta per una società pacifica e democratica, ragionevolmente giusta, se non proprio giusta in senso assoluto, ché di queste non ce ne sono.”

5 commenti su “25 aprile”

  1. Colgo l’occasione offertami da “over 50” per dedicare ai pochi rimasti degli allora ventenni un bellissimo testo di Calvino, nato ovviamente dall’esperienza di Cantacronache, che ricorda la sua militanza nella Resistenza e la necessità di tramandare alle future generazioni i valori che stavano alla base di quella scelta. A mio padre e a tutti loro un grazie di cuore, per aver sacrificato la vita e la gioventù in nome della libertà .

    OLTRE IL PONTE
    (con un arrangiamento musicale ispirato alla musica originale di Sergio Liberovici e al tradizionale irlandese “The Blacksmith”)

    O ragazza dalle guance di pesca,
    O ragazza dalle guance d’aurora,
    Io spero che a narrarti riesca
    La mia vita all’età che tu hai ora.
    Coprifuoco: la truppa tedesca
    La città dominava. Siam pronti.
    Chi non vuole chinare la testa
    Con noi prenda la strada dei monti.

    Silenziosi sugli aghi di pino,
    Su spinosi ricci di castagna,
    Una squadra nel buio mattino
    Discendeva l’oscura montagna.
    La speranza era nostra compagna
    Ad assaltar caposaldi nemici
    Conquistandoci l’armi in battaglia
    Scalzi e laceri eppure felici.
    Avevamo vent’anni e oltre il ponte
    Oltre il ponte che è in mano nemica
    Vedevam l’altra riva, la vita,
    Tutto il bene del mondo oltre il ponte.
    Tutto il male avevamo di fronte,
    Tutto il bene avevamo nel cuore,
    A vent’anni la vita è oltre il ponte,
    Oltre il fuoco comincia l’amore.

    Non è detto che fossimo santi,
    L’eroismo non è sovrumano,
    Corri, abbassati, dài, balza avanti,
    Ogni passo che fai non è vano.
    Vedevamo a portata di mano,
    Dietro il tronco, il cespuglio, il canneto,
    L’avvenire d’un mondo più umano
    E più giusto, più libero e lieto.

    Avevamo vent’anni e oltre il ponte
    Oltre il ponte che è in mano nemica
    Vedevam l’altra riva, la vita,
    Tutto il bene del mondo oltre il ponte.
    Tutto il male avevamo di fronte,
    Tutto il bene avevamo nel cuore,
    A vent’anni la vita è oltre il ponte,
    Oltre il fuoco comincia l’amore.
    Ormai tutti han famiglia, hanno figli,
    Che non sanno la storia di ieri.
    lo son solo e passeggio tra i tigli
    Con te, cara, che allora non c’eri.
    E vorrei che quei nostri pensieri,
    Quelle nostre speranze d’allora,
    Rivivessero in quel che tu speri,
    O ragazza color dell’aurora.

    Avevamo vent’anni e oltre il ponte
    Oltre il ponte che è in mano nemica
    Vedevam l’altra riva, la vita,
    Tutto il bene del mondo oltre il ponte.
    Tutto il male avevamo di fronte,
    Tutto il bene avevamo nel cuore,
    A vent’anni la vita è oltre il ponte,
    Oltre il fuoco comincia l’amore .

  2. Non bisogna onorare chicchessia solo perchè è morto. I repubblichini hanno dato la vita per qualcosa di sbagliato, e francamente non mi interessa se l’abbiano fatto più o meno in buona fede. I partigiani avranno anche fatto i loro errori, ma è grazie a loro che siamo liberi.
    Non accetterò mai, nel mio piccolo, che siano messi sullo stesso piano: è una follia. E’ un voler cancellare un capitolo della nostra storia, appiattirlo, edulcorarlo. Spesso sembra che ci si dimentichi di cosa hanno fatto i fascisti.
    (pensare, però, che a quanto pare Mussolini non ha mai influito – almeno formalmente – sulla giustizia e sulla magistratura… i bei tempi andati, almeno prima ti schiacciavano cercando di nasconderlo. Ora lo fanno davanti a tutti e pretendono anche l’applauso.)

