Tutti gli articoli di Samuele Forello

Ataturk: dittatore o democratico?

Atatuk fu il generale turco durante il primo conflitto mondiale. La Turchia al termine della guerra fu occupata dall’Intesa, che si pose l’obiettivo di smantellare l’esercito ottomano: le condizioni imposte furono infatti durissime e prevedevano, fra le altre, la rinuncia alle province meridionali. Il sultano Maometto e i suoi ministri si sottomisero alla volontà dei vincitori; da questi si distinse Ataturk, che riuscì ad evitare la rovina del paese e ne ristabilì l’unità e l’indipendenza. Nel 1919  sconfisse i Greci, andando persino contro il proprio governo per salvaguardare il bene del proprio paese; a partire da quell’anno, c’erano sostanzialmente due poteri in Turchia: quello del sultano, che era sotto il controllo degli stranieri, e quello di Ataturk che aveva sede ad Ankara, dove si trovava il suo quartier generale. Nel 1920 con il trattato di Sèvres fu sancita la spartizione della Turchia: il conflitto fu inevitabile e portò ad una guerra civile e allo stesso tempo ad una d’indipendenza contro gli stranieri invasori.

Atatürk, mentre era Comandante dell'esercito (1918).
Atatürk, mentre era Comandante dell’esercito (1918).

Tre anni più tardi, nel 1923,  venne cancellato il Trattato di Sèvres, la Turchia proclamata repubblica, Kemal ne divenne il presidente e la capitale trasferita ad Ankara. Il neo presidente iniziò con un programma riformatore: soppresse il sultanato, abolì il califfato e riuscì a rendere la Turchia un paese civile. Secondo Ataturk uno Stato civilizzato è innanzitutto uno Stato laico: per questo intendeva liberare la Turchia dall’Islam che considerava causa del ritardo della modernizzazione del paese. Per questo motivo, nel 1937 venne inserito il principio di  laicità e si iniziò la laicizzazione della società e della cultura, si assicurò alle donne l’uguaglianza in materia ereditaria e nel 1934 esse ottennero il diritto di voto e molte entrarono in Parlamento. Il sistema educativo venne controllato dallo Stato, Ataturk sostituì i caratteri arabi con quelli latini e istituì il calendario gregoriano. Fu avviata una politica di industrializzazione per contrastare l’arretratezza economica; venne fondata quindi una Banca d’affari per sovvenzionare crediti alle imprese. Ciò però non aiutò la ripresa economica che subì un grave colpo col la crisi del 1929, imponendo quindi un cambiamento di strategia: venne adottata una politica mirata al protezionismo e al dirigismo. Grazie a questa politica messa in atto, la Turchia divenne meno dipendente dal punto di vista economico dalle altre potenze straniere.

Successivamente l’opposizione si organizzò in una rivolta che lui represse in modo brutale con una giustizia sommaria. Non si può quindi definire quale ruolo ebbe questa figura politica nella storia della Turchia: dittatore per la durezza e l’inflessibilità utilizzata nei confronti degli oppositori politici, democratico poichè non cercò di trasformare il suo paese in un regime simile a quello presente in Germania o Russia.

Italiani brava gente?

