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Amo la mia ansia

Rimbaldo trascina un morto e pensa: “O morto, io corro corro per arrivare qui come te e farmi tirar per i calcagni. Cos’è questa furia che mi spinge, questa smania di battaglia e d’amori, vista dal punto donde guardano i tuoi occhi sbarrati, la tua testa riversa che sbatacchia sulle pietre? Ci penso, o morto, mi ci fai pensare; ma cosa cambia? Nulla. Non ci sono altri giorni che quei nostri giorni prima della tomba, per noi vivi e anche per voi morti. Che mi sia dato di non sprecarli, di no sprecare nulla di ciò che sono e di ciò che potrei essere. Di compiere azioni egregie per l’esercito franco. Di abbracciare, abbracciato la fiera Bradamante. Spero che tu abbia speso i tuoi giorni non peggio, o morto. Comunque per te i dadi hanno già dato i loro numeri. Per me ancora vorticano del bussolotto.
Ed io amo, o morto, la mia ansia, non la tua pace.”

Italo Calvino, Il cavaliere inesistente.

Le paure di una studentessa di quinta

Oggi non sono andata a scuola; con mio fratello (che ha avuto il buon cuore di accompagnarmi) sono andata a Pavia, all’università, siccome oggi c’era l’open day della facoltà di Filosofia.
Ormai siamo a Febbraio e la maturità è sempre più vicina, il mio futuro è sempre più vicino; futuro composto da così tante domande e, ovviamente, da nessuna risposta! “Filosofia o matematica all’università?”; “finita l’università cosa farò?”; “come posso trovare un lavoro?”; “come farò a mantenermi?”; “e la casa? e la macchina?”.
I miei genitori piano piano mi stanno facendo capire cosa significhi “mantenersi” iniziando a non pagarmi più un po’ di cose. Parlo di sciocchezze: vestiti, capelli, le uscite, i pranzi o le cene fuori. Ma io già sono nel panico! Ho così tanti progetti: viaggi, una macchina, andare a vivere da sola, fare l’insegnante, costruirmi una famiglia…
Ma ho paura perchè non so rispondere alla domanda “come si fa ad ottenere tutto questo?”.

Determinazione ed impegno! Certo, credo che quello non mi manchi eppure non è tutto, mi mancano certezze, appoggi, sicurezza.

Vedere la maturità così vicina mi ha catapultato nel “mondo dei grandi”, quello che fino all’estate 2009 mi sembrava così lontano, così distante da me.
Ed ora questo mondo lo vedo così pieno di fallimenti, lì pronti a colpirmi. Non so se sono pronta per il mondo dei grandi; non so se ho le qualità adatte; non so se se ce la farò!
Poi guardo i miei compagni di classe, i miei amici e le persone che mi stanno accanto. Mi sembra che pochi si pongano le mie stesse domande ed abbiano le mie stesse paure.
Non vedevo l’ora dei 18 anni, come ognuno! Ma ora, a pensarci bene, mi calzavano a pennello i miei 17!

Le tre metamorfosi di F. Nietzsche

Ho da poco iniziato a leggere Così parlò Zarathustra di Nietzsche su indicazione della professoressa Acciavatti. Sono rimasta colpita dal primo discorso di Zarathustra, quello sulle tre metamorfosi. Ho visto che è già stato trattato un argomento filosofico (la quinta via di San Tommaso) e allora ne ho approfittato per scrivere anche io!

