Tutti gli articoli di Fedex44

Un po’ di orgoglio italiano

Quant’è bello, ogni tanto, ascoltare qualcuno che ha deciso di sistemare l’Italia – o almeno provarci? [3.59].
‘E’ giunto il momento della prova, il momento del massimo senso di responsabilità. Non è tempo di rivalse faziose né di sterili recriminazioni. E’ ora di ristabilire un clima di maggiore serenità e reciproco rispetto.’

per visualizzare il video è necessario disporre del plugin flash per il proprio browser

“Non dobbiamo tacere”

Durante la seconda guerra mondiale e nel periodo subito successivo la popolazione prevalentemente italiana ma anche slovena e croata, nelle zone dell’Istria, Dalmazia e Venezia Giulia, è stata vittima di esecuzioni sommarie compiute dall’Esercito popolare di liberazione iugoslavo.

Oggi, 10 febbraio, celebriamo il Giorno del Ricordo, in memoria delle vittime dell’ennesima strage commessa dall’uomo.
Ricordare non solo è giusto per rispetto di coloro che hanno vissuto questi eventi storici, ma è fondamentale perché il ricordo e l’informazione sono gli unici strumenti che abbiamo oggi per evitare di commettere gli errori ed orrori del passato.

A questo proposito cito le parole del presidente della Repubblica (Roma, 10 febbraio 2007):

Va ricordato l’imperdonabile orrore contro l’umanità costituito dalle foibe (…) e va ricordata (…) la “congiura del silenzio”, “la fase meno drammatica ma ancor più amara e demoralizzante dell’oblio”. Anche di quella non dobbiamo tacere, assumendoci la responsabilità dell’aver negato, o teso a ignorare, la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica, e dell’averla rimossa per calcoli diplomatici e convenienze internazionali.

Grazie e Buon Natale

Molto probabilmente in molti hanno notato che settimana scorsa davanti all’ingresso c’è stato il banchetto di Natale che vendeva cartoline di un pittore del Congo, vari oggetti costruiti da un’associazione di ex carcerati, cappellini di Natale e raccoglieva fondi per comprare un asino (in realtà alla fine abbiamo raccolto soldi per una gallina e una mucca).
Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno partecipato: chi è arrivato prima a scuola per allestire il banchetto, chi è rimasto ad ogni intervallo e ad ogni uscita, il Preside che ha permesso che tutto questo fosse possibile, il personale della scuola che si è dimostrato davvero disponibile ma soprattutto tutti coloro che hanno contribuito materialmente al banchetto. Vi ringrazio a nome delle associazioni CIAI, Aiutare I Bambini, Casa di Betania e Il Germoglio.
Grazie mille e Buon Natale a tutti!!

“Non si può spegnere il fuoco con il fuoco”

Cito le parole di Roberto Saviano di lunedì 15 novembre:

“Una delle cose che può sembrare è che queste storie siano lontane. Sono storie che magari da qui sembrano di un Medioevo lontanissimo. Nulla di più falso. […] Non pensate neanche un momento che queste siano storie lontane, che siano storie medioevali, un po’ tra terroni, che vivete un po’ così. Non è affatto vero: in quei bunker si decide il destino di questa parte d’Italia, perché le organizzazioni, e soprattutto la ‘Ndrangheta, è al Nord che fanno la parte maggiore di affari. La Lombardia è la regione con il più alto tasso di investimento criminale d’Europa, Milano è la capitale, in questo senso, degli investimenti criminali. Lombarda è l’economia in cui si infiltrano, lombarda è la sanità in cui si infiltrano, lombarda è la politica in cui si infiltrano. […]”

da “Vieni via con me”, in onda ogni lunedì su Rai3 alle 21.00, condotto da Fabio Fazio e Roberto Saviano.

