Mito e Filosofia

I miti, si sa, non raccontano avvenimenti reali; nascono poiché, in tempi antichi, l’uomo aveva bisogno di spiegazioni, anche se non logiche, riguardo i fenomeni naturali che gli accadevano intorno. Perciò, scavando a fondo, possiamo immaginarci l’avvenimento che portò alla nascita di questi racconti. Pensando agli dei pagani di greci e romani, ma anche di popoli molto più antichi, troviamo dei riferimenti specifici a determinati avvenimenti naturali che l’uomo ha tentato di spiegarsi. Quindi i fulmini che apparivano in cielo rappresentavano la Folgore di Zeus che, adirato, si sfogava coi mortali; il succedersi delle stagioni determinava i periodi in cui Persefone rimaneva con la madre sulla terra, o viveva nell’Ade col marito; e via dicendo. 

 Tutto ciò ci dimostra che gli uomini hanno sempre cercato il sapere e sempre hanno tentato di trovare spiegazioni.

Perciò la filosofia, a mio parere, è “un’evoluzione” del mito, l’abbandono di pensieri ingenui, per il raggiungimento di una certa maturità.

Non è un caso che questa scienza nasca proprio in Grecia. Infatti, in quelle terre, la religione non rispondeva alle domande che l’uomo si pone più frequentemente, quali “chi siamo?”, “da dove veniamo?”, “quale significato ha la mia vita?”. Gli dei greci avevano caratteristiche simili agli uomini, eccetto l’immortalità, una straordinaria bellezza e poteri decisamente sovrannaturali, ma erano pigri, provavano le stesse passioni mortali e possedevano gli stessi vizi e virtù. Per questo gli uomini non potevano trovare in essi le risposte che cercavano.

E’ naturale, quindi, che l’uomo abbia voluto imporsi su credenze tanto assurde; l’evoluzione sta nel fatto che, finalmente, furono messe in discussione e spiegate in modo diverso.

Ed ecco la differenza fra mito e filosofia: ciò che si ascolta e si accetta per come ci viene raccontato; ciò che viene ascoltato razionalmente e, se necessario, criticato e discusso.

Ho trovato interessanti queste differenze, perché credo mi possano aiutare a capire la scienza che sto iniziando a studiare, ma soprattutto a conoscere, proprio per quel sapere che tutti gli uomini, me compresa, hanno bisogno di cercare e raggiungere.

Perché, citando Socrate, “Una vita senza ricerca non è degna per l’uomo di essere vissuta”.

Il mito e realtà

Quando ero piccola, prima di andare a dormire, amavo farmi raccontare una favola dai miei genitori, non importava se narrasse di potenti cavalieri o di animali parlanti, la cosa fondamentale era viaggiare con la fantasia prima di entrare nel mondo dei sogni. Sicuramente sarà capitato anche ai bambini che hanno vissuto nell’antica Grecia di farsi raccontare delle storie dagli adulti, ma di cosa parlavano?

Io credo che fin da piccoli gli antichi greci fossero stati abituati a sentir narrare le mitiche imprese di eroi e dei come Perseo, Zeus od Orfeo, gli infanti ateniesi, così come i bambini al giorno d’oggi per quanto riguarda i racconti evangelici, capivano che quelle che ascoltavano non erano semplici storielle, ma qualcosa di più importante e profondo.  I miti, infatti, non sono nati con uno scopo ludico, come si può pensare, ma con l’intento di spiegare fenomeni come la creazione del mondo, la nascita dell’uomo, la presenza del male sulla Terra ecc.. Le conoscenze fisiche e scientifiche di allora non bastavano a definire avvenimenti come i fulmini, il fuoco o l’alternarsi delle stagioni, quindi venivano creati miti su Zeus e la sua Folgore, sul rapimento di Persefone e sul coraggio di Prometeo. Ci si potrebbe chiedere come i dotti dell’epoca avessero accettato delle spiegazioni così prive di fondamenta, ma la verità é che il mito non è mai stato una semplice storiella: era un modo per definire e conoscere la propria realtà, sanciva delle verità che non erano mai state messe in discussione. Tutto ciò fino all’avvento della filosofia che, a differenza del mito, ha cercato di rispondere ai quesiti dell’uomo con un discorso razionale e verosimile, supportato da varie argomentazioni. Ciò non toglie che i miti siano stati una delle colonne portanti delle civiltà antiche, talmente importanti da essere stati tramandati per secoli oralmente ed infine trascritti per giungere fino a noi.

Prometeo
Jean-Simon Berthélemy e Jean-Baptiste Mauzaisse, Prometeo dà vita all’uomo, fresca, 1802, Parigi, Louvre.

