Il ricordo di… SuperSic

Rossi e Simoncelli

Una domenica come le altre, precisamente il 23 ottobre 2011, Italia 1 trasmette la gara del Motomondiale. Ore 10 lo start della corsa con Caesy Stoner, pilota australiano, che si gioca il titolo mondiale con lo spagnolo Jorge Lorenzo. Nel pre-gara Marco Simoncelli sembra molto concentrato ma allo stesso tempo scherzoso e tollerante con i giornalisti tanto da conceder loro un’intervista in cui annuncia la creazione di un nuovo sito internet. Ci troviamo in Malesia al -Sepang International Circuit- dove il Sic parte 5° in griglia di partenza. La gara parte e subito si accende una bagarre tra Alvaro Bautista, pilota spagnolo in sella alla Suzuki, e il ragazzo originario di Cattolica. Ma il testa a testa sta per cessare: Marco a metà del secondo giro perde il controllo della sua moto e invece di scivolare verso l’esterno della pista, rimane attaccato al manubrio e taglia trasversalmente il tracciato. Così il Sic, soprannome derivato dalla sigla del nome imposta dalla regia internazionale, viene investito da Colin Edwards e Valentino Rossi, quest’ultimo molto amico di Simoncelli. Dopo l’impatto si capisce che la situazione è drammatica, Marco è fermo in mezzo alla pista, sdraiato senza accennare movimento e, per giunta, senza casco. Si cominciano immediatamente le operazioni di rianimazione ma risulteranno vane in quanto alle ore 10.35 viene dato l’annuncio che Marco Simoncelli è morto. Inevitabilmente la gara viene cancellata, l’atmosfera nel paddock è surreale: il silenzio è predominante e all’interno del box Ducati Valentino Rossi è in lacrime consolato dai suoi collaboratori.
Nei giorni seguenti sulla rete televisiva Mediaset vengono trasmessi programmi in ricordo del pilota morto alla giovanissima età di 24 anni. Pochi giorni prima del funerale viene fatta un’intervista al padre che mi ha colpito molto in quanto il genitore si domanda se ha fatto bene o male ad insegnare a suo figlio ad essere un guerriero e a non arrendersi mai: infatti è proprio per questo motivo che Marco è deceduto: egli voleva a tutti i costi vincere e per questo ha messo repentaglio la propria vita pur di raggiungere il suo obiettivo. Valentino Rossi, il pilota più bravo di tutti i tempi, ricorda l’amico in un’intervista rilasciata a Sky; racconta ciò che facevano durante le pause del Motomondiale. Infatti entrambi erano appassionati di corse di automobili e moto cross e tantissime volte andavano a correre insieme coltivando un’amicizia sempre più forte. Il pesarese oltre a sentirsi responsabile in qualche modo della morte dell’amico, legge sui giornali che Valencia, l’ultima gara del mondiale 2011 sarà l’ultima per lui. Nella stessa intervista a Sky dichiara che lui non ha mai detto nulla di simile e che continuerà a correre finché il fisico glielo permetterà. In questo caso mi permetto di fare una digressione: il giornalista cerca in ogni modo di fare notizia raccontando fatti non realmente accaduti. Valentino scosso per la morte dell’amico, ma soprattutto per esserne accidentalmente responsabile, si è trovato a dover smentire diverse notizie false sul suo conto. Questo mi fa capire quanto il mondo mediatico cerchi in qualsiasi modo di fare notizia fregandosene della situazione che una persona sta attraversando.

Perché Marco non è mai stato dimenticato? La risposta è semplice: era un ragazzo semplice uguale sia davanti che dietro alle telecamere, tanto che Guido Meda, commentatore delle gare di moto gp disse che se pensavamo di conoscere bene Marco anche non avendolo mai visto, l’avevamo conosciuto perché lui rimaneva sempre lo stesso uomo sia sotto il “riflettore” sia nella vita quotidiana. Inoltre è ammirabile la forza della sua famiglia, in modo particolare del padre, che nonostante l’incidente, non si è mai sottratto a nessuna intervista e alle domande dei giornalisti. I genitori del Sic hanno deciso anche di creare un’associazione benefica per la costruzione di ospedali in Africa.

Per quanto mi riguarda, a un anno dall’incidente, ricordo Marco Simoncelli come un ragazzo simpatico, un pilota che ti faceva divertire alle gare accendendo continue bagarre con i rivali, ma me lo ricordo soprattutto per una frase che disse poco tempo prima di morire perché secondo me rivela il suo carattere da guerriero e ha un fascino unico : “Si vive di più andando 5 minuti al massimo su una moto come questa, di quanto non faccia certa gente in una vita intera.”

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