In seguito a queste parole, unite ad un elenco di appalti nei quali la ‘Ndrangheta si è infiltrata, è iniziata una campagna di critica nei confronti di Saviano che ha osato accusare la Lega e il Nord di essere coinvolti in organizzazioni criminali e “Il Giornale” ha fatto anche partire una raccolta di firme contro Saviano.
Ma anche il quotidiano “L’Unità” ha fatto partire una raccolta di firme, pro Saviano.
Per chi è interessato, qua sotto ci sono i link per l’intervento di Saviano e la raccolta di firme.

per visualizzare il video è necessario disporre del plugin flash per il proprio browser

http://www.unita.it/firme_saviano/

Colgo l’occasione per citare anche le parole che hanno concluso l’intervento di Saviano:

Sento che quando si parla di quest’argomento arriva come una sorta di malinconia finale: cosa possiamo fare di fronte a tutto questo? In realtà non è tutto scuro. Ne stiamo parlando, è già un miracolo. L’esercito di persone che combatte quotidianamente queste organizzazioni non lo combatte con i mitra, si forse anche con quelli, o con la bilancia della giustizia, certo ci sono anche loro, ma lo combatte facendo una cosa soprattutto: facendo bene il proprio mestiere. E’ una delle cose che le organizzazioni temono di più: agire da uomini, agire con dignità, ciò che ci spetta per diritto non chiederlo come un favore. Ogni volta che si sentono questi discorsi lontani, ogni volta che si incolpa solo una parte del Paese come i soliti criminali che ci vengono ad invadere, ogni volta che si dice la frase Si ammazzano tra di loro, ecco si sta facendo un gran regalo. Ogni volta che un telegiornale manipola un’informazione, perché viene condannato il fondatore di un partito e quindi questo deve essere attutito, si sta facendo un favore a loro. Ma quando senti che stai agendo perché queste storie sono le tue storie, quando senti che l’ultimo dei sindaci (e dico ultimo perché è nella parte che ritieni ultima dell’Italia) viene ammazzato perché ha fatto bene il suo lavoro e senti quel sindaco il tuo sindaco, quando senti che queste storie ti riguardano perché ti tolgono la tua felicità, il tuo diritto, rendono te costretto ad andare a chiedere un lavoro, a non avere la tredicesima, costringono te a pagare la casa tantissimo perché queste organizzazioni investono soprattutto nel cemento prendendosi tutto il mercato immobiliare di una grande città, quando senti questo allora qualcosa sta cambiando. C’è una frase di Tolstoj molto bella che dice: Non si può asciugare l’acqua con l’acqua, non si può spegnere il fuoco con il fuoco. Quindi non si può combattere il male con il male. Nel momento in cui ognuno di noi non fa il male sta facendo arretrare loro e sta, forse, sognando una Italia diversa.”

Niente calcio per le femmine

Martedì 20 aprile 2010 si è tenuto a Noverasco il torneo di calcio dell’Istituto Calvino. I partecipanti sono stati scelti dai relativi professori di educazione fisica che hanno giudicato chi meglio potesse essere all’altezza dell’evento.
Tuttavia qualche giorno fa nella classe 4B del liceo è sorto un problema da non sottovalutare: una compagna di classe ha chiesto alla professoressa come mai lei, giocatrice di calcio da 7 anni, non fosse stata convocata e se ci fosse la possibilità di essere aggiunta al gruppo selezionato in modo da partecipare al torneo.
La risposta ha lasciato un po’ spiazzato il lato femminile della classe: infatti l’insegnante ha espressamente affermato che le femmine non possono partecipare ai tornei di calcio perchè inferiori fisicamente. E fin qui nulla da obiettare perchè, nonostante sia una definizione un po’ troppo generica, il più delle volte risulta essere vera. Il problema però è che la stessa discussione era avvenuta anche qualche mese fa quando, nel periodo del torneo di pallavolo, abbiamo scoperto che in ogni squadra devono obbligatoriamente esserci almeno 3 giocatori maschi.
La domanda che sorge spontanea è: come mai a pallavolo devono esserci almeno 3 maschi nella squadra e invece a calcio le femmine sono addirittura bandite? Abbiamo anche chiesto all’insegnante di formare un gruppo esclusivamente femminile ma la proposta non è stata accettata perchè “troppo impegnativa”.
Come può quindi una ragazza della nostra scuola gareggiare nel torneo scolastico di calcio se non è accettata nella squadra dell’istituto e inoltre non può formare una sua squadra perchè gli insegnanti “sono troppo occupati”?