  3. XXV APRILE

    Propongo di sottrarci, per una volta, al particulare delle nostre modeste vicende locali per abbracciare un tema più generale, cioè la capacità della nostra Nazione di esprimere, al di là della fisiologica differenziazione delle posizioni politiche, una fondamentale concordia sulle matrici comuni e sulle tappe fondamentali della nostra storia recente.
    Una di queste è indubbiamente la ricorrenza del XXV aprile, che ha finora rappresentato non un momento di coesione, ma di divisione: fatto comprensibile fino a non molti anni fa, se si considera la durezza e la radicalità delle contrapposizioni fra le opposte parti in conflitto.
    É inevitabile che, in quel contesto, sul generale senso di pietà e per i caduti e di umana comprensione per i vinti, prevalessero lo spirito di parte e la volontà di distinguere nettamente e (sia chiaro) giustamente le scelte fatte dai giovani di allora, costretti a schierarsi per l’una o per l’altra delle parti in conflitto: parte di loro scelse la Resistenza e si diede alla macchia; l’altre parte, invece, animata da ingenuo idealismo e da un erronea interpretazione dell’interesse e dell’onore nazionale o costrettavi dalla minaccia delle rappresaglie, si arruolò sotto le bandiere della Repubblica Sociale Italiana.
    Oggi è del tutto chiaro chi aveva ragione e chi aveva torto; chi ha fatto la scelta giusta, chi quella sbagliata.
    Fermo restando questo ineccepibile giudizio storico, è però giusto ricordare che comunque quelle scelte furono fatte da ragazzi di vent’anni, spesso travolti dagli eventi, condizionati da minacce e coercizioni, quasi sempre privi di una lucida coscienza politica, quasi impossibile a formarsi in un ventennio di dittatura.
    Pensando a quegli anni, udendo le testimonianze dei miei familiari e studiando la storia convulsa di quel periodo, mi sono chiesto spesso che cosa avrei fatto io, se posto di fronte a quelle drammatiche alternative.
    Se dovessi farlo ora, forte della mia esperienza di vita ed avendo buona parte della mia esistenza dietro le spalle, penso che avrei il coraggio di dire il mio “no” e di contrappormi a un potere che affonda le sue radici nella forza e non nella libera espressione del consenso: ma non sono altrettanto certo che avrei saputo farlo a vent’anni, appena uscito dall’adolescenza, violentemente gettato nella mischia e forzosamente costretto a schierarmi.
    Sinceramente non so che cosa avrei fatto: e temo fortemente che il fatto di trovarsi dalla parte “giusta” o da quella “sbagliata” sia stato per molti giovani di allora frutto del caso, delle circostanze soggettive e non solo di una scelta politica consapevole.
    É questa la ragione per cui mi sono sempre augurato che – a distanza di più di sessant’anni, dopo la scomparsa della gran parte dei reduci degli eserciti contrapposti che militarono allora – tutta la Comunità Nazionale si raccogliesse nel suffragio e nel ricordo: della Liberazione di allora (che, ricordiamolo, fu innanzitutto liberazione dalla guerra, fine di quella orrenda e interminabile strage di soldati e di popolazione civile), del giusto orgoglio di quelli che contribuirono in armi al riscatto della Nazione, ma anche del sacrificio di coloro che, inconsapevoli o costretti, sacrificarono la vita per una causa sbagliata; e anche di coloro che, nei mesi successivi alla Liberazione, caddero vittime di vendette private e personali o di atti di delinquenza comune.
    Lo scorso anno, quando espressi questo mio sentimento sul blog dell’Istituto “Calvino”, subìi i rimproveri di coloro che rimanevano affezionati a una diversa idea del XXV aprile: ma oggi che le massime cariche dello Stato hanno espresso (molto meglio di me) le stesse idee, mi sento di riproporre questo mio punto di vista.
    Esprimo dunque l’auspicio che il XXV aprile sia d’ora in avanti l’occasione per ricordare la gioia che travolse i cuori della nostra gente quando finì la guerra e fu finalmente sconfitto il nazifascismo e per commemorare coloro che caddero vittime in quel conflitto, dall’una e dall’altra parte, giusta o sbagliata che fosse: ferme restando le responsabilità storiche delle ideologie aberranti che avevano provocato quella immane strage di innocenti.

  4. Il 15 dicembre 2008 alcuni ex deportati, partigiani, studiosi che si occupano di ricerche storiche sulle attività nazifasciste a Milano, hanno avviato una raccolta firme a sostegno di una petizione indirizzata al Presidente del Consiglio Comunale di Milano.

