Archivi categoria: Filosofia

L’origine della notte

All’inizio dei tempi, sul pianeta Terra, esisteva solo il sole, che splendeva sempre e non tramontava mai.
Gli uomini, conoscendo solo la luce, lavoravano tutto il giorno senza fermarsi mai e pur avvertendo la stanchezza fisica che aumentava di giorno in giorno non riuscivano ad addormentarsi.
Un giorno tutti gli uomini del mondo, davvero stremati, furono colpiti improvvisamente da un sonno profondo che neanche la luce del sole riuscì ad evitare.
Il dio Sole, osservando la scena dall’alto, fu meravigliato da questo strano evento; egli non aveva mai veduto gli occhi degli uomini chiudersi, neanche una volta, perché la sua brillantezza glielo impediva. Così, cominciò a pensare che gli uomini avessero bisogno di un momento di riposo come premio per il lavoro svolto fino ad allora.
Allora, si privò di due raggi: con uno creò una sfera luminosa, ma capace di diffondere una luce più tenue; l’altro raggio lo frantumò in piccolissimi pezzi da spargere nel cielo.
Nacquero così la luna e le stelle, che diedero vita al buio e permisero agli uomini, e anche al sole, di riposare.

L’accordo fra il Mare e la Terra

All’inizio dei tempi vi erano il dio Mare e la dea Terra. Questi erano in continua competizione per contedersi il territorio disponibile sul pianeta. Il Mare, più potente, ne occupava la maggior parte.
Dopo le innumerevoli piogge che accrescevano e rinforzavano il Mare, la Terra iniziò a temere di essere sovrastata dall’impeto del suo acerrimo nemico.
Pur sentendosi nettamente inferiore, la dea prese coraggio e decise di affrontare il dio Mare.
Stipularono un accordo: la dea Terra avrebbe scavato dei solchi e delle crepe sul suo corpo per accogliere l’eccesso di acqua che la stava sommergendo. Il dio accettò ma subito iniziarono a nascere i primi problemi. Il sale del dio Mare infastidiva la dea Terra, la quale non esitò a lamentarsi chiedendo che quella sostanza venisse rimossa. Seppur controvoglia il Mare accettò. Fece passare nelle crepe della dea solamente acqua dolce. Così nacquero i laghi e i fiumi che permisero alla dea Terra di continuare a vivere.
Dopo ormai tanti anni, la dea Terra e il dio Mare riuscirono a stabilire un sincero e solido rapporto di amicizia.

 

Credo ut intelligam, intelligo ut credam

Sant'Agostino
La più antica immagine di Agostino, risalente al VI secolo, in un affresco nella basilica del Laterano

“Credo per comprendere, comprendo per credere”. Con queste parole, Sant’ Agostino, afferma che condizione e fondamento della ricerca razionale debba essere la fede; d’altra parte l’uomo, grazie all’intelletto, può accogliere e comprenderne meglio i contenuti. Tuttavia è opportuno chiarire prima il significato dei termini “fede” e “ricerca razionale”: il primo, per definizione, è “la credenza piena e fiduciosa che procede da intima convinzione o si fonda sull’autorità altrui più che su prove positive”; il secondo è un procedimento condotto mediante l’uso della ragione e che si basa su dati reali e appurati.

Ciò che secondo noi è contraddittorio è il rapporto che lega entrambi questi termini: infatti se si ha fede in qualcosa, non si sente la necessità di dimostrare tale credenza, proprio perché è fondata sull’ autorità altrui (nel caso di Sant’Agostino, Dio) o su una convinzione personale. Dunque, ricordando le definizioni, si può affermare che la vera contraddizione sta nel tradire ciò in cui si ha fede cercando di dimostrarlo tramite l’intelletto.

Matteo Bonamassa, Luca D’Ambrosio

Cos’è il “senso” di qualcosa?

Qualche settimana fa una mia compagna di università mi contatta su msn e mi chiede “secondo te il mondo può avere un significato?”… dopo aver risposto, le chiedo cosa intenda per “significato” e, dopo aver convenuto di considerarlo, almeno in quell’istanza, come “senso”, mi chiede appunto cosa sia un “senso”.
Io ho trovato una risposta abbastanza soddisfacente, che si adatta anche incredibilmente bene con un certo tipo di sistema filosofico a cui mi sto avvicinando sempre di più.
Comunque, ripropongo la questione qui, dato che di post di filosofia non se ne vedono da mesi.
Che cosa vogliamo sapere quando chiediamo “che senso ha”? Cosa intendiamo dire quando diciamo che qualcosa “non ha senso”? E quando diciamo che non ha senso rispetto a qualcos’altro?
La mia amica poi mi ha detto di avere difficoltà a descrivere un concetto in termini discorsivi, in altre parole a trovare il concetto di concetto. Ma questo, anche se ci è connesso, è un altro discorso…

Un’altra intervista a Socrate.

Prof. ha visto? Mi sono ricordata di pubblicare l’intervista, alla fine ho deciso di non modificarla, sebbene sia breve (effettivamente l’avevo scritta in 40 minuti o poco meno), modificandola avrebbe perso buona parte del significato che avevo deciso di darle inizialmente, almeno credo.

Milano, fredda in questa stagione, sicuramente più dell’Atene tanto cara a Socrate che, probabilmente a causa del disorientamento, è in ritardo.
Non pensavo avrebbe accettato un’intervista per Vanity Fair, anche se, pensandoci bene, è un uomo che ama parlare, quindi la mia sorpresa non è giustificata. Bene, eccolo.

I: “Buongiorno”

S: “Buongiorno, mi scusi il ritardo”

I: “Non c’è problema, immagino si sia perso”

S: “No, assolutamente, mentre ero in metropolitana mi sono attardato a parlare con un uomo seduto in terra, mi incuriosiva sapere come mai non fosse seduto sui seggiolini come tutti gli altri”

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Forse che senza filosofia gli uomini non avrebbero la morale?