Ultima Fase Assemblea d’Istituto

Eccovi l’ultima parte dell’Assemblea d’Istituto.
Un discorso da sottolineare è certamente quello sull’Italia stessa. L’unica differenza tra il razzismo in Italia di oggi e quello di qualche tempo fa è che fino a qualche generazione fa gli italiani erano fieri di definirsi “orgogliosamente razzisti” mentre oggi siamo tutti d’accordo in pubblico sulle decisioni morali da rispettare ma poi non c’è applicazione pratica di questi principi e allo stesso tempo anche noi abbiamo credenze xenofobe senza alcuna prova pratica, come il fatto che gli zingari siano ladri e nomadi di scelta (si trovano nei campi profughi non perché vorrebbero avere anche loro una casa ma perché gli piace la sporcizia) oppure che i musulmani siano tutti terroristi e siano qui per convertirci e conquistarci. Sempre a proposito dell’Italia una domanda che è stata posta è: “Ma come mai noi, che apparteniamo alla parte di mondo che si muove velocemente verso il futuro e (in teoria) verso la tolleranza siamo ancora così razzisti?” Gad Lerner in quest’occasione ha trovato una risposta particolarmente veritiera: siamo ancora così perché siamo partiti per il viaggio verso il futuro senza risolvere però i problemi economici alla base, creando incredibili squilibri nel mondo e una vera e propria guerra tra ricchi e poveri, che inevitabilmente porta al razzismo. “Ma perché in Italia, più che in altri Stati, questo problema è sentito così fortemente?” Secondo Gad il motivo è da cercarsi nella debolezza e l’autoindulgenza della cultura italiana: col pretesto che “siamo brava gente” in Italia abbiamo accettato di non impicciarci negli affari sporchi e di mantenere un’ipocrita facciata di tolleranza: da quando, dopo le leggi razziali del 1938, abbiamo iniziato ad autoconvincerci che in realtà queste non fossero mai messe in vigore realmente, o almeno non come in Germania, oppure che se separavamo i perseguitati lo facevamo non per cattiveria ma per il loro bene, abbiamo assunto questo stile di vita contraddittorio che può essere riassunto molto efficacemente con un esempio posto dallo stesso Gad Lerner: se oggi qualcuno proponesse di mandare fondi o adottare dei bambini di Haiti, in seguito alla catastrofe di settimana scorsa, probabilmente la gente si alzerebbe in piedi applaudendo. Ma se fra qualche settimana qualcuno suggerisse di accogliere nel nostro Paese anche solo 1000 abitanti di Haiti, dato che lì non hanno più un luogo dove vivere, quale sarebbe la reazione? “Ma è possibile che il governo italiano non abbia neanche voglia di tentare un’integrazione?” Secondo l’ospite la questione è diversa: semplicemente il fatto che ci siano immigrati sfruttati ha un interesse pratico: siccome la nostra economia è basata per 1/3 su lavori illegali che comunque permettono il benessere dell’Italia, serve che ci sia una quota di stranieri che resti irregolare in modo da poter essere sfruttata con orari di lavoro e stipendi disumani. In Italia servono schiavi zitti, impauriti e ricattabili. Naturalmente a questo punto è stata posta una domanda su Rosarno e Gad ha dichiarato che gli avvenimenti accaduti nel gennaio 2010 nella provincia di Reggio Calabria segnano una data storica: “il giorno in cui i bianchi hanno detto che i neri erano come le bestie e che se ne dovevano andare e la polizia ha ritenuto che l’unica cosa da fare fosse portarli via in base al colore della pelle”. Questa è una terribile sconfitta per la civiltà italiana, un’umiliazione che riguarda tutti noi. Il vero pericolo è che episodi come questi si susseguano e noi ci si abitui a sopportarli: il pericolo è l’assuefazione, come per una droga. “Ma lei come fa a sentirsi parte integrante dell’Italia se l’ha rifiutata per 30 anni?” A questa domanda Gad ha risposto finalmente con un po’ di ottimismo e speranza affermando che ama l’Italia perché comunque questa lo ha aiutato e che le vuole così bene da essere severo con lei e con le sue leggi, tanto da voler cambiarla in meglio.