    “Al Presidente del Consiglio Comunale di Milano Manfredi Palmeri
    Gentile Presidente,
    nella nostra città, insignita della Medaglia d’Oro della Resistenza, esistono luoghi completamente rimossi dalla memoria collettiva nei quali si sono svolte importanti e drammatiche pagine di storia. Uno di questi luoghi è l’ex Albergo Regina di via Silvio Pellico 7 (altro ingresso in via Santa Margherita 6), a pochi passi da Piazza del Duomo.
    In esso, dal 13 settembre 1943 al 30 aprile 1945, ebbe sede il quartiere generale nazista di Milano, con i comandi provinciale e interregionale della Polizia di Sicurezza (SIPO), del Servizio di Sicurezza (SD) tedeschi, e dell’Ufficio IV B4 incaricato della persecuzione antiebraica. Lì agiva il colonnello delle SS Rauff l’inventore dei camion della morte, camere a gas su ruote.
    Alle dirette dipendenze di Rauff era il capitano Theodor Saevecke , capo della Gestapo a Milano, condannato all’ergastolo il 9 giugno 1999 dal Tribunale Militare di Torino come responsabile dell’eccidio dei Quindici Martiri di Piazzale Loreto del 10 agosto 1944. A lui era affidato il comando avanzato della città.
    L’Albergo Regina, dove fu detenuto anche Ferruccio Parri, fu un posto terribile e di grande importanza per il lavoro di ricerca poliziesca che vi si faceva in stretto rapporto con la Legione Muti di via Rovello 2, la X Mas, le brigate nere, e la banda Koch di Villa Triste, che aveva sede in via Paolo Uccello 17/19.
    L’Albergo Regina è tristemente noto per essere stato luogo in cui la tortura e l’assassinio erano le regole di comportamento. Saevecke si serviva del cosiddetto macellaio Gradsack, e lavorava a stretto contatto con i sanguinari Otto Koch, sottufficiale Gestapo, e Franz Staltmayer, detto la belva, armato di nerbo e cane lupo.
    Dall’Albergo Regina i catturati (ebrei, partigiani, antifascisti, sospettati, ecc.) venivano avviati al carcere di San Vittore, in alcuni casi direttamente ai trasporti partiti dal Binario 21 della Stazione Centrale di Milano [binario 21 http://www.binario21.org/%5D per essere deportati. Una struttura quindi simile a quella romana di via Tasso, a quella torinese dell Albergo Nazionale, a quella parigina dell Hotel Lutetia.
    A Milano, tra via Silvio Pellico e via Santa Margerita non c è nemmeno una lapide che ricordi cosa c’era o cosa vi avveniva. Riteniamo, insieme ai firmatari di questa petizione, che la nostra Città debba ricordare, almeno con una lapide nel luogo in cui uomini e donne hanno conosciuto inaudite sofferenze, quella triste e drammatica pagina della sua storia.”

    Domani 30 aprile, 64o anniversario della resa ai Partigiani dei tedeschi asserragliati nell’Albergo Regina si svolgerà, la cerimonia pubblica di consegna al Presidente del Consiglio Comunale di Milano, Manfredi Palmeri, delle 1.800 adesioni alla Petizione che richiede che “in quel luogo ove reclusione, tortura, assassinio e deportazione di antifascisti e di altri esseri umani erano la pratica d’uso di fascisti e nazisti, almeno una lapide ne conservi la memoria.”
    La cerimonia è prevista alle 11 del mattino, un orario non ideale per garantire una larga partecipazione. Quando ci sarà la deposizione della lapide, sono fiducioso che si sceglierà un orario più consono, con i buoni uffici del Berlusconi partigiano.

    p.s. le brigate nere, la X mas, la banda Koch, la legione Muti, citate nella petizione, erano formate anche dai giovani idealisti che avevano aderito alla Repubblica di Salò. Rileggetevi Calvino su partgiani e repubblichini.

    p.p.s. L’istituzione delle ronde, bloccata nel decreto sicurezza di qualche settimana fa, sarà
    riproposta in un disegno di legge. Stefano Salmè, segretario regionale del Friuli Venezia Giulia Fiamma Tricolore, ha proposto di intitolarne una a Ettore Muti, come già fecero i repubblichini.

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