Venerdì 8 Ottobre 2010. Corteo studentesco a Milano.

Fissi a guardarli. Vestiti con colori scuri. Portano un elmetto; nella sinistra tengono su uno scudo, nella destra un manganello. Non fanno paura a nessuno. Vogliono bloccare un corteo non autorizzato.
Un corteo di centinaia di ragazzi che marciano sopra il governo, che si affiancano ai giovani universitari, temendo di fare la loro stessa fine. Alla mia sinistra i più bassi tengono per lungo, all’altezza della vita, un’asta di bambù: la stringono per farsi forza, per condannare la tensione dentro i pugni. La musica che fino a quel momento ci aveva fatto compagnia viene fermata. C’è chi provoca, chi lancia petardi, chi annega fra la folla.
Io fisso. Sembra di vivere uno scontro spartano. Corpo a corpo. Falange contro falange. Un po’ emozionato, rido nervoso e scuoto un amico che fuma una sigaretta ed ha la testa già al McDonald’s.
Alla mia destra arriva un altro carico di polizia. Anche loro sono armati. Costringono il corteo dentro una piccola via. Chi aveva un negozio da quelle parti chiude tutto. Poco importa. La fiducia nella polizia è immensa: forse così la pensano anche quelli che stringono la canna di bambù e guardano con aria di sfida (anche loro sentono quest’atmosfera epica) le forze dell’ordine. Altri petardi rimbombano. Polizia davanti e dietro. Ma il cordone vuole passare. Non se la sente di lasciare un centinaio (tanti se ne sono andati) di manifestanti da soli.
C’è chi dice che ce la siamo cercata. Altri dicono che nonostante tante manifestazioni, questa è la sola vera a cui hanno partecipato: senza chiedere permessi a nessuno.
La voglia di combattere e la fiducia di vincere contro gli uomini vestiti di blu e nero crolla in un istante, colpita dai manganelli. Alzano lo scudo e vanno avanti come macchine. Cerco di scappare ma lo sguardo corre affascinato verso qualcosa che non aveva mai visto. Dura tutto qualche secondo, ma l’emozione è fortissima. Si ristabilisce la calma e stanco mi appoggio ad un compagno: trema come un bambino.

6 commenti su “Venerdì 8 Ottobre 2010. Corteo studentesco a Milano.”

  1. Alla giornata di ieri darei questo titolo: quando una protesta giusta, dà una giustificazione al ministro.

    Ieri, per mia sfortuna, mi sono trovato nelle zone in cui sarebbe dovuto passare il corteo e ciò non mi era mai successo, poiché da sempre sono una persona che non crede in questa modalità di protesta.
    La prima cosa che mi è balzata all’occhio è la marea di ragazzini che se ne fregano del corteo e questo crea un’aria più di «bigiamo tutti insieme, fregando i nostri genitori», che di protesta; girò l’angolo e mi trovo in piazza del Duomo e anche lì, una marea di ragazzi delle superiori, che pensano più a dove andare a mangiare. Qui sorge una domanda: ma qualcuno di questi sa perché oggi non sono a scuola?
    Risposta molto dubbiosa.
    Arrivo in piazza Fontana e anche lì, sulle panchine, altri ragazzi nullatenenti; tutto mentre il corteo è già in via Larga dirigendosi verso la sede storica della Statale. Vado a prendere qualcosa da mangiare e poi mi dirigo verso la sede di via Mercalli della Statale (a differenza dei nullatenenti, io a lezione ci vado). Passo davanti alla sede dell’Assolombarda, ci sono davanti più o meno 30 poliziotti.
    I risultati di questa giornata si possono riassumere in questi punti:
    1) Una protesta che dà, ad una serie di ragazzi, una perfetta giustificazione per non andare a scuola.
    2) Ciò porta a definire il corteo un fiasco, perché più che il corteo stesso, si evidenziano più le persone che sono lì per farsi un giro in centro.
    3) Un’arrabbiatura generale da parte di tutte le persone, che dovevano andare a lavorare in centro (il mio tram è stato fermato in Giambologna e tutti si sono dovuti fare Corso Italia a piedi) e certo non saranno favorevoli ai manifestanti
    4) Un incredibile dispiegamento di polizia e carabinieri, preciserei a spese dei contribuenti.
    5) Evidentemente questo dispiegamento non è neanche servito, perché una manciata di asociali (il termine sarebbe peggiore, ma siamo in una blog pubblico) ha cercato di andare in una zona non autorizzata, ben sapendo che la polizia li deve fermare (ma ciò non solo nel nostro paese sottosviluppato, ma anche in paesi più normali come Svezia e Danimarca, e siete fortunati a non vivere in Germania, se no sai quanti nasi e ossa rotte).
    6) Ho sentito un paio di slogan lanciati dagli autoparlanti: «Gelmini figlia di donna di malaffare» (il termine non era quello, ma è sempre per il motivo di prima che non posso mettere la vera parola) «Gelmini cilindro fecale» (utilizzando un famoso eufemismo della professoressa Schiavo) e altri slogan del genere. Niente su la riforma, che tra l’altro era la base della manifestazione.

    Per concludere: la protesta contro una legge iniqua è giusta, ma il metodo mi sembra proprio sbagliato e anzi controproducente.

  2. La manifestazione poteva essere un momento in cui far sentire la propria voce, ma si è rivelata un disastro per i summenzionati motivi a cui aggiungo un’ulteriore “chicca”, riferitami da uno studente universitario presente : ingresso nelle aule dell’università e atti vandalici. Ricordo che gli arredi e i materiali degli istituti pubblici vengono profumatamente pagati con i nostri contributi. Peccato ! Abbiamo perso un’occasione per dar voce al nostro disagio e per condividerlo con i comuni cittadini.

  3. Siamo alle solite, ma è una storia vecchia di più di quarant’anni: cattivi maestri e genitori indulgenti sono sempre al lavoro e, fra gli Studenti, la moneta cattiva scaccia la buona… Peccato che poi, a fine anno, queste ubriacature costino (sempre agli Studenti, è chiaro, e soprattutto ai più giovani fra loro) un po’ di bocciature in più: perché proprio chi ha maggior bisogno dell’aiuto degli insegnanti a scuola non ci va.

  4. Siamo alle solite, sì, ma anche nel senso opposto..
    Non generalizziamo l’ignoranza dei manifestanti. Certo, è anche un pretesto per non andare a scuola, ma c’è chi ci crede nel nostro unico modo eclatante di esprimere dissenso.

  5. Io non sto generalizzando, ho detto che il clima sembrava più da bigiata; ovviamente visto da fuori, però non penso che la maggior parte della gente vada molto ad approfondire; vede, fa delle considerazioni e poi va via: le prime considerazioni sono pessime.

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