Riporto prima di tutto il testo:

Tre metamorfosi io vi nomino dello spirito: come lo spirito diventa cammello, e il cammello leone, e infine il leone fanciullo. Molte cose pesanti vi sono per lo spirito, lo spirito forte e paziente nel quale abita la venerazione: la sua forza anela verso le cose pesanti, più difficili a portare. Che cosa è gravoso? domanda lo spirito paziente e piega le ginocchia, come il cammello, e vuol essere ben caricato. Qual è la cosa più gravosa da portare, eroi? così chiede lo spirito paziente, affinché io la prenda su di me e possa rallegrarmi della mia robustezza. Non è forse questo: umiliarsi per far male alla propria alterigia? Far rilucere la propria follia per deridere la propria saggezza? Oppure è: separarsi dalla propria causa quando essa celebra la sua vittoria? Salire sulle cime dei monti per tentare il tentatore? Oppure è: nutrirsi delle ghiande e dell’erba della conoscenza e a causa della verità soffrire la fame dell’anima? Oppure è: essere ammalato e mandare a casa coloro che vogliono consolarti, e invece fare amicizia coi sordi, che mai odono ciò che tu vuoi? Oppure e: scendere nell’acqua sporca, purché sia l’acqua della verità, senza respingere rane fredde o caldi rospi? Oppure è: amare quelli che ci disprezzano e porgere la mano allo spettro quando ci vuol fare paura? Tutte queste cose, le più gravose da portare, lo spirito paziente prende su di sé: come il cammello che corre in fretta nel deserto sotto il suo carico, così corre anche lui nel suo deserto. Ma là dove il deserto è più solitario avviene la seconda metamorfosi: qui lo spirito diventa leone, egli vuol come preda la sua libertà ed essere signore nel proprio deserto. Qui cerca il suo ultimo signore: il nemico di lui e del suo ultimo dio vuol egli diventare, con il grande drago vuol egli combattere per la vittoria. Chi è il grande drago, che lo spirito non vuol più chiamare signore e dio? «Tu devi» si chiama il grande drago. Ma lo spirito del leone dice «io voglio». «Tu devi» gli sbarra il cammino, un rettile dalle squame scintillanti come l’oro, e su ogni squama splende a lettere d’oro «tu devi!». Valori millenari rilucono su queste squame e così parla il più possente dei draghi: «tutti i valori delle cose – risplendono su di me». «Tutti i valori sono già stati creati, e io sono – ogni valore creato. In verità non ha da essere più alcun “io voglio”!». così parla il drago. Fratelli, perché il leone è necessario allo spirito? Perché non basta la bestia da soma, che a tutto rinuncia ed è piena di venerazione? Creare valori nuovi – di ciò il leone non è ancora capace: ma crearsi la libertà per una nuova creazione – di questo è capace la potenza del leone. Crearsi la libertà e un no sacro anche verso il dovere: per questo, fratelli, è necessario il leone. Prendersi il diritto per valori nuovi – questo è il più terribile atto di prendere, per uno spirito paziente e venerante. In verità è un depredare per lui e il compito di una bestia da preda. Un tempo egli amava come la cosa più sacra il «tu devi»: ora è costretto a trovare illusione e arbitrio anche nelle cose più sacre, per predar via libertà dal suo amore: per questa rapina occorre il leone. Ma ditemi, fratelli, che cosa sa fare il fanciullo, che neppure il leone era in grado di fare? Perché il leone rapace deve anche diventare un fanciullo? Innocenza è il fanciullo e oblio, un nuovo inizio, un giuoco, una ruota ruotante da sola, un primo moto, un sacro dire di sì. Si, per il giuoco della creazione, fratelli, occorre un sacro dire di sì: ora lo spirito vuole la sua volontà, il perduto per il mondo conquista per sé il suo mondo. Tre metamorfosi vi ho nominato dello spirito: come lo spirito divenne cammello, leone il cammello, e infine il leone fanciullo. così parlò Zarathustra.

Con queste tre metamorfosi Zarathustra (e quindi il filosofo) mira a far comprendere i passi per arrivare al Superuomo. Ma a mio parere i tre stadi coincidono con momenti della vita umana quotidiana. Quanto volte siamo stati cammelli, leoni o fanciulli?

