E ja…

E’ proprio sconfortante sentire di deludere un prof.. Per quanto ci siano momenti di noia e voglia di mandarli spesso a quel paese, alla fine ci si fa prendere dal rapporto “maestro-discepolo” e sentirsi dire che ‘ti ho interrogato perchè avevi fatto interventi intelligenti sull’argomento ma a quanto pare….’ è proprio una merda!!! Non me la sto prendendo con i professori…ma con me stesso…?Senza nessun fine di lecca-culismo..altrimenti avrei fatto il nome.?Ho scritto di getto, avrò sbagliato 5 o 6 tempi..capita!?Passo e chiudo..?Pino

pensieri una domenica sera, in un call center

Sono le 22.18 qui a Basiglio; mi trovo in questo ufficio al buio, senza niente da fare, senza nemmeno chiamate: chi diavolo può chiamare la domenica sera per un ecopass? Persino i soliti maniaci, quelli che ti chiedono come sei vestita o ti chiedono di spogliarti, anche stasera hanno di meglio da fare evidentemente.
Ed è in sere come queste, dove per quattro ore non hai niente da fare, e la prospettiva non migliora quando tornerai a casa, dove ti aspetta il solito letto, in cui ti alzerai il solito giorno dopo per andare nella solita università a seguire le solite lezioni. E dopo aver fatto questo, torni a casa per andare al solito lavoro, dove ti aspettano le solite persone, le solite telefonate di persone incazzate che ti urlano la loro frustrazione con la scusa di un ecopass non attivato.
E la vita procede così, senza “scossoni” degni di nota, senza qualcosa di nuovo all’orizzonte e purtroppo senza nemmeno rendersene conto, a volte.
Sono stanco di questa maledetta routine: è vero, sto sopravvivendo in questo call center da ottobre, ben sei mesi, solo per pagarmi la scuola di teatro e gli studi per quello che posso.
Ma io non sono mai stato una persona statica; ho sempre voluto movimento e ho sempre odiato la staticità. Non posso andare avanti così, io non ce la faccio più.
Avete mai avuto quella strana sensazione per cui sentite di non servire assolutamente a nulla?
Comincio a sentire questa sensazione e la voglia di fuga che ne scaturisce, solo per dare un senso alla mia vita…
Credo che sia per questo che ho deciso che a settembre mi trasferirò molto lontano da qui. Il sogno nemmeno tanto utopia si chiama Tibet; ho deciso che andrò a vivere lì, lontano da questo paese che non ritengo nemmeno più mio.
Perché il Tibet? Perché non solo è un paese meraviglioso che merita di essere vissuto, ma perché per una volta tanto voglio rendermi utile, voglio andare a dare un aiuto a chi ne ha bisogno e lo merita.
Il mio progetto sarebbe di vivere almeno per un paio di anni in Tibet, in cui sistemarmi stabilmente e sperare di dare un senso alla mia vita; se questo non sarà possibile certamente tornerò prima, ma non è questo che mi auguro.
Siete liberi di pensare che sono un pazzo, che non possiedo il senso della realtà; io non ve ne faccio una colpa. Ma sono comunque convinto che un’esperienza come questa, che duri due settimane o due anni mi cambierà la vita per sempre.
Buonanotte a tutti e scusate il fastidio…

Valentino

Sirmio Veronaque

Salve a tutti! Non scrivevo proprio da un bel po’: finalmente mi si è presentata l’ occasione di tornare a farlo.

L’argomento che tratterò riguarda la gita che ho fatto Venerdì 18 con la mia classe (la mitica 3F) a Sirmione e Verona.

Morettina mi ha già preceduto, ma quello che racconterò, è come l’ ho vissuta IO questa gita, non qualcun’ altro e quindi come non l’ ha vissuta nessun’ altro.