Come nacquero le stelle

Il "Grande Carro" visto a kalalau, Isole HawaiiMilioni e milioni di anni fa, in un paesino lontano, non esistevano ancora le stelle.

Nelle strade, siccome non era ancora stata inventata l’elettricità, non vi erano nemmeno i lampioni. Così gli uomini non riuscivano ad orientarsi di notte ed uscivano solo di giorno.

A quel tempo, vi erano due grandi amici: Dimitri e Selina.

Dimitri era un ragazzo dai capelli ricci e biondi come l’oro. Era alto, snello e aveva due occhi blu come il mare. Era un giovanotto assai vispo, intelligente e curioso ed era il più grande tra tutti i figli del Dio Erasmo e della Sirena Elina. Però era presuntuoso e trattava i fratelli minori come esseri inferiori.

Selina invece, era la figlia del capo di tutti gli dei.  Aveva lunghi capelli castano chiaro e occhi verde smeraldo. Era una ragazza molto timida, studiosa e rispettosa delle regole.

Un pomeriggio di Ferragosto, in assenza dei loro genitori, i due ragazzi decisero di andare a passeggiare sul Monte Olimpo.

Durante il tragitto, iniziò a piovere e i due amici dovettero fermarsi in una vecchia casa abbandonata. Rimasero lì per parecchio tempo, fino a quando non smise di piovere. Appena uscirono dalla casupola, guardando il cielo, notarono un grande arcobaleno sopra le loro teste ne rimasero affascinati: non avevano mai visto un simile spettacolo di colori. Rimasero a lungo sdraiati sull’erba ad ammirare quello straordinario scenario.

Il sole stava ormai per tramontare, e i due ragazzi cominciarono a preoccuparsi.

Non erano, infatti, mai stati fuori di casa fino a tardi e, oltre al buio, temevano la possibile reazione dei loro genitori. Allora si avviarono per ritornare a casa.

Nel frattempo, i genitori di entrambi i ragazzi, spaventati Continua la lettura di Come nacquero le stelle

Cos’è la filosofia?

Il pensatore di Auguste Rodin
Il pensatore di Auguste Rodin
La filosofia è una parola, una frase, un concetto, una domanda, un pensiero… espresso dall’uomo. Giusto?

Tante domande nascono nella mente dell’uomo perché l’individuo vuole sapere, vuole conoscere e vuole apprendere. Nascono dalla curiosità e dalla passione per il sapere.

Che cosa significa?  Significa che tutti gli uomini, che siano bambini, ragazzi o adulti, sono un po’ filosofi perché tutti siamo spinti a cercare risposte a domande sul bene e sul male, sul giusto e lo sbagliato, su cosa è bello e cosa è brutto. Tutti ci chiediamo da dove arriviamo, e tutti ci chiediamo perché esista qualcosa piuttosto che niente.

Cos’è, quindi, la filosofia? Difficile spiegarlo perché non esiste una definizione universale della filosofia; ma, se ci riflettiamo, anche per altre discipline è difficile trovare una definizione univoca. Tutto quello che facciamo, tutto quello di cui l’uomo si occupa nel corso del tempo, può essere messo in discussione attraverso nuove ricerche e osservazioni.

Qual è il compito del filosofo? Il filosofo cerca risposte alle domande nate dalla sua mente curiosa e cerca di dimostrare il tutto con il metodo razionale, ma, sinceramente, non ho ancora ben capito quale sia l’esatto dovere di un filosofo, perché è più difficile da definire rispetto al lavoro di un medico che, tutti sanno, si occupa di medicina e di malattie, o rispetto al lavoro dell’architetto che deve pianificare la struttura di un edificio che ha in mente di costruire e deve mettere questa pianificazione per iscritto, facendo cioè la planimetria della struttura.

La donna angelo spicca il volo

Regina Vittoria
Regina Vittoria

Siamo nell’Ottocento, nel regno della regina Vittoria. Le parole d’ordine sono: austerità e rigore. È un periodo di regole ferree e precise; uomini e donne hanno ruoli ben definiti e distinti. Secondo voi, chi se la passa meglio? Ovviamente gli uomini!

Vige la concezione della “donna angelo”: un’autorità nelle faccende domestiche, dal corpo puro e pulito. Per questo motivo non deve assolutamente truccarsi e scoprire la pelle; inoltre non deve nemmeno affaticarsi, quindi il suo unico compito è quello di occuparsi della casa e dei figli. Non può lavorare. È considerata proprietà del marito, a cui è sottomessa anche sessualmente.