Trovo che l’incontro sia stato molto interessante ed utile e di certo non possiamo non aver apprezzato l’estrema franchezza di Gad Lerner che si è dimostrato piacevole, chiaro e per niente altezzoso nonostante la celebrità. è riuscito a farci ragionare attraverso concetti nitidi e comprensibili, rispondendo alle nostre domande ma anche ponendocene. La sua domanda fondamentale è stata: “è giusto che persone che fanno lo stesso lavoro abbiano un trattamento diverso a seconda del passaporto?” Ognuno di noi avrebbe una risposta per questa domanda ma di certo quella più efficace è stata quella di Joaquin, che in assemblea ha raccontato la sua esperienza in quando italiano originario dell’Argentina: ci ha descritto l’ingiustizia subita dalla sua famiglia ogni volta che devono rinnovare il permesso di soggiorno o la follia di dover attendere 2 mesi per ricevere la nuova patente dalla Zecca di Roma invece di ottenerla facilmente in qualche settimana come ogni altro italiano. Nessuno crede che sia profondamente sbagliato essere trattati come feccia e spinti dai manganelli solo perché si ha fatto “l’errore” di nascere dalla parte “sbagliata”? Non ci rendiamo conto che è molto più facile nascere in un luogo messo male? Noi abbiamo fatto qualcosa per meritarci di essere italiani? E secondo quale principio crediamo di avere il diritto di sfruttare e maltrattare coloro che invece magari se lo meriterebbero più di noi?

Seconda fase Assemblea d’Istituto

Al termine dell’introduzione, ci è stato ufficialmente presentato Gad Lerner, giornalista italiano originario di Beirut, impegnato politicamente e socialmente in programmi televisivi come L’infedele su La7. L’incontro non è stato un lungo monologo: lui stesso ha preferito aprire un dialogo con noi, rendendosi disponibile per domande e interventi.Durante la discussione Gad Lerner ha affrontato insieme a noi svariati argomenti introdotti dalle nostre domande, parlando della sua esperienza personale, del suo passato e delle sue ipotesi politiche e sociali.In seguito alla domanda dello stesso Luigi Ferrauto sull’origine degli avvenimenti della sua vita, ad esempio, il nostro ospite si è aperto con noi affermando che in realtà il suo passato non è stato una scelta dettata dalla paura o dal coraggio ma una “non-scelta dettata dalla sfiga”. Ci ha poi riassunto in poche parole il suo arrivo qui in Italia: Gad è nato nel 1954 a Beirut, in Libano, da una famiglia di Ebrei che sono fuggiti dal loro Paese ed è arrivato in Italia a soli 3 anni. Ce ne ha messi circa 27 però per ottenere la cittadinanza italiana.

Una domanda interessante ma difficile è stata sicuramente se lui si fosse mai vergognato delle sue origini. Sempre attingendo ai suoi ricordi il giornalista ha risposto che sì, così come gli adolescenti ad un certo punto della loro vita iniziano a vergognarsi dei propri genitori quando questi li mettono in imbarazzo davanti agli amici, anche lui si ricorda della vergogna che provava la sua famiglia per sua nonna che era una sopravvissuta, fisicamente ma, come molti, non psicologicamente, ai campi di concentramento. Gad ha affermato di essere consapevole che tra il suo popolo è molto importante la memoria del passato e in particolare dello sterminio nazista e ha anche accennato ad alcune false credenze e pretesti alla base del rancore verso gli Ebrei come il fatto che fossero costretti a praticare solo alcune professioni (le più disprezzate) e la convinzione che gli Ebrei fossero avari, furbi, erranti…fino ad arrivare all’accusa peggiore e cioè che fossero gli assassini di Gesù e quindi di Dio. Tutto questo unito ad altre leggende come quella che il popolo di Israele praticasse dei rituali che prevedevano l’uccisione di un cristiano per usare il suo sangue nell’impasto del pane azzimo (molto simile alla credenza che gli zingari siano ladri di bambini). Gad ha poi concluso questa parentesi sul passato affermando che sì, ha provato vergogna per le sue origini: perché, nonostante tutto quello che la sua gente ha passato, gli è capitato di domandarsi se un popolo che è stato tanto disprezzato e ha provocato una furia tanto grossa da essere raggruppato in massa, nudo, in fila per l’ingresso nei campi di concentramento non abbia davvero fatto qualcosa di male. Oggi però Gad afferma di vergognarsi della sua stessa vergogna.