Ritrovo alle 7:15 che, per intenderci, per qualcuno è un orario pressochè drammatico (meno me, io alle 5:30 del mattino sono già bello sveglio). Tutte e due le classi (con noi c’era anche la 3A) con le prof. Granata, Mazzini e Pelizzoni, sono fuori scuola, un silenzio tombale, volano solo fiochi “auguri” a Delmenico e Consuelo che quel giorno compivano rispettivamente 18 e 17 anni (a proposito: AUGURONI ANCHE DA PARTE MIA!). Leggera nebbiolina, sole coperto dalle nuvole e minaccia di pioggia incombente. Peccato, perchè mi aspettavo qualcosa di più, qualcosa tipo… un briciolo di sole, niente nebbia nè nuvole…

Si parte con il pullman: viaggio sereno. Chi ascolta musica, chi chiacchiera, chi gioca come in ogni viaggio in pullman che si rispetti. Arriviamo a Sirmione piuttosto in anticipo sull’ orario previsto: troppo in anticipo. Tanto in anticipo, che le prof. devono anticipare per telefono la guida turistica alle Grotte di Catullo. Ci incamminiamo sotto una leggera pioggia, e qui la Peneff mi fa notare che piove: la cosa mi ha rasserenato perchè non credevo ci avrebbe messo così poco a realizzare piovesse (la Josie mi perdoni se ho messo questa battuta ma era troppo bella per non metterla). Arriviamo all’ entrata delle grotte di Catullo e ci tocca aspettare per un po’ sotto una fastidiosissima pioggerellina. Cominciamo a scattare le prime foto poi entriamo. Visita con lezione sulle origini del posto e sulle rovine della presunta casa di Catullo -per dir la verità- non molto ineteressante, senza nessuno spunto di particolare importanza.

Terminata la visita abbiamo tre ore tre (ripetizione voluta) di assoluta libertà: immaginatevi dei sedici/diciassette/diciottenni liberi di scorrazzare per una città all’ ora di pranzo cosa possano fare… mangierebbero dovunque e qualunque cosa. così è stato: io e il mio gruppo siamo andati i cerca prima di una gelateria, poi di una birreria (avremmo voluto provare anche del cibo per cani ma non ce ne è stato tempo…). Trovata la gelateria, abbiamo consumato un gelato pessimo (in effetti, sarebbe stato meglio il cibo per cani…) poi ci siamo buttati alla ricerca della birreria forse con il solo scopo di ubriacarci (ovvio che scherzo). Quando finalmente troviamo la birreria non ci troviamo dentro le nostre prof. (…dannazione…)? Ci limitiamo a poco e niente chi beve un po’ di birra, chi un succo di frutta tanto concentrato di vitamine da fargli venire volgia di farsi Sirmione-Verona a piedi. Da notare che mentre eravamo alla ricerca della gelateria, il buon Mumi ha pensato bene di chiedere ai passanti dove potessimo trovarne una; fra inglesi, francesi, tedeschi, thailandesi, indiani, etiopi, siciliani non c’era un sirmionese manco per scherzo: sembrava venissero apposta da tutto il mondo a Sirmione solo per farsi chiedere informazioni da Mumi e dirgli che erano semplici turisti!

Terminate le tre ore di libertà, torniamo al pullman pronti per partire per Verona.Partiamo alla volta di Verona, viaggio sereno senza troppi problemi.

Finalmente a Verona. A un certo punto, sul pullman, il suono più acuto che abbia mai sentito mi perfora il timpano destro, squote il cervello ed esce bucando il timpano sinistro. Una sgraffiata su una lavagna? No. Lo stridio di una forchetta su un piatto di porcellana? No. LA GUIDA. Catiuscia (un nome una donna), che dal microfono del pullman comincia a spiegarci qualcosa su Verona (io intanto mi contorcevo su me stesso con le orecchie tappate per il dolore). Scherzi a parte, si capisce che la guida è tutt’ altro che impreparata, spiega la millenaria storia di Verona con chiarezza incredibile. Scendiamo finalmente dal pullman e giriamo per un po’ tutta Verona. Non sto ad elencare tutti i magnifici luoghi che abbiamo visto, mi soffermerò su piazza Dante (o piazza Signori) che è il risultato della commistione dei diversi stili architettonici e periodi storici che hanno attraversato tutta Verona; sulla casa di Giulietta dove mi faccio scattare una foto vicino alla bronzea statua della bella Capuleti, a proposito, sarebbe tradizione mettere una mano sul seno destro della statua per avere fecondità e fortuna in amore (inutile che vi dica che proprio quella parte è la più luminosa di tutta la statua!). Infine l’ arena di Verona che da fuori dava l’ idea di essere più grossa di quanto in realtà non fosse. Infatti -e questo lo si capisce benissimo quando ci si è dentro- può ospitare solo 20.000 persone, il che è poco per un’ arena e solo un concerto di Fabri Fibra non riuscirebbe a fare il tutto esaurito.