Già nel corso di questo secolo si cominciano a vedere i primi tentativi di migliorare la condizione femminile; ad esempio, nel 1869 John Stuart Mill scrive il primo vero saggio femminista, La soggezione delle donne, in cui sostiene che la parità dei sessi migliorerà anche gli uomini, abolendo l’ultima forma legale di schiavitù.

 

Uno dei sostenitori delle idee di Mill è il celebre avvocato Richard Pankhurst. Sua moglie Emmeline fonda nel 1903, assieme alle mogli di alcuni politici laburisti, la WSPU, la Women Social and Political Union.

Le appartenenti a questa associazione compiono gesti plateali e anche violenti; ogni volta vengono arrestate. Ma questo fa parte di una precisa strategia: farsi arrestare viste dai giornalisti e una volta in carcere, fare lo sciopero della fame. All’inizio i direttori dei penitenziari ricorrono all’alimentazione forzata; successivamente si pone fine a questa pratica e si ricoverano le scioperanti, allungando così il periodo di carcerazione.

Le donne sono pronte a tutto pur di essere ascoltate: esempio eclatante è quello di Emily Wilding Davison che, il 5 giugno 1913, all’ippodromo di Epsom tenta di fermare un cavallo in corsa per attirare l’attenzione su di sé. Purtroppo l’animale la travolge e lei, gravemente ferita, muore tre giorni dopo. Il sacrificio della Davison riaccende il dibattito sulla concessione del diritto di voto alle donne.

Emmeline Pankhurst viene arrestata dopo aver protestato vicino a Buckingham Palace a Londra il 22 maggio 1907 (o 1914, data incerta).
Emmeline Pankhurst viene arrestata dopo aver protestato vicino a Buckingham Palace a Londra il 22 maggio 1907 (o 1914, data incerta).

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Ford Model T

La Ford, casa automobilistica americana fondata nel 1903 dall’imprenditore Henry Ford, fu la prima ad utilizzare il sistema della catena di montaggio, secondo la teoria di Frederick Taylor.  La prima vettura assemblata tramite questo meccanismo fu il Model T. In questo modo si ottenne una riduzione nei tempi di produzione dell’automobile: si passò dalle 12 ore per modello ai soli 90 minuti. Questo fu possibile grazie alla divisione del processo di produzione in più fasi, in ognuna delle quali vi era un certo numero di operai, che svolgevano sempre la stessa mansione. Henry Ford si ispirò al Taylorismo, applicando i 3 principi di tale pensiero nella catena di montaggio:

  1. Analizzare le caratteristiche della mansione da svolgere
  2. Creare il modello ideale di lavoratore adatto a svolgere una determinata mansione
  3. Selezionare il lavoratore ideale, al fine di formarlo e introdurlo nell’azienda

Catena di montaggio Ford Model T

La velocità di produzione permise di abbattere i costi e, conseguentemente, la Ford Model T divenne l’auto più economica nel mercato automobilistico americano (240 $ contro i 1000 $ delle concorrenti). Continua la lettura di Ford Model T

Le razze non esistono

Secondo voi le razze esistono? Di primo impatto ci verrebbe da dire di sì: ci sono persone con pelle nera, gialla, bianca, rossa, o con occhi a mandorla o naso schiacciato.

Etnie del mondo

Eppure dividere gli uomini in “gruppi” per il colore della pelle o per altre caratteristiche è scorretto, anche dal punto di vista scientifico.

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L’antico regime e il divario sociale

Durante il periodo dell’antico regime, che si estende tra il Trecento e il Settecento, gran parte del consumo della popolazione era destinata al nutrimento. Eppure, per le famiglie meno agiate era difficile riuscire raggiungere il tetto minimo di 1000 calorie al giorno.
Spesso, quando il grano non bastava, per fare il pane  si usavano semi di bassa qualità di molti tipi, anche allucinogeni. In periodi di carestia la gente arrivava perfino al cannibalismo.
Al contrario i ricchi, volevano sfoggiare il loro lusso ed arrivavano ad assumere circa 7000-8000 calorie al giorno; così facendo molti di loro andavano incontro a morti premature causate dall’eccessivo nutrimento.

Scena di banchetto da una stampa cinquecentesca
Scena di banchetto da una stampa cinquecentesca

Un’altra grande differenza che si poteva facilmente notare tra le diverse classi era l’abbigliamento: infatti mentre i ricchi sfoggiavano sontuosi vestiti lunghi, i poveri, non potendo permettersi di pagare abbastanza stoffa, erano soliti indossare vesti di media lunghezza.
Secondo noi questa società vista con occhi critici potrebbe rispecchiare la nostra in modo molto più radicale; infatti anche oggi si può notare un’ampia differenza tra il ceto sociale più agiato e quello meno agiato e, inoltre, il consumismo è ancora oggi molto diffuso, ma è cambiato il prodotto d’interesse degli acquisti: il principale oggetto di desiderio non è più il cibo ma qualcosa di materiale e permanente (come apparecchi tecnologici e vestiario). Dunque il divario sociale è un fenomeno riscontrabile in ogni epoca, con la differenza che in ognuna di esse l’oggetto che rappresenta lo status sociale cambia relativamente al contesto.