«Forse che senza filosofia gli uomini non avrebbero la morale? Sarebbe attribuirle troppo». Lo dice una giovane acuta. Ha ragione.
La morale è nata prima della filosofia. Esiste ovunque ci siano esseri umani.
Però… basta scoprire l’esistenza di morali diverse per porsi una domanda più alta. E questa è già filosofia.
Le risposte, poi, divergono.

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Libero Arbitrio?

Capisco che sia un altro il tema di moda, spero che un post di filosofia non indigni nessuno.

Visto che mi capita spesso di parlare di questo argomento, ho pensato di provare a scrivere la base da cui è partito il discorso le volte che ne ho discusso; anche perchè tempo fa dissi di non essere soddisfatto del blog XD

Dunque, la domanda è abbastanza lineare.
Esiste il libero arbitrio? Esiste ciò che comunemente si chiama “scelta”? Esiste la possibilità di comportarsi in modo diverso da come, di fatto, ci si comporta?
Per considerare la questione si può partire dalla visione cosiddetta “determinista”, la quale afferma che per ogni evento ci sono delle cause, ivi comprese le “scelte” umane; è un po’ il “principio di ragion sufficiente” di Leibniz.
Ad esempio, un goloso che si trovi di fronte alla possibilità di mangiare una fetta di torta o una pesca, sceglierebbe, secondo questa visione, la torta se in quelle condizioni sarà più forte la sua tendenza a mangiare molti dolci, la pesca se invece prevarrà il desiderio di non ingrassare.
Dunque la “scelta” non sarebbe altro che la presa di coscienza della propria volontà e le scelte sarebbero causate/determinate, in linea generale, dalle caratteristiche innate ed acquisite dell’agente e da condizioni esterne.

Non sto ad anticipare e discutere quali potrebbero essere le varie obiezioni e implicazioni possibili su questo argomento, in quel caso sarebbe più adatto scrivere questo articolo in un diario piuttosto che su un blog, farei però notare la conseguenza di una generica negazione del determinismo, che costringe ad accettare che le scelte e le relative azioni umane “semplicemente accadano”, senza una causa.
Sembrerebbe dunque che un’affermazione del libero arbitrio tolga all’uomo maggior libertà e padronanza delle proprie azioni piuttosto che accettare che esse siano determinate.

Boh, spero a qualcuno interessi =)

Intervista a Socrate

A: Buonasera Socrate
Socrate: Buonasera a lei giovane giornalista
A: Socrate lei ha affermato che “il sapiente è colui che sa di non sapere”, mi può contestualizzare la sua affermazione?
Socrate: Intendevo dire in modo provocatorio che del Tutto non si può dire nulla con sicurezza; colui che sa di non sapere si sforza per cercare una verità, chi invece presuntuosamente pensa di sapere non si sforza, rimane nelle sue convinzioni, nella sua ignoranza. La mia era una denuncia verso tutti coloro che pensano di saperla lunga sugli uomini e sulla loro natura. Volevo evidenziare i limiti della scienza e invogliare coloro che mi ascoltano a cercare una verità.
A: Risposta davvero esauriente!
Un’altra domanda. Lei è famosissimo in tutto il mondo anche per quello che oggi definiamo ironia socratica. Io non credo che il suo interesse fosse quello di prendere in giro l’interlocutore, vero?

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Morale, morali?

Fondare la morale?
I miei alunni non nascondono i dubbi. Il relativismo estremo sembra essere l’ovvietà dei giorni nostri.
Ma forse una risposta è possibile. Ci provo.
Non pretendo di essere originale: salgo sulle spalle di Aristotele. Nella Politica, dice che l’uomo è il più comunitario di tutti gli animali perché parla:

É chiaro quindi per quale ragione l’uomo è un essere comunitario molto più di ogni ape e di ogni altro animale che viva in gruppo. Infatti, come sosteniamo, la natura non fa niente a caso. Tra gli animali solo l’uomo possiede la parola. La voce serve ad indicare la gioia e il dolore e, per questo motivo, la possiedono anche gli altri animali (…); il discorso invece serve ad esprimere l’utile e il nocivo, e quindi il giusto e l’ingiusto. Ecco l’elemento che differenzia l’uomo dagli altri animali: l’avere, egli solo, la percezione del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto e degli altri valori. L’avere in comune questi valori crea la famiglia e la polis.

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La filosofia non serve a nulla

Dal mio diario di qualche anno fa.

«La filosofia non serve a nulla!» proclama serio il placido Polenta.
Chiedo ai suoi compagni di esprimersi. Le risposte più acute sono: «Serve a ad allenare la mente», «Serve a conoscere il pensiero degli uomini del passato».
Li scavalco: «Anche secondo me, la filosofia non serve a nulla: non ci fai meglio il formaggio, non ripari le biciclette, non costruisci i ponti.»
Mi guardano perplessi: «Ma, allora, perché la insegna?»
«Devo pur mangiare. Non vedete come sono grosso?»
Poi, perfido, chiedo: «Perché devo avere pazienza per le ultime interrogazioni, se a me vien tanto più comodo farle subito?»
«Ma non pensa a noi?»
«E perché dovrei pensarci?»
«Ma prof, non è giusto pensare soltanto a se stessi».
«E come si fa a sapere che cosa è giusto e che cosa non lo è? E perché poi poi dovrei fare quel che è giusto invece di quel che mi comoda?»
Attimo di smarrimento.
«Bene, a queste ed altre simili domande cerca di rispondere la filosofia. Forse non servono a niente, però son tanto importanti».