In seguito Luigi ha chiesto al nostro ospite se, secondo lui, dal punto di vista dell’identità, i passaporti servissero davvero a qualcosa. Gad ha risposto dichiarando che naturalmente dal punto di vista pratico il passaporto è indispensabile perché, al giorno d’oggi, senza non ci si può neanche muovere di casa. Ci ha raccontato anche di un episodio significativo che dimostra quanto detto sopra: durante un’intervista televisiva lui parlò con un uomo che affermò di essere attualmente clandestino. Al termine della trasmissione l’uomo si trovò davanti la polizia che lo interrogò per mezz’ora prima di rilasciarlo per evitare uno scandalo legato alla televisione. Naturalmente in realtà il passaporto non ha niente a che fare con l’identità di un individuo, così come è ridicolo cercare la purezza delle origini.

Successivamente abbiamo discusso sulla vera origine del razzismo odierno: ormai la genetica ha dimostrato che ogni individuo sulla Terra è diverso e quindi la xenofobia si è “evoluta” da razzismo generico a razzismo culturale, dettato dall’ignoranza della lingua, religioni e tradizioni, in realtà pretesti. Quanto ci importa davvero se siamo in una stanza in presenza di qualcuno che tifa per una squadra diversa dalla nostra, che crede in una fede diversa, che viene da un Paese diverso dal nostro? Tutti questi sono i soliti pretesti che fin dall’inizio dei tempi abbiamo usato per giustificare la paura, la violenza e le guerre.

Giornata della Memoria

Visto che oggi, 27 gennaio, è la Giornata della Memoria e a scuola è stato solamente accennato, per chi ha voglia di riflettere, consiglio questi passi di Se questo è un uomo di Primo Levi:

“(…) Quest’anno è passato presto. L’anno scorso a quest’ora io ero un uomo libero: fuori legge ma libero, avevo un nome e una famiglia, possedevo una mente avida e inquieta e un corpo agile e sano. Pensavo a molte lontanissime cose: al mio lavoro, alla fine della guerra, al bene e al male, alla natura delle cose e alle leggi che governano l’agire umano; e inoltre alle montagne, a cantare, all’amore, alla musica, alla poesia. Avevo una enorme, radicata, sciocca fiducia nella benevolenza del destino e uccidere e morire mi parevano cose estranee e letterarie. I miei giorni erano lieti e tristi, ma tutti li rimpiangevo, tutti erano densi e positivi; l’avvenire mi stava davanti come una grande ricchezza. Della mia vita di allora non mi resta oggi che quanto basta per soffrire la fame e il freddo, non sono più abbastanza vivo per sapermi sopprimere.”

“Ai piedi della forca, le SS ci guardavano passare con occhi indifferenti: la loro opera è compiuta, e ben compiuta. I russi possono ormai venire: non vi sono più uomini forti fra noi, l’ultimo pende ora sopra i nostri capi, e per gli altri, pochi capestri sono bastati. Possono venire i russi: non troveranno che noi domati, noi spenti, degni ormai della morte inerme che ci attende. Distruggere l’uomo è difficile, quasi quanto crearlo: non è stato agevole, non è stato breve, ma ci siete riusciti, tedeschi. Eccoci docili sotto i vostri sguardi: da parte nostra nulla più avete da temere: non atti di rivolta, non parole di sfida, neppure uno sguardo giudice.”