Beh, finito tutto questo siamo tornati sul pullman (abbiamo constatato l’ aggressività del nostro pulmista che più volte non ha lesinato clacsonate a chi gli stava davanti); ed in seguito a casuccia nostra. Io personalmente ho scavato nel mio cuore un posto speciale per questa gita che mi auguro di non scordare mai e poi mai.

Ciao a tutti, Matteo “Matts” Soldo

P.S.: Se state leggendo questo Post Scriptum mi congratulo con voi: avete letto tutto quel popò di roba che ho scritto!

Fotografia del Mondo ORA. (la Pace nel mondo…)

“una città deserta, presidiata dai blindati: l’attività nel porto è sospesa fino a nuovo ordine, i generi di prima necessità cominciano a scarseggiare e chi si avventura fuori di casa cerca di fare scorte. “
BEIRUT – in questo momento

“dopo 18 anni sono tornati a sfilare, insieme ad 8000 uomini, anche oltre cento mezzi blindati e diversi missili balistici intercontinentali, mentre una trentina tra elicotteri e aerei, compresi i bombardieri strategici, hanno sorvolato a bassa quota la piazza.
Impressionante il passaggio dei giganteschi missili intercontinentali Topol e Iskander e il sorvolo di caccia e bombardieri supersonici. “
MOSCA – in questo momento

Non sono estratti di qualche romanzo, ma di comunicati dal sito www.ansa.it. Notizie sul mondo, ora.

Mi pongo e pongo a voi, cari amici, questa domanda:

La Pace è un’illusione percepita da chi vive in pochi fortunati luoghi del mondo, oppure è un lusso di chi vive in pochi fortunati luoghi del mondo?

Il vostro affezionato
Davide Currò
www.davidecurro.it

SCUSATE IL DISAGIO

Scusate il disagio per le foto ma non è colpa mia.
Il fotografo è arrivato alle 9,30 quando l’appuntamento era alle 8,30 e giustamente la professoressa Bellodi l’ha rimandato a casa perchè non è così che si lavora.
D’accordo con lui, il fotografo dovrebbe venire martedì prossimo, ma ho bisogno di sapere se avete verifiche o interrogazioni in modo da organizzare il programma senza creare disagi.
Ripondete,
Zac.

Primo Maggio

Intervento del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano
Roma, 1° Maggio 2008