Da sempre potenze come la Spagna, il Portogallo e l’Inghilterra si sono affermate come protagoniste nello scenario coloniale. Al contrario di questi paesi l’Italia non ebbe mai lo stesso successo:  i suoi tentativi di conquista coloniale non sempre andarono a buon fine.
Il caso della Libia dimostra le difficoltà che l’Italia ha storicamente incontrato nei suoi progetti di espansione. Nell’ottobre del 1911 inizò il bombardamento da parte delle navi italiane di Tripoli, permettendo l’occupazione della città senza eccessivi problemi. La popolazione restò infatti tranquilla, permettendo agli italiani di assumere un atteggiamento paternalistico nei confronti dei conquistati, atteggiamento dovuto ad una profonda ignoranza nelle conoscenze delle tradizioni libiche. Poco dopo, infatti, scoppiò una rivolta della popolazione che si trovava nel territorio occupato dagli italiani: l’esercito italiano subì molte perdite poichè nessuno mai si sarebbe aspettato una reazione così violenta. La risposta dell’esercito italiano non si fece attendere: i soldati incominciarono ad uccidere e a colpire la popolazione in modo indiscriminato e chi non fu giustiziato fu deportato in carceri italiane.
A questo punto il governo italiano decise di cambiare tattica, proclamando innanzitutto la sovranità italiana sulle province turche, la Tripolitania e la Cirenaica. Successivamente, anzichè continuare l’attacco alla Libia spostò il conflitto in Turchia. Il governo ottomano, preoccupato per un possibile intervento italiano sul proprio territorio, avviò le trattative di pace e il ritiro delle truppe turche indebolì i libici.
Le repressioni delle rivolte libiche da parte del governo italiano continuarono anche durante il periodo fascista, in cui l’Italia impiegò per la prima volta mezzi aerei all’avanguardia.
La resistenza libica durò fino il 1930 quando Pietro Badoglio, governatore della Libia, decise di occuparsi personalmente del problema e deportare migliaia di libici in campi di concentramento.
In nessun’altra colonia la repressione italiana ha assunto le dimensioni di quelle libiche; i tanti massacri e b0mbardamenti non confermano quindi il presunto buonismo del colonialismo italiano rispetto a quello delle altre potenze europee: la storia conferma infatti che non sempre gli italiani sono brava gente.

Libici ribelli impiccati

L’importante non è vincere ma partecipare

Pierre De Coubertin
Pierre De Coubertin

I giochi olimpici furono banditi durante il regno di Teodosio, poichè i cristiani ritenevano che queste attività mettessero in evidenza il corpo e non lo spirito e che quindi fossero in linea con le idee pagane. L’iniziativa per la rinascita di questa tradizione sportiva fu  portata avanti dall’aristocratico francese Pierre De Coubertin, che cercava una spiegazione per la sconfitta francese nella guerra contro la Prussia. L’intenzione di De Coubertin era quella di preparare al meglio, dal punto di vista fisico, i giovani francesi; questo però non fu l’unico obiettivo da lui perseguito: la sua intenzione era anche quella di avvicinare le nazioni e permettere ai giovani di confrontarsi tra di loro. Per questo motivo presentò le sue idee in un congresso internazionale alla Sorbona, proponendo come città ospitante dei primi giochi moderni del 1896 Parigi. Il congresso accolse con entusiasmo le sue idee, ma optò per Atene come città ospitante, in quanto città simbolo per i giochi olimpici, nati proprio nell’antica Grecia.

Stadio Olimpico Olimpiadi 1896

Da allora lo sport, e di conseguenza le olimpiadi, andarono incontro ad un continuo progresso: basti pensare che nel 1896, il record mondiale nei cento metri piani lo stabilì l’americano Burke, con il fantastico tempo di 12 secondi, ben lontano dal record olimpico attuale di 9’ 63 realizzato da Usain Bolt nel 2012. L’evoluzione della società ha portato a trasformare i giochi olimpici in uno spettacolo di livello mondiale, dove la competizione fra gli atleti è andata sempre più in crescendo, tanto che la vittoria è diventata ormai un un’ossessione. Oggi i mass media, infatti, non fanno altro che aumentare la pressione e le aspettative sugli atleti partecipanti, i quali non riuscendo a sopportare un peso così gravoso di responsabilità cercano di migliorare le loro prestazioni con sostanze non autorizzate (vedi il caso Schwazer scoppiato proprio questa estate). Tutto ciò si distacca dal fine che De Coubertin aveva provato a dare quando lottò per la rinascita dei giochi olimpici: è necessario quindi riportare lo sport nel suo complesso ad antichi valori ed ideali, quali lo spirito di squadra, il fair play e l’amore per la sana competizione, che da tempo non sono più presenti in molti dei nostri atleti.