Eleonora Albanese e Noemi Giangregorio della 4aB

L’origine della musica

Si narra che un tempo gli animali conoscessero il medesimo linguaggio e si potessero comprendere tra loro. Infatti l’uomo conversava spesso con le altre specie, ed esse lo aiutavano nella vita quotidiana. Con il passare dei secoli l’uomo si sviluppò e divenne sempre più intelligente, fece nuove scoperte e diventò abile nel costruire utensili e abitazioni. Ma accrebbe anche il suo egoismo e il suo spirito espansionistico, fino ad ignorare e persino sfruttare le altre specie animali. E così cominciò a procurarsi materiale edile e ad espandersi in tutto il mondo esclusivamente a proprio vantaggio e a discapito degli altri animali, distruggendo i loro habitat e prosciugando le loro risorse. Dio, accortosi del misfatto, punì l’uomo e gli donò un linguaggio del tutto diverso. Egli non riuscì più a parlare con le altre specie, che lo consideravano una minaccia. L’uomo travolto dal senso di colpa decise di scusarsi, ma non sapeva in che modo, poiché non l’avrebbero capito. Decise quindi di inventare un linguaggio percepito universalmente da qualsiasi essere vivente, un linguaggio che ancora oggi è in grado di ammansire un animale selvaggio e furioso quando lo ascolta, che diventa docile e tranquillo, perdonando all’uomo il danno commesso. Era nata la musica.
cane con gli auricolari

 

Poesia e filosofia

In tempi antichi i poeti erano considerati sapienti perché portavano una verità trasmessa dagli dei. Si credeva, infatti, che scrivessero ispirati dalle divinità: quasi sotto dettatura. La narrazione mitica dei poeti svelava l’origine sacra ed arcana delle cose.

Altra cosa è la filosofia. Le domande possono essere le stesse, ma le risposte vengono cercate attraverso un mezzo umano, seppur limitato: la ragione. Potrebbe sembrare che questa sia una differenza decisiva, ma, almeno a mio parere, non è così. Credo, infatti, che sia più importante chiedersi cosa poesia e filosofia abbiano in comune piuttosto di che cosa le differenzi.

Innanzitutto la poesia è un’arte e la filosofia era presentata dagli antichi come una scienza. La poesia, come la danza, la musica, la pittura o la scultura si compone in un mondo di rappresentazioni e di immagini. Essa, come tutte le arti non esiste se non può essere raffigurata, se non richiama alla mente suoni, colori e emozioni. La filosofia invece comincia proprio là dove finisce il concreto. Il pensiero filosofico non ha nulla a che fare con le rappresentazioni, non necessita di immagini, ma di concetti e forme.

Credo inoltre che anche se tutto ciò che la poesia raffigura è la realtà, non sia altrettanto vero che il raggiungimento della verità è il fine ultimo del poeta. Se infatti egli compone alcuni versi sul mare, il suo scopo non è quello che gli uomini riescano, attraverso le sue rime, a immaginare esattamente il mare che egli aveva in mente. Il suo vero scopo è che, per mezzo di emozioni e sensazioni, le sue parole richiamino alla mente del lettore il mare del suo immaginario e dei suoi ricordi. Non è importante l’oggetto a cui l’autore si riferisce al momento della composizione, bensì ciò che l’opera richiama alla mente di ciascun uomo al momento della lettura. Questo permette alla poesia di rimanere immortale nel tempo.

Uno degli elementi fondamentali della filosofia invece è proprio la razionalità del metodo che si propone di usare. Certamente lo scopo del filosofo è quello di giungere a conclusioni accettabili e condivisibili da tutti, ma questo non è affatto semplice, anzi, il più delle volte è impossibile. Per questo motivo non si può affermare che essa sia una scienza esatta e oggettiva.

Entrambe, poesia e filosofia, guardano quindi il mondo con meraviglia e stupore. Sembrano appartenenere a due mondi molto diversi, ma quella che per l’artista è l’immagine originaria della sua rappresentazione, che dimora nella sua anima e aspetta di uscire allo scoperto, ha parecchie caratteristiche in comune con i concetti filosofici. Anche essa è infatti priva di concretezza perché ancora incompiuta. Quella che per il poeta prende il nome di immagine, per il filosofo ha un altro nome: idea.