“Alberto e io siamo rientrati in baracca, e non abbiamo potuto guardarci in viso. Quell’uomo doveva essere duro, doveva essere di un altro metallo del nostro, se questa condizione, da cui noi siamo stati rotti, non ha potuto piegarlo. perchè, anche noi siamo rotti, vinti: anche se abbiamo saputo adattarci, anche se abbiamo finalmente imparato a trovare il nostro cibo e a reggere alla fatica e al freddo, anche se ritorneremo. Abbiamo issato la menaschka sulla cuccetta, abbiamo fatto la ripartizione, abbiamo soddisfatto la rabbia quotidiana della fame, e ora ci opprime la vergogna.”

“Noi giacevamo in un mondo di morti e di larve. L’ultima traccia di civiltà era sparita intorno a noi e dentro di noi. L’opera di bestializzazione, intrapresa dai tedeschi trionfanti, era stata portata a compimento dai tedeschi disfatti. è uomo chi uccide, è uomo chi fa o subisce ingiustizia, non è uomo chi, perso ogni ritegno, divide il letto con un cadavere. Chi ha atteso che il suo vicino finisse di morire per togliergli un quarto di pane, è, pur senza sua colpa, più lontano dal modello dell’uomo pensante, che il più rozzo pigmeo e il sadico più atroce.”

Prima fase Assemblea d’Istituto

Buonasera, come promesso, ecco a voi la prima parte dell’assemblea.
La prima fase ha riguardato la visione di alcuni video composti da vari pezzi di film (come American History X di Tony Kaye o Vieni avanti cretino di Luciano Salce) e proiettati di seguito in modo da presentarci una vasta gamma di ideologie diverse. In seguito Luigi Ferrauto, di Rozzano Rossa, ha introdotto un tema fondamentale che è alla base di ogni tipo di razzismo o pregiudizio: la paura. Luigi ha parlato infatti di Abdul Salam Guibre, Abba per gli amici, un ragazzo italiano ma originario del Burkina Faso, che a soli 19 anni è stato brutalmente ucciso a sprangate da padre e figlio Fausto e Daniele Cristofoli, baristi del bar Shining, nel quale la sera dell’omicidio Abba aveva rubato 2 pacchetti di biscotti e cioccolata. La famiglia del ragazzo ha rifiutato il risarcimento economico, chiedendo giustizia, e gli assassini sono stati condannati a 15 anni di carcere. Luigi ha voluto soffermarsi sulla differente visione che si può avere di una realtà come l’immigrazione: superficialmente ed egoisticamente noi pensiamo solamente alla diversità di quelli che arrivano qui e, poiché l’immigrato è diverso, è sconosciuto e questo fa paura. Bisognerebbe invece mettersi nei loro panni e provare a comprendere ed ammirare l’incredibile coraggio che devono avere queste persone per affrontare un salto nel vuoto come l’immigrazione in uno stato sconosciuto. A questo punto Federico Montanaro, Matteo Soldo ed io, membri del gruppo teatrale della scuola, siamo saliti sul palco per leggere alcuni passi di due libri che affrontano il razzismo, l’immigrazione e le diverse opinioni della gente. Le prime tre letture sono tratte da Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio di Amara Lakhous e l’ultima da L’orda – Quando gli albanesi eravamo noi di Gian Antonio Stella. Successivamente è stato trasmesso un altro video che descriveva la difficoltà di convivenza con gli immigrati con termini crudi, mentre sullo sfondo scorrevano le immagini di immigrati stranieri che sbarcavano e vivevano per le strade in situazioni di profondo disagio economico e sociale. La proiezione è stata significativa perché, al termine del video, è apparsa la scritta della fonte del brano citato che non era, come ci si poteva aspettare, una testimonianza italiana contro l’immigrazione clandestina, ma una relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti nell’ottobre del 1912.

(Le foto di questo articolo e del precedente sono della mia compagna di classe e collaboratrice Michela)

un momento della lettura fatta dai membri del gruppo teatrale della scuola