Non manchiamo mai di rendere omaggio, com’è giusto, a chi è caduto per difendere la patria e i suoi valori democratici, a chi è caduto per portare la pace dove sanguinosi conflitti distruggono troppe vite umane. Oggi onoriamo con questo monumento chi cade per lavorare, chi rischia la morte per poter sopravvivere, per provvedere alle necessità della propria famiglia, per contribuire con il proprio lavoro al benessere comune.
La scelta di questa opera non è casuale. L’autore Vincenzo Vela è uno scultore, nato in Ticino, vissuto a lungo in Italia, un patriota impegnato per l’indipendenza nazionale italiana. In prossimità dell’anniversario dei 150 anni del nostro Stato unitario, dobbiamo ricordare con riconoscenza quanti si prodigarono per il conseguimento di quello storico obbiettivo.
Ma Vela era anche un artista impegnato nella promozione dei diritti e della dignità del lavoro. Aveva in mente un’Europa capace di rispettare e di apprezzare l’operosità della povera gente, di proteggerne la salute e la vita.
Il monumento denuncia le terribili condizioni in cui si lavorava durante la costruzione della galleria ferroviaria del San Gottardo, condizioni che portarono alla morte tanti lavoratori, in gran parte italiani, sia per incidenti, sia per una gravissima malattia professionale, la cosiddetta ‘anemia del Gottardo’. Allora gli italiani lavoravano in Svizzera soprattutto come stagionali, ma molti si fermavano e continuarono a fermarsi, diventando cittadini svizzeri. Questo monumento vuole dunque ricordare anche il lavoro italiano al di là delle frontiere del nostro paese. Oltre alla fusione, che si trova a Roma presso la Galleria di arte moderna, un’altra copia è stata collocata dalle autorità svizzere ad Airolo, all’imboccatura della galleria sul versante ticinese. Questa opera di Vela può perciò rappresentare un monumento ai lavoratori europei, periti dentro e fuori i confini delle loro patrie. Consentitemi però di ringraziare oggi anche quei lavoratori che da paesi diversi e lontani sono venuti in Italia e in Europa specie negli ultimi decenni. Ricordiamo che gli incidenti non discriminano, essi colpiscono ugualmente lavoratori nazionali e immigrati. Anzi, dal momento che i lavoratori immigrati sono più spesso assunti nell’economia sommersa, sono anche più a rischio. Chi lavora in nero manca di formazione e spesso degli strumenti necessari a proteggersi contro gli incidenti. E oggi tra le categorie a rischio troviamo in modo particolare i precari, anch’essi poveri di formazione, e gli anziani sui quali pesano maggiormente condizioni di stress.
Il monumento che ora scopriamo è stato collocato presso la sede dell’INAIL perché non vuole solo onorare i morti, vuole soprattutto far riflettere i vivi, esaltando il ruolo degli enti preposti all’opera di prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Questa iniziativa, cui dedichiamo oggi il 1° maggio, è in un certo senso il suggello dello sforzo in cui mi sono impegnato fin dall’inizio del mandato. Uno sforzo rivolto a suscitare la più diffusa e pronta sensibilità, nell’opinione pubblica e nelle istituzioni, per lo sconvolgente succedersi degli incidenti sul lavoro e soprattutto di quelli mortali. E se ho di frequente preso la parola in proposito, è perché ho ogni volta sentito personalmente indignazione e dolore, pena e solidarietà per i famigliari delle vittime, volontà di reagire, di fermare una tragica catena di morte.
Anche negli ultimi mesi : dal 1° gennaio, 301 casi mortali, 270 mila infortuni ; solo in aprile 69 casi mortali, 57 mila infortuni sul lavoro. Si discutano pure e si confrontino le cifre. Ma non c’è comparazione o messa a punto statistica che possa confortarci. I numeri sono comunque pesanti, e come ha ora detto il ministro Damiano, “anche solo una vita persa è una perdita irreparabile ed una sconfitta per noi tutti”.
Quando poi si verificano assurde e atroci tragedie come quella dei lavoratori periti nel rogo della Thyssen di Torino nel dicembre scorso, e – in angosciosa sequenza – dei lavoratori di Marghera e infine, non meno dolorosamente e assurdamente, dei lavoratori di Molfetta, allora si leva ancor più fortemente il grido : “Basta!”. Non può continuare così, non ci si può rassegnare come ad una inevitabile fatalità. Questo vogliono dire le Stelle al merito del lavoro alla memoria che sto per consegnare, rendendo omaggio a tutti coloro che hanno perso la vita mentre lavoravano. Vorrei che le famiglie presenti, che tutte le famiglie delle vittime mi sentissero a loro vicino e non solo in questo giorno. E aggiungo : non dobbiamo mai far mancare ai supersiti un valido sostegno materiale. E’ inaccettabile che allo strazio per la perdita di una persona cara si sommino difficoltà e disagi economici ulteriori.