Lettera alla 4C liceo

Cara 4C,

ho deciso di scrivere perchè lo ritengo il modo più semplice ed ordinato per esporre un problema, un’idea senza passare il tempo a zittire persone ed ad urlarsi contro. Mi affido al vostro buon senso per non ricevere critiche e frasi del tipo “Lo fai anche tu!” perchè non sono qui per processare nessuno di voi; nè tantomeno voglio fare la vittima vessata o quella che dall’alto della sua carica di rappresentante di classe [e dei suoi 183 cm :P] impartisce ordini. Non siamo ipocriti ed ammettiamolo: predichiamo bene e razzoliamo male! Tutti: dal primo all’ultimo; non ci sono buoni o cattivi né vittime e carnefici. Uno dei punti dell’O.d.g. della nostra assemblea di classe riguardava il nostro comportamento nei confronti dei professori.

Credo che il nostro sbaglio sia l’esagerazione. Nel momento in cui alcuni professori risultano ben disposti verso momenti in cui si ride, si scherza, si fa una battutina noi ce ne approfittiamo ed esageriamo dando poi la colpa a loro che “non hanno spina dorsale”. Ora, credo di esprimere un’idea abbastanza condivisa da tutti che le ore di lezione non siano sempre piacevoli. E noi? Cosa facciamo? Aggraviamo la situazione pretendendo professori severi ed inflessibili solo perchè noi non ci sappiamo gestire?

I discorsi generali a mio parere arrivano solo fino ad un certo punto, quando subentra il caso specifico che, sempre?secondo me, aiuta a visualizzare meglio una situazione [e forse nel nostro caso un problema]. Ci è stato fatto notare, e di sicuro noi non siamo caduti dalle nuvole, che nell’ora di matematica si esagerava alquanto. E’ innegabile che il professore abbia un accento abbastanza napoletano. E quindi? Vogliamo montare un patibolo perché dice “mo’” al posto di “adesso”? Ciascuno di noi, chi più chi meno, ha un suo accento ed un suo intercalare: io per prima a volte dico “mo’”. Lo stesso discorso riguarda il suo modo di disegnare ed il suo modo di scrivere. Se non passassimo il tempo a ridere e a commentare ciò, sentiremmo che quello che scrive lo dice a voce e quindi non ci sarebbe il bisogno di urlare ogni due per tre “Prof, là che ha scritto?” “Prof ma non si capisce niente: scrive male!!”. In fin dei conti è un prof di Matematica [qualificato] non importa se sa o non sa disegnare o se ha un po’ di accento napoletano.

Di per sè durante le prime lezioni una battutina sull’accento, sui disegni e sull scrittura ci poteva anche stare: rideva anche lui! Ma no! Noi esageriamo, e andiamo avanti per giorni e giorni creando in classe un atmosfera inadatta ad una lezione. E alla fine cosa succede? Le verifiche ci vanno male e di tutta risposta chiediamo un’ora in più pomeridiana perchè d’altronde, per noi, è colpa dei prof. Infatti l’ora pomeridiana è stata richiesta perchè, essendo indietro col programma [evidentemente colpa della prof dell’anno scorso], il prof. ?è obbligato ad andare veloce e noi di conseguenza non capiamo niente! Morale della favola ci troviamo con sei ore regolari che passiamo quasi tutte a parlare ridere e scherzare, ed un’ora pomeridiana per salvare la nostra media in matematica e fisica. E l’idea che magari, se stessimo zitti, sarebbe tutto può facile non ci ha sfiorato minimamente. Ma lamentarsi che martedì invece che alle 12.00 usciremo alle 13.00, quello sì che ci ha sfiorato, eccome! E ringraziamo che il professore non ci abbia mandato a quel paese perchè qualcuno lo avrebbe fatto!

E anzi! Prima o poi, se conituiamo così, i professori si stancheranno e non saranno più così ben disposti. E chi ne pagherà le conseguenze? Noi! Ma d’altronde chi semina vento, raccoglie tempesta o meglio chi è causa del suo mal pianga sè stesso.

Grazie per l’attenzione,

[per chi non l’avesse ancora capito] Irene.

Voglio far notare che tutti verbi sono rigorosamente alla prima persone plurale: NOI. perchè in fondo siamo una classe e il mio post è per tutti, me stessa compresa!

[Chiedo scusa per eventuali errori grammaticali xD]