Considero parte del mio ruolo e del mio dovere istituzionale sollevare e sottolineare problemi di interesse generale, largamente sentiti al di là delle distinzioni e appartenenze politiche. Debbo, e posso, lanciare e rinnovare l’allarme per gli incidenti e le morti sul lavoro, al duplice fine di promuovere una più larga, profonda e vigile presa di coscienza del problema nell’intera collettività nazionale, e di sollecitare un’azione conseguente del governo e del Parlamento, nel rispetto delle loro esclusive competenze. La prima è premessa e sostegno indispensabile della seconda.
Apprezzo il fatto che il nuovo Presidente della Camera dei Deputati, nel suo discorso d’insediamento, abbia espresso la certezza che “tutte le deputate e i deputati, senza distinzione, avvertano l’imperativo morale del massimo impegno per garantire che il diritto al lavoro possa essere esercitato in condizioni di sicurezza”. Ne sono incoraggiato nel ritenere che vi siano in Italia questioni – come quella di cui stiamo parlando – che possono essere affrontate attraverso la condivisione e quindi la continuità delle necessarie linee di intervento, al di là delle pur fisiologiche contrapposizioni politiche e dell’alternarsi delle maggioranze e dei governi.
Il Ministro del Lavoro uscente ha fatto qui ampio riferimento alle decisioni legislative e amministrative che sono state assunte, spesso con larga convergenza di posizioni in Parlamento. Occorre andare avanti, pur attraverso le revisioni, i miglioramenti, gli affinamenti che si riterranno necessari : tenendo conto delle esperienze normative compiutesi, partendo da una loro obbiettiva valutazione, tenendo fermo l’obbiettivo irrinunciabile dell’abbattimento degli incidenti sul lavoro.
Le leggi e i regolamenti non bastano, ma sono strumenti indispensabili. E quelli relativi alla sicurezza sul lavoro, rimandano ad esigenze più generali di riduzione degli squilibri esistenti ancora, in Italia, nell’occupazione : squilibri tra Nord e Sud, tra occupazione maschile e femminile, e anche tra generazioni, avvertendo spesso gli occupati in età matura il rischio di perdere il posto di lavoro, di rimanere disoccupati prima di arrivare alla pensione, e i giovani il rischio di trovare solo lavori precari e a reddito insufficiente.
Come ho appena dettto, le leggi e i regolamenti non bastano. C’è un largo consenso – come abbiamo potuto anche questa mattina rilevare – sul fatto che la formazione sia un elemento fondamentale della prevenzione e che purtroppo questo fondamentale elemento sia carente. Le “Stelle al Merito del Lavoro” – come è già stato qui richiamato – sono assegnate anche per uno specifico merito: a coloro che “abbiano contribuito in modo originale al perfezionamento delle misure di sicurezza del lavoro e si siano prodigati per istruire e preparare le nuove generazioni nell’attività professionale”. A tutti quanti hanno ricevuto oggi le Stelle al Merito vanno di miei complimenti e i più sentiti auguri. A tutti i lavoratori esperti un invito ad occuparsi della formazione dei giovani per la sicurezza.
Concludo. Dobbiamo tutti rimboccarci le maniche, impegnarci concretamente e a fondo : tutte le forze sociali, tutte le componenti del mondo della produzione e del lavoro, tutte le istituzioni, specie nelle regioni del Sud dove maggiori sono le criticità e le carenze. Spero che potremo festeggiare il prossimo 1° Maggio in un’Italia che abbia meglio messo in sicurezza il lavoro, che abbia ripreso a crescere, per diventare un paese economicamente e socialmente più equilibrato e più giusto.

Bassorilievo in bronzo di Vincenzo Vela “Vittime del lavoro” - 1883

Bassorilievo dedicato ai morti nell’impresa del traforo del Gottardo.
Uomini marciano nell’umida oscurità della galleria portando su una barella il compagno morto.
Non sono né vinti né rassegnati e portano con grandissima dignità i segni della fatica e del dolore. (Nello Colavolpe)